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Hanno più o meno la stessa dimensione, circa una volta e mezza il raggio della Terra, ma una eccezionale diversità nella densità media e dunque nella composizione chimica. Sono gli esopianeti Kepler-107b e Kepler-107c, due super-terre calde che hanno masse rispettivamente di circa tre e nove masse terresti e orbitano attorno alla loro stella a distanze molto ravvicinate da essa: 6,7 e 9 milioni di chilometri rispettivamente, cioè il 4,5% e il 6% della distanza Terra-Sole. A caratterizzarle è stato un team internazionale di ricercatori guidati da Aldo Bonomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) a Torino, grazie ai dati raccolti dallo spettrografo HARPS-N installato al Telescopio Nazionale Galileo sulle Isole Canarie. Lo studio ha mostrato che la super-terra più massiva e densa Kepler-107c contiene nel suo nucleo una frazione in massa di ferro che è almeno il doppio della sua “gemella” Kepler-107b. Tale diversità in composizione può essere spiegata ipotizzando che la super-terra Kepler-107c, poco dopo la sua formazione, abbia subìto un impatto frontale ad elevata velocità con un protopianeta della stessa massa o più collisioni con protopianeti di massa inferiore. Questi impatti avrebbero squarciato il suo mantello roccioso di silicati (composti del silicio, ossigeno e magnesio o altri metalli) riducendone l’abbondanza rispetto al ferro e rendendo così la super-terra Kepler-107c più densa.

Collisioni giganti fra protopianeti si sono verificate nel Sistema solare e hanno verosimilmente dato origine al sistema Terra-Luna, dopo l’impatto del nostro pianeta con un protopianeta delle dimensioni di Marte, all’elevata obliquità dell’orbita di Urano e alla composizione ricca di ferro di Mercurio. “È però la prima volta che, con ogni probabilità, ne vediamo gli effetti in un sistema planetario extrasolare”, afferma Bonomo, primo autore dell’articolo della scoperta pubblicato sulla rivista Nature Astronomy. “Solo con lo scenario di un impatto fra protopianeti riusciamo a spiegare il fatto che le due super-terre Kepler-107b e c abbiano essenzialmente la stessa dimensione ma composizioni così diverse. Ne siamo rimasti sorpresi”. Le due super-terre fanno parte del sistema planetario Kepler-107 che contiene altri due pianeti di piccola taglia: Kepler-107d e Kepler-107e. Si tratta di un sistema planetario estremamente compatto perché le orbite dei suoi quattro pianeti sono vicine fra loro e tutte contenute dentro quella di Mercurio. I periodi orbitali dei pianeti b, c, d ed e, e cioè le durate del loro “anno”, sono rispettivamente pari a 3.2, 4.9, 8.0 e 14.7 giorni. Secondo modelli di dinamica planetaria, la configurazione orbitale dei pianeti implica che questi si siano formati molto più lontano dalla loro stella rispetto alle orbite attuali e siano successivamente migrati verso di essa. I quattro pianeti del sistema Kepler-107 erano già stati scoperti dal telescopio della NASA Kepler grazie all’osservazione dei loro transiti, ovvero delle diminuzioni di luce stellare durante il passaggio dei pianeti davanti alla stella, il che dà anche un’informazione sulla dimensione dei pianeti stessi.

(nell’immagine: rappresentazione artistica dell’impatto gigante sull’esopianeta Kepler-107c. L’immagine è stata riadattata partendo da quella realizzata da NASA/JPL-Caltech)