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La missione Rosetta non smette di regalare nuove straordinarie scoperte su quanto avviene nei corpi cometari. Molte delle importanti scoperte scientifiche, relative all’osservazione diretta della cometa 67P Churyumov-Gerasimenko, sono avvenute attraverso lo strumento OSIRIS dedicato all’acquisizione delle immagini, posizionato a bordo della sonda interplanetaria, che ha concluso il suo lungo viaggio il 30 settembre 2016, dopo aver stazionato per oltre due anni intorno al nucleo.

E’ del 21 marzo 2017 la pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Astronomy di un articolo, che ha come primo autore Maurizio Pajola, giovane ricercatore dell’Università di Padova attualmente alla NASA, il quale descriva eventi che hanno modificato la superficie del nucleo durante il passaggio della cometa al perielio, il punto della sua orbita più vicino al Sole. In sostanza, le osservazioni hanno rivelato come l’esplosione e il crollo contemporanei della parete di Aswan, di un “precipizio” di circa 150 m di altezza, abbia mostrato l’interno incontaminato della cometa 67P.

L’evento catastrofico si è verificato il 10 luglio 2015 nella cosiddetta regione di Seth, dove era stata osservata in precedenza una frattura larga più di un metro e lunga oltre 70. Si è trattato di un crollo delle dimensioni di circa 60x80x12 m3 di materiale, pari a circa 11000 tonnellate. Considerando che la gravità sulla cometa 67P è a circa 2 decimillesimi di quella terrestre, il peso del materiale equivale a meno di 50 kg.

Il crollo, che ha generato una nube di polvere e gas, è stato osservato con la Navigation Camera, un altro strumento ottico di Rosetta. Cinque giorni dopo la stessa zona è stata osservata con OSIRIS verificando che un pezzo della scarpata era crollata con conseguente esposizione della zona più interna del nucleo, mai osservata finora. La brillantezza della zona interna, sei volte più della restante superficie cometaria che tipicamente è molto scura, sarebbe dovuta all’esposizione del ghiaccio racchiuso nel nucleo.

Il motivo di questo crollo è stato attribuito agli enormi stress termici cui è stato sottoposto il materiale nella zona di Aswan, che passa in meno di 20 minuti da una temperatura “notturna” di –140°C ad una temperatura “diurna” di quasi 50°C. Peraltro, durante la fase di osservazione, il periodo di illuminazione di quella parete era di soli 90 minuti sulle 12 ore e 40 minuti del giorno cometario. In pratica, i continui balzi di temperatura hanno prodotto delle fratture interne che hanno portato al collasso della struttura.

L’altro risultato scientifico è riferito al ghiaccio portato in superficie nella zona del crollo, che ha impiegato circa 5 mesi a dimezzarsi, ma ancora presente in minima quantità un anno dopo. Un fenomeno rimasto al momento senza una spiegazione, perché la sublimazione dovrebbe asportarlo del tutto.

I risultati che continuano a pervenire dall’analisi delle immagini della cometa 67P esaltano una volta di più il contributo italiano. Lo strumento OSIRIS è composto di due piccoli telescopi, uno dei quali, la Wide Angle Camera, è stato realizzato quasi interamente nei laboratori dell’Università di Padova. Le attività collegate alla missione Rosetta vedono a Padova il coinvolgimento di vari Dipartimenti, quali Fisica e Astronomia, Geoscienze, Ingegneria Industriale, Ingegneria dell’Informazione, oltre al Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali “Giuseppe Colombo” – CISAS. Alle attività di ricerca anche l’Osservatorio Astronomico di Padova e l’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR.