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Apollo_17_Lunar_Roving_VehicleAnima discussioni il risultato di una ricerca sull’esposizione degli esploratori spaziali alle radiazioni cosmiche. Benché noto da tempo il rischio a cui ci si sottopone quando si opera lontano dallo scudo della magnetosfera terrestre, l’esito delle indagini condotto sugli astronauti del programma Apollo ha offerto dati che appaiono inequivocabili e sui quali riflettere al fine di garantire la completa protezione a coloro i quali si spingeranno verso gli spazi del sistema solare. Il riferimento all’esplorazione di Marte è automatico, così come al ritorno sulla Luna. Quali sono, dunque, i rischi per la salute connessi alla lunga permanenza in ambiente spaziale? Il settore biomedico della NASA è concentrato sull’approfondimento delle conseguenze legate all’esposizione prolungata alle radiazioni cosmiche, nel medio e nel lungo periodo. Secondo una recente indagine apparsa su Scientific Reports, l’allerta riguarda in particolar modo gli esploratori spaziali lunari, non quelli che operano in orbita bassa, come per la stazione spaziale internazionale. Unica cartina di tornasole è rappresentats, come detto, dagli astronauti del Programma Apollo, sottoposti a un differente tipo di irraggiamento cosmico, ben più pericoloso di quello subito dai colleghi perché la loro avventura all’arrembaggio della Luna si è svolta senza la naturale protezione della magnetosfera.Quanti hanno preso parte a viaggi spaziali oltre i 400 chilometri – altezza indicativa a cui “viaggia” la Stazione, dove comunque si rischia di soffrire di problemi seri come osteoporosi, nausea spaziale, perdita di massa ossea e muscolare, cecità spaziale e diabete – sono stati bersagliati da una quantità di radiazioni maggiore rispetto ad ogni altro astronauta nella storia. A risentirne maggiormente, l’organo più importante di tutti, il cuore. Dalle analisi dei dati infatti è emerso che il 43 percento degli astronauti Apollo morti lo sono stati a seguito di malattie cardiovascolari: una percentuale quattro o cinque volte superiore rispetto a quella dei colleghi che hanno viaggiato solo nell’orbita bassa. In prospettiva di un ritorno sulla Luna tra il 2020 e il 2030 e in preparazione di missione umana su Marte, studiare le condizioni di salute degli astronauti è fondamentale per rendere più sicuri i viaggi verso il Pianeta rosso.

Anche il nostro Paese da anni è impegnato nella ricerca biomedica finalizzata alla tutela del benessere degli astro-esploratori in orbita bassa. In particolare, la missione Futura condotta da Samantha Cristoforetti ha avuto l’obiettivo di monitorare il deterioramento dei tessuti ossei e muscolari della crew residente e di acquisire dati utili alla predisposizione di meccanismi di salvaguardia dallo stress spaziale: la nostra astronauta è stata impegnata nel corso del suo soggiorno in microgravità nello svolgimento di attività inerenti l’analisi dei meccanismi di metabolismo osseo, espressione genetica e circolazione cerebrale. Conoscere come lo spazio può causare cambiamenti drastici nel funzionamento degli organi e degli apparati del corpo umano aiuterà gli scienziati a sviluppare misure di volta in volta più efficaci per contrastare l’insorgenza di patologie, nello spazio e sulla Terra.