Seleziona una pagina

Hyplane Artistic ViewGennaro Russo, presidente di Space Renaissance Italia, analizza le attività delle imprese spaziali affidate ai privati, alla luce dei due incidenti occorsi alla Orbital Science Corp e alla Virgin Galactic.

 

In pochi giorni due disastri nell’ambito delle attività spaziali private: prima l’esplosione dopo soli 6 secondi dal lancio del vettore Antares di Orbital Science Corp., che doveva trasportare rifornimenti di vario genere alla Stazione Spaziale Internazionale per conto della NASA, e poi l’incidente dello spazioplano SpaceShipTwo di Virgin Galactic durante un volo di test in attesa di avere “luce verde” per l’avvio delle operazioni commerciali per l’accesso al volo sub-orbitale da parte di comuni cittadini. Eventi non certo facili da digerire.

Dispiace per la morte del co-pilota Michael Alsbury e le gravi ferite riportate dal pilota Peter Siebold direttore delle Operazioni di Volo di Scaled Composites, e siamo vicini alle loro famiglie, a Virgin Galactic / Scaled Composites come ad Orbital Science, e al nascente mondo del turismo spaziale.

Tutto ciò è parte integrante del mondo spaziale e ne segue inevitabilmente i processi. Nei 57 anni di attività spaziali, a partire dal lancio del satellite Sputnik 1 ad opera dell’URSS il 4 ottobre 1957, ogni incidente ha determinato periodi più o meno lunghi di pausa e talvolta ripensamento. Partecipavo a Napoli al team dello scienziato Luigi G. Napolitano che aveva introdotto a livello mondiale il concetto di microgravità e che era stato sostenitore del concetto di industrializzazione dello spazio e dei primi passi in tale direzione, quando l’esplosione dello Space Shuttle Challenger avvenuta il 28 gennaio 1986 dopo 2 minuti dal lancio distrusse in maniera definitiva quel concetto. Ancora oggi, infatti, le attività spaziali, benché vedano sulla scena molti più attori di quel tempo, non contemplano l’idea di utilizzare le condizioni offerta dal Quarto Ambiente a scopi industriali.

“Si sa che la stampa dà molto più risalto alle tragedie che a tutto il resto, qui il verso non cambierà mai”. Questo è uno dei commenti girati in rete dopo l’incidente di SpaceShipTwo. Non c’è dubbio che il cittadino deve sapere ciò che accade ed è quindi di primaria importanza il ruolo che i media ricoprono nella nostra società. E nessuno di sicuro vuole modificare questo elemento. Ma il commento sopra riportato è altrettanto sicuramente espressione di quel sentimento diffuso per il quale c’è da temere che l’avventura del Turismo Spaziale subisca una sostanziale battuta d’arresto, nonostante Sir Richard Branson patron di Virgin Galactic abbia dichiarato dopo l’incidente che il programma continuerà non appena si sarà capito cosa sia successo e come evitarlo.

Sia chiaro, non sto affatto dicendo che sia colpa dei media, sto sostenendo la necessità di un cambio culturale di tutti. Quegli stessi media riportano tutti i giorni di incidenti automobilistici, ferroviari, aerei, e tanti altri, ma a nessuno sfiora l’idea di bloccare la produzione di auto, treni o aerei, o di sospenderne l’utilizzo. Ecco, dobbiamo comprendere che un incidente in qualsiasi settore è espressione intrinseca dell’attività dell’ingegno umano e, pur attenti a ridurne sempre più il numero e le conseguenze, ne dobbiamo accettare l’esistenza.

Branson ha detto in questi giorni “ci piacerebbe finire ciò che cominciammo anni fa”. Questo è un sentimento, un pensare molto comune, ma nel caso specifico assume un sapore fortissimo. È un messaggio alle autorità competenti che stanno valutando le cause dell’incidente e che hanno stimato in forse un anno il tempo per la chiusura dell’inchiesta, è un messaggio al mondo aerospaziale pubblico e privato, è un messaggio sicuramente a se stesso – non è certo facile proseguire dopo tali eventi e di fronte alle aumentate difficoltà, ma è anche un messaggio a tutti gli uomini della Terra. Lo sviluppo dello Spazio Commerciale e del Turismo Spaziale non deve arrestarsi!

La porta dell’umanità sullo spazio si è aperta da tempo, siamo ormai in grado di utilizzarla anche se i costi sono molto alti; e se pensiamo all’utilizzo da parte dell’uomo comune, si sente dire ricorrentemente “questa è roba da ricchi”. Niente di più sbagliato, la storia dello sviluppo tecnologico ce lo insegna: il “giocattolo” dei ricchi facoltosi diventa dopo poco tempo alla portata della massa ed una reale necessità indissolubile della quotidianità. Chi acquistava i costosi telefoni cellulari quando furono immessi sul mercato? e per quale motivo? li acquistava la massa o quella ristretta schiera di “fortunati” che sentiva l’esigenza di mostrare il proprio “Status Symbol”? Eppure oggi il telefonino è diventato strumento integrato nella vita di ciascuno di noi, ben oltre la sua funzione originaria di telefono personale-portatile. Stesso discorso si può fare con un’infinità di altre invenzioni dell’intelletto umano, dal personal computer a internet, dall’auto al treno o all’aereo. Grazie a queste persone “fortunate” e all’utilizzo dei loro “giocattoli”, si dà inizio alla creazione di un mercato; questo genera la concorrenza, favorisce lo sviluppo, accentra l’attenzione di studi e sviluppi tecnologici che permettono a questi oggetti di diventare alla portata di tutti e trasformarli anche in bisogni “vitali”.

Sir Richard Branson agita da qualche anno il suo giocattolo SpaceShip; Elon Musk agita SpaceX, Jeff Greason rincorre Virgin Galactic con il suo XCOR-Lynx, …. Tra un po’ li ricorderemo come coloro che avranno dato vita al mercato del turismo spaziale e dell’accesso privato allo spazio. Siamo certi che prestissimo nasceranno altri industriali anche in Europa ed in altre parti del mondo, che investiranno nel settore, che attireranno sempre più interesse ed attenzione della comunità civile e che alla fine saranno in grado di offrire costi di accesso estremamente più ridotti delle centinaia di migliaia di euro oggi necessari.

Ma c’è di più. C’è in prospettiva la sopravvivenza stessa dell’intera umanità. L’ONU stima che alla fine del 2100 ci saranno 11 miliardi di persone sulla Terra e risorse per sostenere la vita di 1 solo miliardo di individui. Beh, una prospettiva quantomeno inquietante.

Dal punto di vista del numero di abitanti della Terra non c’è dubbio sulla capacità ancora esageratamente grande delle “terre emerse” di ospitalità in termini di m2/persona. Il problema sono le risorse naturali e l’impatto dell’umanità sull’ecosistema. Di ricette per far fronte alla situazione ce ne sono molte e di sicuro, ci piaccia o no, ci abitueremo all’uso sistematico degli OGM per dirne una. Probabilmente ci saranno delle guerre e delle politiche di riduzione delle nascite che faranno diminuire o contenere la crescita numerica dell’umanità e faranno anche aumentare l’età media della popolazione. Noi italiani in particolare, sappiamo già bene cosa questo possa voler dire: riduzione in media della vitalità (propria dei giovani), aumento delle preoccupazioni sulla vita degli anziani, aggravio delle condizioni economiche che vedranno sempre più giovani sobbarcarsi il carico delle pensioni, ecc., ecc.. La vera questione è programmare a lunghissimo termine puntando a questo o quello scenario, e l’uomo ha un urgente bisogno di identificare lo scenario a cui puntare.

Noi di Space Renaissance crediamo che lo scenario migliore e più positivo, peraltro probabilmente unico per evitare le conseguenze nefaste di approcci negativi come quelli sopra menzionati, sia l’espansione della civiltà nello spazio geo-lunare. Industrie spaziali ed anche lunari in grado di utilizzare materiali estratti dagli asteroidi e sulla luna, stazioni spaziali come abitazioni civili, hotel orbitali, magazzini e stazioni di rifornimento varie, navette di trasporto su diverse orbite terrestri, lunari e geo-lunari, sistemi di accesso allo spazio e rientro a terra; un sistema sociale complesso estensione di ciò che abbiamo sulla terra. Con le opportune scelte politiche, in alcuni decenni si potrebbero avere 50-70000 persone stabilmente presenti nello spazio geo-lunare con un’economia da 100 miliardi di euro all’anno.

Ebbene, la ricetta di Space Renaissance Italia per l’immediato è perciò di “aprire quella porta” che già conosciamo ed abituarci ad andare nello spazio, esattamente come oggi siamo abituati ad andare in giro per il mondo grazie all’altra porta aperta dell’aviazione civile e dagli altri mezzi di trasporto veloce. Il Turismo Spaziale è quel settore che mostra tutti i segni tecnico-economici per avviare l’Era dell’Industria Spaziale. Riteniamo che tutto ciò costituisca la vera speranza per dar luogo ad una rinascita dell’economia mondiale che ci piace chiamare Rinascimento Spaziale, a cui abbiamo voluto dedicare il nostro stesso nome. E ci piace anche notare che il seme di nuovo rinascimento da noi piantato anni fa stia germogliando e si stia diffondendo; giovedì 23 ottobre al simposio internazionale “L’impatto economico delle tecnologie spaziali”, tenutosi al quartier generale dell’OCSE di Parigi, il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana Roberto Battiston ha parlato di “A space-based global renaissance”.

L’Italia ha la storia, la tradizione, le intelligenze, la capacità di giocare un ruolo significativo nello sviluppo del turismo spaziale, sia sul fronte della progettazione e realizzazione di nuovi sistemi volanti sia su quello dello sviluppo turistico vero e proprio data la vocazione che tutti ci riconoscono. E il turismo spaziale può rappresentare un grande volano su entrambi i fronti; da un lato l’estensione dell’offerta turistica e dall’altra l’inserimento di nuovi prodotti per l’industria aerospaziale, specie le PMI. Non è poi un caso che esistono iniziative come il velivolo ipersonico HYPLANE nato proprio sotto l’egida di Space Renaissance Italia e condotto dall’Università Federico II di Napoli e la startup innovativa Trans-Tech srl, capace di effettuare durante uno stesso volo fino a tre traiettorie sub-orbitali alla quota di 70 km, ma anche voli intercontinentali di 6000 km viaggiando a Mach 4.5. Tutto è quasi pronto, i tempi sono ormai maturi per il grande passo; gli incidenti di questi giorni non devono bloccare o rallentare questa rivoluzione.