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Lo slogan di una pubblicità di qualche anno fa recitava “prevenire è meglio che curare”. Una massima non solo condivisibile, ma replicabile all’infinito. Ecco perché le vaccinazioni sono l’esempio più concreto ed efficace di buona prevenzione. La pratica più semplice, quella legata al contrasto della diffusione dell’influenza stagionale, garantisce un risparmio per le cure e l’assistenza a chi si ammala pari a 10 volte la spesa del vaccino. Se oggi alcune malattie sono state eradicate e di altre si è ridotta l’incidenza lo si deve ai vaccini. Che, in termini di riduzione della mortalità, sono secondi solo alla potabilizzazione delle acque. Puntare sulla vaccinazione significa quindi investire in prevenzione e tutelare la salute di milioni di persone.

La crescente sfiducia nei programmi di profilassi, anche a causa della diffusione di notizie scientificamente infondate, rappresenta una minaccia alla immunizzazione da malattie che possono lasciare il segno e mina profondamente la salute delle nuove generazioni. Eppure i progressi dell’immunologia e della genetica hanno aumentato le nostre conoscenze circa la patogenesi delle malattie infettive e i meccanismi di difesa dell’organismo umano, consentendo lo sviluppo e l’autorizzazione di un elevato numero di nuovi vaccini. A livello mondiale, grazie soprattutto alla estesa campagna del Rotary International, siamo a un passo dalla eradicazione della poliomielite.

La resistenza degli oppositori alle vaccinazioni (fenomeno definito a livello internazionale come “vaccine hesitancy”) poggia su mancata conoscenza o cattiva informazione, ma anche e sempre più su motivazioni ideologiche, in ogni caso mai supportate da valenza scientifica. Emblematica la correlazione causale tra vaccino anti-morbillo-rosolia-parotite e l’insorgenza dell’autismo, documentata falsamente molti anni fa da un medico inglese poi radiato dal Medical Register nel 2010), ripetutamente richiamata da media e social network e smentita da tutti gli studi successivi e dall’OMS.

I risultati di un recente studio ha indicato che la metà dei genitori “antivaccinatori” lo sono non per convinzione, ma per esitazione, insicurezza, ignoranza. Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 prevede che al compimento del 15° mese di vita i bambini che non presentano controindicazioni dovrebbero essere vaccinati contro 14 malattie, con una decina di inoculazioni in 7-8 sedute. Solo le vaccinazioni contro 4 delle 14 malattie sono obbligatorie per legge (difterite, tetano, poliomielite ed epatite B) e dunque potenzialmente oggetto del provvedimento di obbligatorietà, le altre sono raccomandate.

In questo quadro di esitazione e mancata copertura vaccinale, emergono gli straordinari progressi della ricerca in campo immunologico. L’italiano Antonio Lanzavecchia, che lavora a Basilea, ha scoperto molecole, denominate Mhc, che permetteranno di progettare i vaccini del futuro in modo ancora più sicuro. Esse sono prodotte dalle cellule dendritiche, le sentinelle del sistema immunitario presenti in tutti i tessuti dell’organismo. In condizioni normali vivono appena dieci ore, ma se c’è un’emergenza diventano più numerose e vivono almeno dieci volte più a lungo, fino a quattro giorni. Cellule pronte a scattare al primo allarme per catturare l’antigene, la sostanza che innesca la reazione immunitaria. Al Georgia Institute of Technology di Atlanta, invece, si sperimenta una nuova tecnica che prevede la somministrazione della vaccinazione tramite un minuscolo cerotto con microaghi che, con una leggera pressione, inietta il vaccino. Niente più fiale e aghi: in futuro per vaccinarsi contro il morbillo sarà sufficiente mettersi un cerotto.