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C’è vita su Marte, ma si scopre che essa ci è ostile. Una trama che richiama la saga di Alien, pellicola fantascientifica cult degli anni ’80 firmata da Ridley Scott, quella del film “Life – Non oltrepassare il limite”, in uscita il 23 marzo nelle sale cinematografiche, proiettato in anteprima nell’auditorium dell’Agenzia Spaziale Italiana a Roma e servito soprattutto a fare il punto sui programmi di ricerca della vita al di fuori della terra e la vita terrestre nello spazio, in un dibattito che ha preceduto la visione e ha visto protagonisti l’astronauta Paolo Nespoli, in collegamento da Houston dove sta preparando la missione VITA, Barbara Negri, responsabile dell’Osservazione dell’Universo, e Gabriele Mascetti, responsabile del Volo Umano dell’ASI, coordinati da Andrea Zanini. I contenuti reali di natura scientifica fanno i conti con la trama del film, per la regia di Daniel Espinosa, regista svedese trapiantato a Hollywood, inserito nelle categorie thriller e fantascienza.

L’equipaggio di una stazione spaziale internazionale sta per tornare sulla terra, forte di una scoperta sensazionale: un campione che prova l’esistenza della vita extraterrestre su Marte. Al sicuro in una “incubatrice”, la neonata forma di vita raccolta sul pianeta rosso cresce a vista d’occhio, rivelandosi più intelligente e pericolosa di quanto il gruppo di astronauti pensasse. Di fronte alla minaccia che l’organismo alieno, battezzato Calvin, inizia a rappresentare per l’umanità intera, un pugno di uomini alla deriva nello spazio si prepara ad annientarlo prima che sbarchi sulla Terra. L’idea di base del film è nata il giorno in cui Mars Curiosity è atterrato su Marte, a partire dalla domanda: “cosa sarebbe successo se il rover avesse scoperto un organismo monocellulare vivente e lo avesse riportato nella Stazione Spaziale Internazionale per analizzarla?”. Per ricreare il mondo realistico della stazione spaziale internazionale, e per fare in modo che la nuova forma di vita fosse originale ma verosimile, sono stati consultati esperti di medicina spaziale e altri scienziati. In particolare il Dott. Adam Rutherford, genetista che ha pubblicato importanti libri sull’argomento, sebbene abbia escluso la possibilità della presenza di vita su Marte, ha suggerito l’idea di un alieno ibernato sotto la superficie del pianeta stesso. Per lo sviluppo della creatura “Calvin”, sempre Rutherford ha pensato a un fungo mucillaginoso, struttura monocellulare che si moltiplica e stratifica. Molte delle persone che si sono occupate degli effetti e delle scenografie avevano già lavorato per Gravity, Interstellar e Sopravvissuto – The Martian. L’elemento forse più fantascientifico del film è la creazione del modulo Harmony, un dormitorio spaziale con brandine personalizzate per i singoli componenti dell’equipaggio. In realtà, gli astronauti della stazione spaziale internazionale dormono in un sacco a pelo attaccato al muro con il velcro. Per imparare a “fluttuare”, prima dell’inizio delle riprese gli attori si sono allenati ogni giorno con la squadra stunt a utilizzare il sistema di cavi e imbracature con i quali si sarebbero dovuti muovere, ma hanno usato anche diversi attrezzi e modi per imitare al meglio l’assenza di gravità.