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Il futuro dell’esplorazione spaziale: Luna o Marte? Se n’è parlato a BergamoScienza con due relatori di primo piano del settore spaziale: Roberto Battiston, presidente dell’ASI, e Franco Orgaro, direttore del centro Estec dell’Agenzia Spaziale Europea in Olanda. Un tema quantomai attuale, alla luce degli indicatori che arrivano dagli Stati Uniti. L’ex presidente USA, Barack Obama, nel 2015 aveva chiesto alla NASA di puntare direttamente alla conquista del Pianeta Rosso, con la prospettiva di arrivarci con un equipaggio verso la metà degli anni ’30. Trump ha ripreso il piano del suo predecessore, anteponendo però l’obiettivo del ritorno sulla Luna. Si era già detto in passato che la strada più breve per arrivare su Marte fosse andare sulla Luna.

“Il nostro satellite naturale, con una gravità pari a 1/6 di quella terrestre e assenza di atmosfera, rende più semplice il lancio dei veicoli spaziali – ha osservato Battiston – Quindi, l’idea di realizzare una base lunare ha una sua ragionevolezza ma ciò richiede lo sviluppo di una catena industriale e tecnologica. Vivere sulla Luna è più complesso, ma certamente la sua vicinanza rappresenta un vantaggio. Auspico che si continui a guardare verso Marte, ma un passo intermedio sulla Luna potrebbe aiutare”.

Secondo Ongaro, Luna e Marte sono i soli due posti dove possiamo andare nel futuro prevedibile. “Stiamo reimparando a fare i nostri passi fuori dall’orbita bassa. L’esplorazione è una sfida globale, alla quale partecipano tutti i Paesi più importanti. L’ESA è protagonista del ritorno sulla Luna. Stiamo producendo il modulo di servizio per la capsula che porterà gli astronauti intorno alla Luna. La missione Orion avverrà tra il 2020 e 2021, con la prospettiva poi di creare una infrastruttura permanente. E’ finito il tempo della corsa allo spazio – ha aggiunto Ongaro – i programmi futuri saranno frutto di sempre più ampia collaborazione”. La missione Exomars sarà propedeutica allo studio del sottosuolo marziano, il passo successivo sarà riportare sulla Terra campioni di Marte con una sonda automatica. Ma andare e tornare sulla Luna richiede tre giorni, su Marte non meno di due anni. Tuttavia, non avrebbe senso tornare sulla Luna, se non fosse un passo verso l’esplorazione di Marte.

“ Si sta discutendo in che modo tornare sulla Luna – ha spiegato Battiston – Una colonia lunare richiede una protezione dalle radiazioni cosmiche efficace. Gli astronauti delle missioni Apollo sono stati esposti per un periodo limitato. Dovremmo costruire ambienti confinati. Viceversa sulla Luna possiamo telecomandare con grande facilità gli strumenti robotici. In questo senso, la tecnologia che ne deriverebbe appare interessante. Potrebbero essere proprio i robot a preparare uno habitat per consentire all’uomo di vivere e lavorare sulla Luna. Su Marte i robot devono essere preprogrammati, ecco perché dobbiamo arrivarci con equipaggi”.

Intanto a Colonia si sta studiando il Moon Village. Ma non è solo questione di tecnologia, contano anche e soprattutto gli aspetti logistici e psicologici. Ongaro ha osservato come un uomo sulla Terra consumi mediamente 25 litri di acqua al giorno, sulla stazione spaziale internazione ne servono 5 al giorno a persona, sulla Luna dobbiamo provvedere a riciclarla integralmente per garantirne il fabbisogno. Abbiamo messo astronauti per 500 giorni in isolamento per studiare anche gli effetti psicologici. Quando siamo sulla Luna vediamo la Terra, da Marte è un puntino lontano. Dobbiamo capire che tipo di equipaggio dobbiamo mettere insieme per affrontare i lunghi viaggi”.

Ci sono poi gli aspetti geopolitici che riguardano anche l’ambiente extraterrestre. Russia e Cina guardano alla Luna anche per estrarre elio-3, combustibile da utilizzare per i futuri reattori nucleari. Battiston ha ricordato che ci sono Paesi che hanno già legiferato allo scopo di stabilire a chi appartengono le risorse di un corpo planetario esterno. Sulla Terra l’Antartide è stato diviso tra una ventina di nazioni. La questione è all’attenzione degli organi politici internazionali. Non dobbiamo avere paura di utilizzo di risorse prelevate da corpi esterni. Prim’ancora di portarle sulla Terra, si tratta di andarle a sfruttare localmente. Gli asteroidi, per esempio, potrebbero essere visti come preziose miniere o addirittura distributori di propellente”. Le idee innovative nello spazio non mancano. Chi ha avuto l’idea di lanciare dalla ISS i cubesat, ha proposto di compattare i rifiuti di bordo per farli bruciare in atmosfera senza sacrificare le navette cargo.

Ongaro ha invitato a rendersi conto che lo Spazio non è un posto dove si facile vivere. “Abbiamo necessità di sviluppare tecnologica estremamente affidabili, sistemi in grado di autoripararsi, dobbiamo alleggerire al massimo ciò che lanciamo. L’innovazione tecnologica spaziale rappresenta lo sviluppo di soluzioni radicalmente diverse, perché devono funzionare affidabilmente e, per esempiom compensare la differenza di temperatura che si crea in un satellite. Ovvio che tutto ciò ha ricadute tecnologiche nella quotidianità”.

C’è poi il ruolo dei privati. Elon Musk si è proposto di essere protagonista dello sbarco dell’uomo su Marte. “Su circa 330 miliardi di dollari del fatturato mondiale dello Spazio, il 70% è legato ad applicazioni commerciali – ha sottolineato Battiston – Si tratta di dare valore economico all’esplorazione spaziale. Questa parte non è più solo legata alla scienza, al sogno e alla geopolitica. Musk e gli altri arrivano per lo più dal mondo dell’informatica, si sono accorti che lo Spazio è una opportunità per mettere in moto un meccanismo commerciale. Ha creato Space X, riuscendo a recuperare il primo stadio di un razzo vettore. Il 12 ottobre, per la prima volta, ha recuperato per la terza volta il primo stadio del Falcon 9. L’approccio di Musk rimette in proporzione il propulsore con ciò che viene lanciato. Si sta creando una new space economy, espressione di una capacità imprenditoriale innovativa che vede protagonisti i privati”.

L’Agenzia Spaziale Europea, con i suoi 22 Stati membri, è un fattore stabilizzante e un partner molto ricercato dagli altri Paesi impegnati nei programmi spaziali – ha concluso Ongaro – L’esplorazione non è più una gara, ma opportunità di espansione del genere umano. La pianificazione dei futuri programmi spaziali parte dalla cooperazione in atto sulla ISS”.

“Nel panorama spaziale ci sono ormai anche Cina e India – ha aggiunto infine Battiston – E’ necessario una multipolarità scientifica e tecnologica, con una governance coordinata e orientata agli obiettivi. Lo sforzo per andare su Marte è almeno dieci volte superiore a quello sostenuto per la ISS (1.000-1.500 miliardi di dollari/euro)”.