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IAC 2012: sipario sulla 63a edizione

IAC 2012: sipario sulla 63a edizione

Il Congresso Internazionale dell’Astronautica ha concluso i suoi lavori annuali e da l’appuntamento a Pechino nel 2013. Per l’Italia e per Napoli un grande successo internazionale con un record di 3300 partecipanti provenienti da 83 Paesi, tra i quali numerosi capi delle agenzie spaziali mondiali, delegati nazionali, esperti e ricercatori. L’edizione italiana di IAC ha dato anche una nuova impronta nella vita dell’autorevole appuntamento. I numerosi studenti, circa il 30% del totale dei partecipanti, hanno potuto, per la prima volta nella storia del Congresso, varcare i cancelli, avvicinare e seguire direttamente i diversi incontri con i maggiori esperti mondiali del settore. “La risposta è stata entusiasmante – sottolinea il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Enrico Saggese – Con IAC2012 Napoli e la Campania hanno mostrato al mondo le potenzialità industriali, universitarie e organizzative di questo territorio. Accanto alla consueta presenza dei capi delle maggiori agenzie spaziali internazionali a Napoli sono giunti anche quelli di Paesi emergenti, e con alcuni di loro sono stati sottoscritti accordi di cooperazione in differenti settori spaziali. Un’ occasione fruttuosa per espandere ancor di più i rapporti internazionali”.

La cinque giorni più importante del settore spaziale si è conclusa con l’Italia ancora una volta in primo piano: il Palacongressi della Mostra d’Oltremare ha ospitato una seduta plenaria dedicata alla costellazione italiana di satelliti COSMO-SkyMed, in particolare all’approccio duale della missione e ai risultati ottenuti. All’incontro, moderato dal direttore tecnico dell’ASI, Mario Cosmo, hanno preso la parola i rappresentanti di e-GEOS, del Ministero della Difesa, dell’Agenzia Europea per la Difesa e della Japan Space Imaging.

“COSMO-SkyMed è il primo sistema al mondo a carattere duale, civile e militare – ricorda Alessandro Coletta, mission manager di COSMO-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana. Il sistema è nato, sin dall’inizio, con la volontà di creare una sinergia in termini di progetti e non solamente come uno scambio di tecnologia fra le due diverse componenti”. Con COSMO-SkyMed l’Italia dispone di uno dei sistemi spaziali per Osservazione della Terra tecnologicamente più avanzati al mondo in grado di garantire un significativo miglioramento nel controllo dell’ambiente. COSMO-SkyMed è una costellazione composta da quattro satelliti in banda X, capace di osservare il nostro pianeta di giorno e di notte e in qualsiasi condizione metereologica. Nell’incontro dedicato alla costellazione italiana, sono state affrontate le diverse tematiche legate all’osservazione della Terra e al supporto che i satelliti italiani hanno dato nella protezione del nostro pianeta.

L’ultima giornata di lavoro è stata caratterizzata anche dalla presenza degli astronauti Paolo Nespoli, Christer Fuglesang, Sergei Krikalev e Leland Melvin.E Buzz Aldrin. Quest’ultimo, il secondo uomo a mettere piede sulla Luna, ha ricordato il collega della storica missione Apollo XI, Neil Armstrong, scomparso lo scorso 25 agosto. Nel tributo, è stato proiettato un suggestivo filmato con i momenti più importanti di Apollo XI e Aldrin ha ricordato Armstrong come un “pioniere dello spazio dal carattere mite e riflessivo”, un uomo che ha sempre diviso i meriti con i collaboratori e con tutti quelli che hanno permesso la realizzazione di un’impresa storica quale lo sbarco sulla Luna il 16 luglio 1969: in poche parole, il primo e il migliore, “the first and the best”, comandante di tutte le missioni sulla Luna.

ESO e Italia: trent’anni di successi

ESO e Italia: trent’anni di successi

50 anni fa, il 5 ottobre del 1962, veniva ratificato l’accordo tra cinque nazioni europee che apriva di fatto l’avventura scientifica e tecnologica dell’European Southern Observatory, ESO, un consorzio per fornire agli astronomi del Vecchio continente strumenti avanzati nello studio dell’universo, da collocare nell’emisfero australe. Negli anni l’ESO, con la gestione di tre siti osservativi in Cile, unici al mondo – La Silla, Paranal e Chajnantor – è divenuto un leader nella comunità della ricerca astronomica internazionale. E il 2012 è una data altrettanto importante per l’Italia, che segna il trentennale dell’adesione del nostro Paese all’ESO. Trent’anni di successi nella ricerca astrofisica di frontiera e nuove sfide aperte, sempre più ambiziose, da affrontare nei prossimi decenni.

“L’astronomia italiana è una delle eccellenze mondiali” dice Giovanni Bignami, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. “Da trent’anni, da quando cioè l’Italia ha aderito all’organizzazione europea, il nostro Paese è stato tra i principali sostenitori dell’astronomia europea. L’INAF ha ora anche il compito di aumentare il proprio ruolo all’interno dell’ESO non solo dal punto di vista scientifico, cosa che fa già da tempo, ma anche dal punto di vista del ritorno industriale delle nostre aziende, spesso piccole e medie, ma la cui capacità di realizzare le idee degli astrofisici e degli ingegneri che fanno ricerca in questo avanzato settore non è seconda a nessuno”.

L’Italia sin dal suo ingresso nell’ESO ha fornito un contributo decisivo per la costruzione del New Technology Telescope, NTT, un telescopio di nuova concezione installato a La Silla. L’NTT, a sua volta ha spianato la strada alla realizzazione di un altro gioiello tecnologico: il Very Large Telescope, un sistema di quattro telescopi ottici, ciascuno con uno specchio primario di 8,2 metri di diametro, che opera all’Osservatorio di Paranal. Ed oggi, ad affiancare il VLT nella sua caccia ai segreti del cosmo, c’è un telescopio italiano: e’ il VST, ovvero VLT Survey Telescope. Ideato e progettato all’INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte, VST è dotato di uno specchio principale di 2.6 metri di diametro, abbinato un sofisticato sistema di ottica “attiva” per ottimizzare la qualità delle immagini raccolte e a Omegacam, la potente camera per immagini il cui rivelatore, un mosaico di 32 CCD per complessivi 268 milioni di pixel, è capace di coprire un campo di vista nel cielo pari a un grado quadrato (equivalente alla superficie apparente di quattro lune piene). OmegaCam è stata realizzata da un consorzio internazionale di cui, oltre all’ESO, fanno parte Istituti di ricerca tedeschi, olandesi e italiani. Per il nostro Paese sono coinvolti gli Osservatori INAF di Padova e Napoli. Con questa dotazione di prim’ordine VST, fin dalle sue prime riprese astronomiche, ha mostrato tutte le sue potenzialità con scatti spettacolari e ricchi di dettagli. Caratteristiche lo rendono un eccellente strumento per l’esplorazione sistematica del cielo e una valida “spalla scientifica” del VLT, cui potrà fornire una messe di “bersagli” snidati nella vastità del cosmo.

Sulla piana di Chajnantor invece, nel nord del Cile, l’osservatorio internazionale ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) gestito dall’ESO sta per essere completato, ma ha già regalato agli scienziati osservazioni nella banda radio di alcuni oggetti celesti con un eccezionale livello di dettaglio. Attualmente la schiera di antenne è composta da una parte di quelle previste nella configurazione completa della struttura, che prevede 66 antenne paraboliche del diametro di 7 e 12 metri. Questi ricevitori saranno collegati tra loro come un unico, grande radiotelescopio per poter osservare contemporaneamente la stessa porzione di cielo nella banda di radiazione millimetrica e sub millimetrica, che ha una lunghezza d’onda circa 1000 volte maggiore di quella della luce visibile. Anche per ALMA l’Italia gioca un ruolo di primo piano, sia a livello scientifico che tecnologico. Ha infatti sede presso l’Istituto di Radioastronomia dell’INAF uno dei 7 ALMA Regional Center (ARCs) della rete europea. Il centro italiano ARC ha come obiettivo quello di supportare gli astronomi nella presentazione delle domande di tempo osservativo al radiotelescopio e per l’elaborazione dell’enorme mole di dati prodotti dalle campagne osservative di ALMA.

E accanto a questi gioielli già operativi, l’ESO e i suoi stati membri stanno gettando le basi per una vera a propria rivoluzione nello studio del cosmo che, secondo i piani, dovrebbe completarsi tra una decina di anni: la realizzazione dell’European Extremely Large Telescope, il mastodontico telescopio con lo specchio principale da 39 metri di diametro. E-ELT affronterà i più affascinanti ed enigmatici campi dell’astrofisica contemporanea e tra i sui obiettivi c’è anche quello di riuscire a identificare pianeti simili alla Terra nelle “zone abitabili”, cioè regioni che permettono la formazione della vita, intorno ad altre stelle. Effettuerà anche studi di “archeologia stellare” nelle galassie vicine e darà contributi fondamentali alla cosmologia, misurando le proprietà delle prime stelle e galassie, investigando la natura della materia oscura e dell’energia oscura.

L’Italia e l’INAF giocano un ruolo chiave nella realizzazione di questo ambizioso progetto, sia come contributo economico che con gli scienziati coinvolti, come Giuseppe Bono, dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’ e associato INAF, chair dell’E-ELT Project Science Team, a cui partecipa anche Roberto Ragazzoni, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova e Isobel Hook, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma e Università di Oxford, ma anche come tecnologie che verranno implementate. Una su tutte, il sistema di ottiche adattive “made in INAF”, in grado di correggere e annullare gli effetti negativi della turbolenza atmosferica sulle immagini astronomiche.

La lezione attuale di Luigi Napolitano

La lezione attuale di Luigi Napolitano

Berndt Feuerbacher, presidente della Federazione Internazionale di Astronautica, Jean-Jacques Dordain, direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea, ed Enrico Saggese, presidente dell’ASI, hanno aperto la 63esima edizione della kermesse del mondo astronautico nel segno di Luigi Gerardo Napolitano, scienziato e docente universitario che ha dato un impulso decisivo allo sfruttamento dei moduli abitativi nello spazio e animato una visione concettualmente innovativa nei programmi di ricerca in orbita.

Il Congresso Internazionale di Astronautica arriva a Napoli 21 anni dopo la sua scomparsa, ma rivela tutta la straordinaria attualità delle idee di Luigi Napolitano, capace appunto di traguardare gli obiettivi del settore spaziale con un ventennio di anticipo. “Nello spazio, per lo spazio, dallo spazio” soleva ripetere lo scienziato napoletano riassumendo in questa espressione, che potremmo definire “motto perpetuo”, la strategia che deve accompagnare progetti e programmi volti alla dimensione che egli definiva “Quarto Ambiente dell’Uomo”. Luigi Napolitano ha individuato nello studio della microgravità un piccolo universo da esplorare e governare per dare essenzialità agli esperimenti che sarebbero stati effettuati in orbita. Negli anni 80 erano solo tre al mondo i laboratori impegnati nella ricerca sulla microgravità, l’impercettibile valore che resta in gioco in qualsiasi ambiente in orbita bassa dove si muovano gli astronauti, a bordo della stazione spaziale internazionale e prim’ancora all’interno dei moduli imbarcati nella stiva degli Space Shuttle ora in pensione. Per quanto piccolo, questo valore incide sulla formazione di composti e sulle miscele di fluidi oggetto di sperimentazione durante le missioni spaziali. La scuola napoletana ha certamente contribuito a dare un senso in più ai voli umani in orbita circumterrestre, che hanno visto affidare agli astronauti il ruolo di specialisti e reclutarne tanti altri tra gli stessi ricercatori. Lo scienziato che un quarto di secolo fa riuniva a Napoli gli attori del grande progetto di stazione orbitale permanente, vede oggi i rappresentanti delle agenzie, società e industrie spaziali discutere e confrontarsi su sinergie e cooperazione senza che ciò significhi rinuncia alle posizioni di leadership. Un processo auspicabile, nel solco dell’esperienza in corso con la ISS, per concentrare le risorse economiche e le migliori competenze nei più ambiziosi progetti del futuro.

 

Appuntamento a Napoli con lo Spazio

Appuntamento a Napoli con lo Spazio

Torna in Italia dopo 15 anni l’International Astronautical Congress (IAC), il più importante appuntamento mondiale del settore spaziale giunto alla 63ma edizione, organizzato nei padiglioni della Mostra d’Oltremare di Napoli da lunedì 1 a venerdì 5 ottobre. Un evento che vede riuniti i vertici delle Agenzie spaziali e tutto il mondo istituzionale, scientifico e imprenditoriale che opera nel settore. E’ la quarta volta che il nostro Paese ospita la manifestazione congressuale, dopo le edizioni di Roma nel 1956 e 1981 e Torino nel 1997. In programma 90 sessioni tecniche per discutere sulle prossime strategie del settore spaziale, sulle future esplorazioni interplanetarie e sui programmi di osservazione della Terra con i nuovi satelliti. Presenti, tra gli altri, il numero uno della NASA, Charles Bolden (per la prima volta a Napoli) e il direttore dell’Agenzia Spaziale Europea, Jean-Jacques Dordain, gli astronauti italiani Roberto Vittori e Paolo Nespoli e il secondo uomo a mettere piede sulla Luna, Edwin “Buzz” Aldrin.

Il capoluogo partenopeo si è aggiudicato l’organizzazione e la gestione dell’evento dopo una selezione durata circa due anni (in competizione con Parigi, Lisbona, Vienna e Bruxelles), accogliendo la proposta avanzata dall’Agenzia Spaziale Italiana in sinergia con il Comune di Napoli, la Regione Campania, la Provincia di Napoli, il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Polo High Tech di Napoli.

“L’assegnazione dell’organizzazione del Congresso a Napoli – ha sottolineato Enrico Saggese, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – è stata per tutti noi una grande occasione. I numeri dei partecipanti sono impressionanti e l’opportunità per tutti sarà notevole. Il programma degli appuntamenti è corposo e di ampio respiro. Abbiamo lavorato in sinergia con tutti i rappresentanti perché la conferenza sia un successo anche per il territorio che ci ospita. La regione ha una storia illustre nel campo dell’aerospazio. L’area napoletana vanta 5 università tecniche, un centro di ricerca come il CIRA, ottime industrie del settore aeronautico accompagnate una grande rete di PMI sia del comparto aereo sia spaziale. Gli enti locali ci hanno assicurato pieno supporto e molta attenzione nell’organizzazione”.

Come tutti gli anni, l’ASI è presente allo IAC con un proprio grande stand espositivo che dia risalto al complesso delle eccellenze italiane del settore. La partecipazione unitaria nello stand dell’ASI è divenuta una consuetudine dopo i successi ottenuti negli ultimi anni, per ribadire l’unicità e le competenze di uno straordinario sistema produttivo all’avanguardia, tecnologicamente competitivo e indiscusso in campo mondiale, capace di mettere a disposizione soluzioni complete e integrate. Duecento metri quadrati di percorso, modelli di satelliti, filmati, immagini e diversi pannelli di testo illustreranno le più importanti missioni spaziali e gli elementi centrali dell’attività in cui sono impegnati ASI e industria italiana in questi anni: sopra tutti, il nuovo lanciatore VEGA, il sistema satellitare COSMO-SkyMed, il programma GALILEO, Agile ed ExoMars.

IL CIRA INAUGURA NUOVO LABORATORIO DI QUALIFICA SPAZIALE

IL CIRA INAUGURA NUOVO LABORATORIO DI QUALIFICA SPAZIALE

 
Fornire servizi alle aziende impegnate nella progettazione e realizzazione di dispositivi e apparati per applicazioni aerospaziali, consentendo attività di qualifica integrata in un unico sito: questo l’obiettivo del nuovo laboratorio di qualifica spaziale (LQS), finanziato interamente dalla Regione Campania, che il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (CIRA) ha inaugurato venerdì 2 marzo, alla presenza dell’assessore regionale Guido Trombetti, del Presidente del Consiglio Regionale della Campania Paolo Romano. L’ing. Enrico Saggese, presidente del CIRA, sottolinea come il nuovo laboratorio rappresenti un supporto fondamentale allo sforzo che si sta compiendo per il trasferimento tecnologico delle ricerche nel settore spaziale verso le piccole e medie industrie. L’impegno della Regione Campania testimonia la condivisione degli obiettivi e una collaborazione orientata alla crescita del tessuto produttivo e sistemistico rappresentato dalle 150 imprese operanti nel settore spaziale, 30 delle quali specializzate negli apparati.

«La creazione del Laboratorio di Qualifica Spaziale – afferma il Direttore Generale del CIRA, ing. Leopoldo Verde – si inserisce all’interno di un processo di rinnovamento industriale e gestionale che ha come obiettivo quello di consolidare il CIRA come centro di eccellenza in ambito aerospaziale, rispondendo alle precise esigenze delle Aziende che operano in questo settore, garantendo loro strumenti e tecnologie all’avanguardia che permettano di presidiare un mercato estremamente competitivo come questo». Il laboratorio LQS, continua il DG Verde, «comprende vari impianti di test, tra i quali: centrifuga, camere per test di shock termico e meccanico, camera di simulazione di condizioni ambientali estreme. Questi apparati consentiranno di eseguire prove di accelerazione, di vuoto termico, di Environmental Stress Screening, di shock termico e prove combinate di vibrazione, umidità, temperatura e altitudine». Tutte queste prove sono necessarie per essere sicuri che, una volta in orbita, le componenti dei satelliti resistano correttamente alle estreme condizioni dello spazio e il laboratorio consentirà di eseguire le prove secondo i più stringenti standard fissati dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Il nuovo laboratorio è particolarmente adatto a prove per nano e pico-satelliti, quelli che pesano cioè fino a 20 chili, una tipologia che si va sempre più diffondendo tra le università per i bassi costi di lancio e sulla quale punta anche la Difesa, grazie alla possibilità di dispiegare con un solo lancio una costellazione di satelliti per operazioni di controllo e peace-keeping. Il progetto complessivo per la realizzazione del Laboratorio si è articolato in quattro fasi: analisi dei requisiti delle PMI campane/analisi di Mercato; studio di fattibilità; realizzazione del laboratorio (progettazione preliminare, esecutiva, opere civili e impianti generali); servizi di supporto nell’avviamento o nel potenziamento dell’idea imprenditoriale, che si apre con l’inaugurazione di LQS. Intanto il CIRA festeggia un importante riconoscimento. Il progetto relativo allo “Studio di Fattibilità di un sistema di Guida Navigazione Controllo Nazionale per VEGA”, promosso dall’Agenzia Spaziale Italiana ed affidato al capofila MBDA Italia insieme con il CIRA, Avio S.p.A, l’Università “Sapienza” e la Scuola di Ingegneria Aerospaziale di Roma, verrà premiato il prossimo 8 Marzo come progetto più innovativo tra quelli condotti nel 2011 da MBDA Italia. Nel corso della cerimonia formale di premiazione, si sceglierà tra i progetti premiati quello che concorrerà a livello internazionale con le altre filiali di MBDA per l’attribuzione di progetto più innovativo in assoluto. L’obiettivo del progetto, brillantemente raggiunto, è stato quello di valutare lo stato dell’arte degli algoritmi di Guida, Navigazione e Controllo (GNC) di lanciatori spaziali, individuando le aree critiche di miglioramento e proponendo un piano di sviluppo delle competenze e delle tecnologie necessarie per la sua implementazione al fine di consolidare un know how nazionale in tale settore, strategico per l’Italia. Nell’ambito delle attività svolte, grazie all’esperienza maturata negli anni passati ed in particolare relativamente allo sviluppo degli algoritmi di controllo di assetto per i futuri lanci del VEGA, il CIRA ha potuto fornire un importante contributo per la definizione di un sistema altamente innovativo di Guida e Controllo

 

ENERGIA VERDE PER SKA, LA GRANDE RETE DI RADIOTELESCOPI

ENERGIA VERDE PER SKA, LA GRANDE RETE DI RADIOTELESCOPI

Si chiama Square Kilometre Array, in acronimo SKA, e rappresenta l’ambizioso progetto che mira a creare la più grande e sensibile rete di radiotelescopi mai concepita al mondo: 3.000 parabole da 15 metri ciascuna distribuite su una superficie vastissima per funzionare come un unico, gigantesco strumento, in ascolto dell’universo. È un progetto che vede l’Italia direttamente coinvolta con i ministeri per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, dello Sviluppo Economico e degli Esteri, oltre che con l’industria, Finmeccanica in testa. Con Gran Bretagna, Olanda e Cina, l’Italia fa parte dei Paesi fondatori e chiamati a decidere quale sarà la sede del super radiotelescopio. In gara Sudafrica e Australia.

 

Il progetto comprende anche l’obiettivo di rendere energeticamente autosufficienti tutte le stazioni. Sotto questo aspetto sono coinvolte anche le imprese italiane che giovedì 1 marzo, nella sede INAF all’Osservatorio Astronomico di Monte Mario, hanno partecipato allo SKA Green Energy Day. L’ evento è stato organizzato dall’ Istituto Nazionale di Astrofisica insieme a Management Innovation, che ha recentemente ricevuto proprio da INAF l’incarico di contribuire allo studio delle possibili opzioni di alimentazione green power.

SKA prevede la graduale installazione di circa 3000 radiotelescopi in un territorio prevalentemente desertico di circa 3000 chilometri quadrati in Australia o Sud Africa. Ciascuna stazione, oltre a dialogare con le altre ed inviare dati ai sistemi centrali, dovrà essere in grado di auto-produrre e accumulare energia elettrica in grado di farla funzionare di giorno e notte senza interruzione. A questo ramo del programma è dedicato il sottoprogetto Power (WP 10) e l’Italia desidera candidarsi a realizzarlo e a gestirlo, mettendo a disposizione del consorzio le competenze e le abilità dei ricercatori e delle Imprese italiane attive nella Ricerca & Innovazione nel settore della Green Energy. L’incontro svoltosi all’INAF è servito proprio a verificare che sussistano le condizioni industriali per candidarsi in maniera forte per la realizzazione del sottoprogetto Power. Per far ciò è stato lanciato un Concorso di Idee rivolto alle Imprese italiane più innovative nel settore Green Energy finalizzato alla formulazione di progetti di ricerca e implementazione industriali indirizzati alla risoluzione dei problemi di alimentazione e accumulazione elettrica delle antenne. Le sfide principali sono le condizioni ambientali estreme, la distanza che separa le antenne e la necessità di infrastrutture a bassissimo impatto ambientale. Fra le aziende presenti c’erano Technapoli e Telespazio, che stanno coordinando un’iniziativa di aggregazione e qualificazione tecnologica per garantire all’industria nazionale le migliori condizioni per il suo coinvolgimento nella realizzazione e gestione del progetto e del radiotelescopio. Anche per il sottoprogetto Power, è stato ribadito, si fa necessaria la partecipazione delle aziende a questo processo di aggregazione. SKA è destinato ad essere il più grande ed importante radiotelescopio del mondo per i prossimi 50 anni e oltre. Prevede un investimento totale di oltre 2 miliardi di euro. Un’apposita società, la SKA Organization Ltd. è stata costituita a Londra lo scorso 23 novembre per gestire le fasi di preparazione e realizzazione del progetto.