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Mini-asteroide sull’Italia

Mini-asteroide sull’Italia

Un mini-asteroide ha prodotto la luminosa meteora avvistata il 30 maggio scorso sopra i cieli italiani. Gli scienziati della collaborazione Prisma, promossa e coordinata dall’Inaf, hanno stimato la zona di caduta di eventuali meteoriti nel territorio compreso fra Padova e Venezia. L’evento risale alla notte del 30 maggio scorso, alle 23:09 ora italiana, quando una straordinaria meteora luminosa ha solcato i nostri cieli del Nord-Est, viaggiando da sud verso nord. Numerosi gli avvistamenti di testimoni oculari, soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Un filmato esclusivo è stato ripreso da una delle videocamere a tutto cielo (all-sky) attive 24 ore su 24 della rete Prisma. Gli studi sull’origine, composizione e traiettoria della meteora e le ricerche di eventuali frammenti del bolide sono iniziati subito dopo l’avvistamento da parte della stessa collaborazione Prisma, promossa e coordinata dall’Istituto nazionale di astrofisica, e nata alla fine dell’anno scorso proprio per lo studio e il monitoraggio di eventi del genere. «È stato un lavoro lungo e complesso, che arriva proprio a ridosso del 30 giugno, giorno dichiarato dall’ONU Asteroid Day» dice Daniele Gardiol, dell’Inaf di Torino, coordinatore nazionale del progetto Prisma. «L’analisi dei dati durante i 7 secondi in cui la meteora è stata visibile ha infatti permesso di definire un dettagliato modello matematico della fase di volo che tiene conto dell’influenza dei venti nella parte terminale “buia” e la zona di possibile caduta di frammenti meteoritici. I risultati dei calcoli indicano che prima del suo ingresso in atmosfera alla formidabile velocità di 54.000 km/h il meteoroide aveva una massa fra i 50 e i 200 kg, con una dimensione dell’ordine di 30-60 cm. Fortunatamente le riprese delle camere Prisma, integrate dal contributo fondamentale dato dalle osservazioni delle camere della rete Imtn (Italian Meteor and Tle Network), hanno permesso di concludere che l’oggetto si è in gran parte “sbriciolato” nelle fasi iniziali dell’impatto con l’atmosfera, ad una quota di circa 40 km, provocando molto probabilmente uno “sciame” di piccole meteoriti delle dimensioni di una pallina da golf e del peso di parecchie decine di grammi». I calcoli fanno ritenere che alcuni di questi frammenti siano caduti intatti a terra in una zona compresa fra i paesi di Piove di Sacco (PD) e Bojon, nel comune di Campolongo Maggiore (VE), dove potrebbe essere caduto il residuo principale del corpo cosmico, come indicato nella mappa qui sotto.

L’aspetto esteriore di queste meteoriti è quello di un sasso ricoperto da una crosta sottile e lucida, molto scura, come se fosse “bruciato”; la forma è generalmente squadrata ma con gli spigoli arrotondati. Il colore interno del “sasso”, visibile dove la crosta è rotta o mancante, è in genere di colore grigio chiaro. Soppesandolo, dà quasi sempre la sensazione di essere più pesante di un sasso terrestre delle medesime dimensioni.

«Dati l’estremo valore scientifico e l’importanza di un possibile ritrovamento in tempi brevi di queste meteoriti – prima che vengano contaminate dall’ambiente terrestre – invitiamo la popolazione delle zone interessate a segnalarci eventuali sassi (o ritrovamenti di altra natura) sospetti che venissero rintracciati sul terreno» aggiunge Gardiol. «Poiché molta della superficie della possibile zona di caduta è interessata da varie coltivazioni, chiediamo ai proprietari di ispezionare i campi subito dopo il raccolto e prima della successiva aratura. Se dopo il raccolto non avete il tempo per ispezionare il campo, vi preghiamo di contattarci e saremo ben lieti di farlo per voi. Le meteoriti sono oggetti molto rari, di grandissimo valore scientifico e dobbiamo fare il massimo per tentare di recuperarle. Le segnalazioni possono essere inviate all’attenzione del team scientifico dell’Inaf-Prisma all’indirizzo e-mail prisma_po@inaf.it».

I 25 anni del volo di Malerba

I 25 anni del volo di Malerba

Franco Malerba, primo astronauta italiano, ha inaugurato il tour del 25ennale della storica missione STS-46 a bordo dello Space Shuttle Atlantis, parlando al Festival del Volo organizzato nella ex area Expo a Milano (2-4 giugno 2017). Accanto a lui Amalia Ercoli Finzi, prima donna laureata in ingegneria aerospaziale e signora italiana dello Spazio, protagonista della missione Rosetta culminata con l’approdo su una cometa di un veicolo costruito dall’uomo. Un evento scientifico promosso da Umberto Cavallaro, presidente ASITAF (associazione di astrofilatelia), saggista di storia dell’esplorazione spaziale, autore della mostra sull’Italia nello Spazio, sulle donne astronaute e sul “cibo nello spazio”, allestite al piano terreno di Palazzo Italia e Marco Majrani, ideatore del Festival del Volo e maggior esperto di storia dell’aerostatica, al quale è toccato rievocare il pionierismo e i primati storici di Milano in campo aeronautico.

Franco Malerba, che ha raccontato l’esperienza da astronauta nel libro “La Vetta – The Summit”, è stato lanciato in orbita con altri sei membri d’equipaggio il 31 luglio 1992 e ha concluso la sua missione l’8 agosto. Selezionato dall’Agenzia Spaziale Europea come specialista di missione insieme al tedesco Ulf Merbold, primo ad andare in orbita, l’olandese Wubbo Ockels e lo svizzero Claude Nicollier, Franco Malerba è stato assegnato all’esperimento con il satellite a filo Tethered, sviluppato dall’industria italiana da un’idea di Giuseppe Colombo e Mario Grossi. Toccò proprio a lui, ligure di Busalla (cittadina che dal 28 al 30 luglio 2017 ospita il Festival dello Spazio per onorare le nozze d’argento del suo concittadino astronauta), segnare l’esordio di un italiano in orbita 500 anni dopo l’approdo di Cristoforo Colombo nelle Americhe. Dopo un quarto di secolo, Malerba racconta con rinnovata passione quella missione che permise di sperimentare il satellite Tethered, attaccato ad un cavetto elettrico, destinato a essere rilasciato dalla stiva fino a venti chilometri sopra allo Shuttle in volo orbitale a 300 chilometri di quota. In questa condizione, il sistema a filo può creare differenze di potenziale elettrico fino a 5.000 volt tra il satellite e lo Shuttle, le due estremità del filo conduttore, che si sposta attraverso il campo magnetico terrestre alla velocità di 26.000 chilometri all’ora. Mentre il satellite carico positivamente raccoglieva elettroni dalla ionosfera, due generatori di elettroni installati nella stiva dello Shuttle potevano espellere elettroni nella stessa ionosfera e pertanto creare un flusso di cariche che chiude il circuito elettrico. Purtroppo non tutto ha funzionato a dovere: il verricello del cavo si è inceppato durante la fase di rilascio del satellite che ha limitato la lunghezza del filo a soli 256 metri.

Nonostante l’inconveniente, l’esperimento di generazione di potenza elettrica ha avuto successo anche se a livelli di tensione e di corrente molto inferiori delle possibilità teoriche del sistema. Il Tethered è poi tornato in orbita nel 1996 e in quella occasione Franco Malerba fece da assistente a terra al collega Umberto Guidoni. L’idea dei satelliti a filo è ancora tenuta in forte considerazione e una delle possibili applicazioni future potrebbe essere la cattura di detriti spaziali, argomento di cui Malerba si occupa in chiave di sviluppo di possibili soluzioni tecnologiche.

Amalia Ercoli Finzi ha raccontato il grande successo della missione Rosetta, la capacità di fiondare la sonda nel suo lungo viaggio attraverso spinte gravitazioni ricevuta da Terra e Marte, l’incontro con corpi planetari minori, il letargo in cui è stata fatta cadere e l’emozione del risveglio puntuale per prepararsi al rendez-vous con la cometa 67P, il rilascio del lander Philae impregnato di tecnologia italiana e con la famosa trivella ideata dal suo Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico di Milano, fino alla gioia di ritrovarlo in un anfratto della cometa.

Il convegno dedicato al 25ennale del volo di Franco Malerba si è arricchito anche del tema dell’alimentazione degli astronauti, con la presenza di Emanuele Viscuso, delegato dell’Accademia Italiana della Cucina, il quale nell’ottobre 2007 riuscì a portare il cibo italiano sulla stazione spaziale. Un menu che comprende fregola sarda di grana grossa come primo piatto, condita con salsa di peperoni dolci della Basilicata, brasato al barolo, verdure grigliate, formaggio secco e infine dessert di pasticcini di mandorle delle Madonie, ideato da Nicola Fiasconaro, pasticciere di Castelnuovo in Sicilia.

Infine, la testimonianza di Debora Corbi, capitano dell’Aeronautica Militare Italiana, autrice del volume autobiografico “Ufficiale e gentildonna”, in cui racconta la storia personale iniziata nei primi anni 90 e la sua battaglia affinché fosse consentito alle donne di arruolarsi, conclusasi solo nel 1999 con il varo della legge apposita. Determinante, poi, l’introduzione di un periodo transitorio che per tre anni ha permesso di portare da 22 a 25 anni l’età massima per aspirare all’ingresso in Accademia Aeronautica. Un passaggio che ha permesso l’ingresso nei ruoli dell’Arma Azzurra di Samantha Cristoforetti, diventata poi la prima donna astronauta italiana.

Aldrin, Luna e poi Marte

Aldrin, Luna e poi Marte

Edwin Buzz Aldrin, secondo uomo a scendere sulla Luna e di fatto testimonial della grande epopea della conquista dello Spazio, si è presentato alla platea del Wired Next Fest a Milano con una t-shirt dalla scritta emblematica: “Porta il tuo culo su Marte!”. Chi si aspettava una visione retrospettiva, si è ritrovato ad ascoltare un uomo proiettato nel futuro. Aldrin, 87 anni, dice a chiare lettere che non è più tempo di piantare bandiere, ma di creare colonie permanenti. Arrivare su Marte per restarci, ma prima bisognerà passare dalla Luna. Il Pianeta Rosso è il nostro domani, ma per arrivarci serve uno sforzo comune, e ancora più per pianificare missioni continue in un andirivieni che consenta di familiarizzare con l’ambiente marziano, conoscerlo da vicino, accrescere le conoscenze e consolidare la presenza. Quanto tempo occorre per tornare sulla Luna, considerata tappa intermedia e necessaria? Aldrin fissa una data: 2025. La superficie selenita è il terreno migliore per testare gli habitat, compreso il modulo gonfiabile Beam installato da un anno sulla stazione spaziale internazionale, e i veicoli rover. Collaborazione e non competizione tra i Paesi, perché le sfide rallenterebbero i programmi e la maturazione delle innovazioni attese. Aldrin definisce strategico il ruolo dei privati, che invece possono trarre vantaggi da una sana competizione, come dimostra il contributo allo sviluppo delle tecnologie spaziali di SpaceX. Servirà economicità, affidabilità e sicurezza. Ma quando arriveremo realisticamente su Marte? Aldrin non si discosta molto dagli obiettivi della NASA. Prima del 2040, certamente, ovvero tra il 2033 e il 2035.

La scomparsa di Bignami

La scomparsa di Bignami

Perdita gravissima per la comunità scientifica italiana e mondiale. L’astrofisico Giovanni Bignami, 73 anni, una delle figure più autorevoli nel campo delle scienze spaziali, è mancato improvvisamente, stroncato da un malore mentre si trovava a Madrid. Presidente dell’Agenzia spaziale italiana 2007 al 2008 e dell’Istituto nazionale di astrofisica, nonché del Cospar, comitato internazionale per le scienze spaziali, Accademico dei Lincei, ha diretto il Centro di Studi Spaziali in Francia, che gli conferito la Legion d’Onore. Ed era anche Accademico dei Lincei. La sua popolarità di scienziato e astrofisico esplose nel 1972 con la scoperta di Geminga (acronimo preso in prestito dal dialetto milanese, per descrivere qualcosa che non c’è), la prima stella di neutroni senza emissioni radio. Era presidente del consiglio di amministrazione del progetto SKA, lo Square Kilometre Array, progetto internazionale il cui obiettivo è costruire il più grande radiotelescopio in due siti, Australia e Sudafrica. Bignami era per tutti “Nanni” e gli era stato dedicato l’asteroide 6852 Nannibignami, scoperto nel 1985. Una vita trascorsa a inseguire le possibili risposte ai fenomeni del cosmo, a divulgare le conoscenze sullo Spazio e negli anni più recenti a costruire l’idea di colonizzare Marte. Tanti i libri di cui è stato autore: da “I marziani siamo noi” allo straripante “Oro dagli asteroidi e asparagi su Marte” fino all’ambizioso e visionario “The Future of Human Space Exploration”. Titoli intervallati dalla meritevole riedizione del libro dedicato alla conquista di Marte, scritto da Werner Von Braun. Nanni Bignami era uno scienziato e astrofisico concreto, che amava esplorare e comunicare.

La Luna di AstroSamantha

La Luna di AstroSamantha

C’è lo Spazio circumlunare nel futuro di Samantha Cristoforetti, l’astronauta italiana dell’Agenzia Spaziale Europea che ha deciso di donare al Museo nazionale della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci» la tuta azzurra con i simboli di ASI e ESA che indossava durante la sua straordinaria missione Futura, durata ben 199 giorni. Un gesto che rafforza il suo impegno a stimolare la cultura scientifica e porre l’attenzione sulle grandi e promettenti prospettive offerte dai programmi di esplorazione dello Spazio, che si accompagnano allo sviluppo di tecnologie e alle nuove conoscenze. Samantha staziona a Colonia, al centro addestramento astronauti dell’ESA, dove segue le attività di preparazione dei colleghi e mette la propria esperienza a disposizione di tecnici, ricercatori, giovani laureati che trovano motivazione in questo campo. Il suo ritorno nello Spazio avverrà probabilmente agli inizi del prossimo decennio. Prima di lei toccherà a Paolo Nespoli, la cui partenza per la missione di lunga durata Vita (la terza della sua carriera di astronauta) è fissata il 28 luglio 2017 a bordo della Soyuz dal cosmodromo di Bajkonur , e a Luca Parmitano, in calendario nel 2019. La stessa Cristoforetti non ha abbandonato gli addestramenti e ha in agenda un’esperienza con i taikonauti cinesi, che consiste in un corso di sopravvivenza, seguito dopo l’estate 2017 da un’attività sul campo per approfondire le conoscenze sulla geologia. La sua prospettiva è la partecipazione a una missione oltre l’orbita bassa, che vuol dire nello Spazio circumlunare. Samantha Cristoforetti conferma di manifestare interesse e impegnarsi per questo tipo di missioni. Lei stessa dichiara di seguire personalmente la realizzazione di un ambiente che simula il suolo lunare con uno habitat in cui sia possibile simulare la permanenza, con attenzione particolare al problema dell’energia combinando quella prodotta da pannelli fotovoltaici e celle a combustibile. L’Agenzia Spaziale Italiana ha aperto un bando per ricercatori interessati a lavorare nel gruppo guidato da AstroSamantha, la quale continua ad accendere la passione per lo Spazio, spiegando – com’è accaduto al Museo della Scienza e Tecnologia di Milano, di fronte a una platea dove spiccavano i giovani finalisti del campionato di robotica – che le soluzioni per vincere le grandi sfide dell’umanità arriveranno in buona parte dalle tecnologie sviluppate fuori dalla Terra.

 

NASASpaceApps alla vicentina

NASASpaceApps alla vicentina

Il rappresentante della NASA in Europa, Timothy Ryan Tawney, ha presentato al Teatro Olimpico di Vicenza l’edizione 2017 di NASASpaceApps, ospitata per la prima volta nella città veneta che affianca le tradizionali location di Roma, Napoli, Torino e Milano. SPACE APPS CHALLENGE, il più grande hackathon mondiale promosso e organizzato dalla NASA a partire dal 2012, si tiene il 29 e 30 aprile contemporaneamente in oltre 200 città del mondo ed è dedicato alle scienze della Terra.

Fin dalla sua prima edizione nel 2012 Space Apps Challenge, un progetto della Divisione Scienze della Terra della NASA, è diventato il più grande hackathon mondiale, in grado di coinvolgere migliaia di partecipanti ogni anno in tutto il mondo, cittadini che lavorano con la NASA per ideare grazie all’accesso a dati open source soluzioni innovative per affrontare le sfide che si pongono alla vita sulla Terra e all’esplorazione dello spazio. Space Apps richiama comunità di innovatori locali che si riuniscono in diverse città dei sei continenti per avere idee e creare soluzioni. Team di esperti di tecnologia, scienziati, studenti, imprenditori, mentori lavorano insieme per 48 ore utilizzando I dati messia disposizione dalla NASA per trovare risposte alle sfide più pressanti poste al nostro Pianeta. La prima edizione di Space Apps Vicenza è il risultato della proficua cooperazione tra Comune, Consolato Generale degli Stati Uniti a Milano, Confartigianato Vicenza e Fondazione Studi Universitari.

L’evento vicentino, ospitato presso la sede dell’Università a Vicenza, ha riscosso un immediato successo e conta già oltre 160 partecipanti. Per prendervi parte non ci sono limiti di età, né sono richiesti profili particolari: è fondamentale una propensione alle nuove tecnologie e alla creatività (tra gli iscritti figurano ad esempio anche un biologo molecolare e un veterinario, oltre a imprenditori di startup, ricercatori, professionisti, universitari). Cinque gli istituti vicentini che hanno aderito all’iniziativa (Istituto Tecnico Industriale “Rossi”, I.P.S.I.A. “Lampertico”, Istituto Tecnico Tecnologico e Liceo Artistico “Canova” e Liceo “Fogazzaro” di Vicenza, Istituto Tecnico Industriale “De Pretto” di Schio) i cui studenti, assieme a quelli della High School della base americana di Vicenza, andranno a formare squadre miste con un massimo di sei componenti.

Space Apps prende il via alle ore 8 di sabato 29 aprile per terminare alle 18.30 di domenica 30 aprile. Timothy Tawney ha spiegato che l’intento della NASA nell’organizzare Space Apps Challenge è stato quello di “coinvolgere una vasta comunità nella riflessione su come lo spazio può contribuire alla vita quotidiana sulla terra. Space Apps Challenge unisce la tecnologia e gli open data raccolti dalle missioni e resi disponibili dalla NASA con il talento e l’abilità di volontari sparsi in tutto il mondo allo scopo di far progredire l’esplorazione dello spazio e migliorare la qualità della vita sulla Terra.”