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Nasce il Center for Near Space

Nasce il Center for Near Space

Hyplane-Artistic-ViewIl Center for Near Space (CNS), primo dei centri di competenza dell’Italian Institute for the Future, è il nuovo soggetto che si inserisce nella dinamica propositiva delle soluzioni future nel settore spaziale con l’obiettivo di potenziare le attività di ricerca, formazione e divulgazione nell’ambiente circumterrestre. La presentazione del CNS è fissata per martedì 14 luglio alla Reggia di Caserta, dove è esposto il veicolo sperimentale europeo IXV, nella sede dell’Associazione Arma Aeronautica con l’intervento del Presidente del CIRA e del Distretto Aerospaziale Campano, Luigi Carrino, e della direttrice dello United Nations Office for Outer Space, Simona Di Pippo, in collegamento via Skype.

La nascita del Center for Near Space intende incoraggiare anche in Italia l’accesso dei privati all’orbita terrestre, e in primo luogo all’area sub-orbitale per attività non solo di ricerca scientifica ma di sviluppo industriale e turismo spaziale, come primo passo per una space economy che possa trainare lo sviluppo economico nazionale ed europeo. Nel contempo si prefigge di avvicinare lo Spazio al grande pubblico, con una serie di iniziative per sensibilizzare le giovani generazioni, i cittadini e i decisori politici alla cultura spaziale.

gennaro_russo-638x425Il Center for Near Space è diretto da Gennaro “Rino” Russo, ingegnere aerospaziale con una lunga esperienza composta da dieci anni di lavoro nel settore della microgravità insieme al prof. Luigi G. Napolitano, e 25 anni al CIRA, il Centro Italiano di Ricerche Aerospaziali, dove ha diretto i programmi di trasporto spaziale. L’Italian Institute for the Future, presieduto da Roberto Paura, ha affidato a Rino Russo il compito di implementare e stimolare gli scenari di lungo termine dell’industria spaziale, con il proposito di aprire anche in Italia la nuova frontiera che mira all’accesso dei privati allo Spazio.

Il CNS sarà diviso in cinque linee strategiche, che porteranno avanti le attività previste nei settori della formazione e divulgazione, ma anche in quelli della ricerca: il CNS sosterrà il progetto Hyplane, un velivolo da turismo spaziale che può essere utilizzato anche come spazioplano ipersonico per collegare più velocemente punti distanti della Terra, sfruttando il volo parabolico, e avvierà una ricerca sulla realizzazione di infrastrutture spaziali nella fascia orbitale e sub-orbitale.

cns_logoIl CNS è il primo dei centri di competenza che l’IIF si appresta a lanciare nei prossimi mesi e anni. L’esigenza di strutturare in maniera più organica i diversi ambiti di azione e di ricerca dell’Istituto, che spaziano dall’economia alla politica internazionale, dallo sviluppo tecnologico all’innovazione sociale, era stata espressa fin dall’ultima assemblea sociale ed è stata assunta come priorità per l’anno 2014-2015, con l’istituzione dei primi tre centri di competenza: a settembre si aggiungeranno al CNS anche il Center for the Future of Europe e il Center for Economic Development and Social Change.

IXV in mostra alla Reggia di Caserta

IXV in mostra alla Reggia di Caserta

veicolo IXVGiovedì 2 luglio, nella prestigiosa cornice della Reggia di Caserta, il CIRA ha inaugurato lo stand che ospita la navicella IXV (Intermediate eXperimental Vehicle) dell’Agenzia Spaziale Europea, per illustrare al grande pubblico  i primi risultati della missione e con essi il contributo fondamentale apportato al progetto europeo dalla comunità scientifica e industriale italiana e, in particolare, il ruolo svolto dal CIRA.

Alla cerimonia di inaugurazione, insieme al Presidente del CIRA, Luigi Carrino, sono intervenuti il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston, il Presidente di Confindustria Caserta Luciano Morelli, il Presidente del Centro Altec di Torino, Massimo Grimaldi. Il taglio del nastro, affidato a Paola Mercogliano, una delle più giovani ricercatrici del team CIRA IXV, ha preceduto di una settimana la conferenza di Giorgio Tumino, Program Manager ESA del progetto IXV, sugli sviluppi futuri del velivolo spaziale, in occasione dell’Assemblea nazionale di Confindustria a Caserta.

La presenza di IXV a Caserta è il segno tangibile del desiderio del CIRA di condividere con il territorio i successi scientifici conseguiti a livello internazionale – ha dichiarato il Presidente del CIRA Luigi Carrino – IXV rappresenta il naturale proseguimento delle esperienze maturate dal CIRA con le due missioni eseguite nell’ambito del programma nazionale USV (Unmanned Space Vehicle) ed è la base di partenza per il programma PRIDE, sostenuto dall’ASI nel corso della Ministeriale ESA”.

Carrino e BattistonNella cornice della Reggia Venvitelliana, passato e futuro si fondono e dimostrano – ha ricordato il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston – come la nostra capacità di creare abbia potuto dare vita a eccezionali opere dell’ingegno. Non c’è quindi luogo più simbolico della Reggia per ospitare uno degli oggetti più tecnologici prodotti dal nostro paese. IXV è un elemento determinante per il successo dei futuri e ambiziosi progetti spaziali nei quali l’Europa, grazie all’Italia, è coinvolta. Questa strada passa anche da qui, nella provincia di Caserta, con il CIRA. Dobbiamo ringraziare tutta la nostra industria, il mondo della ricerca e, in particolare, il Cira per aver saputo, con il supporto dell’ASI, realizzare questa sfida. IXV è la conferma che quando facciamo sistema il successo è garantito”.

L’IXV rimarrà esposto alla Reggia fino al 25 luglio: si tratta della tappa più lunga nell’ambito del tour che il veicolo sta compiendo presso gli enti che hanno preso parte all’importante programma spaziale europeo. All’interno dello stand, realizzato dal CIRA in collaborazione con Confindustria e Camera di Commercio di Caserta, è stata ricreata, attraverso un impianto scenografico di luci e musiche, una suggestiva e coinvolgente ambientazione spaziale. Qui i visitatori possono osservare da vicino il veicolo spaziale sperimentale che l’11 febbraio scorso, lanciato dal vettore europeo VEGA, ha effettuato con successo la sua missione di rientro in atmosfera da orbita terrestre bassa (300 km). Un viaggio che IXV, pur riportando segni evidenti sulla superficie esterna, ha superato brillantemente, aprendo nuovi orizzonti al futuro sistema di trasporto spaziale europeo.

team CIRA IXVL’Italia attraverso l’ASI è stato in assoluto il paese che più ha contribuito al progetto IXV, la cui esecuzione è stata affidata ad un team di aziende e centri di ricerca guidato da Thales Alenia Space Italia. Significativo è stato il ruolo svolto dal CIRA durante tutte le fasi di sviluppo del progetto: dagli studi in materia di aerodinamica e aerotermodinamica, alle attività di qualifica del sistema di protezione termica, dall’integrazione di un prototipo in scala reale del velivolo IXV alla progettazione ed esecuzione del drop test da elicottero per la sperimentazione del sistema di discesa e di recupero. Ed anche nella fase di esecuzione della missione finale, ha fornito assistenza tecnica all’ESA attraverso la partecipazione di propri ricercatori al Team di Progetto impegnato nelle operazioni di lancio presso la Base di Kourou.

 

Il futuro dei satelliti per telecomunicazioni

Il futuro dei satelliti per telecomunicazioni

NEOSATL’Agenzia Spaziale Europea mira ad aiutare i costruttori europei di satelliti a catturare almeno la metà del mercato mondiale di comunicazione satellitare nel periodo 2018-2030 attraverso innovazione ed efficienza, generando vendite per 25 miliardi di Euro. Per perseguire l’obiettivo l’ESA ha promosso il programma NEOSAT che a sua volta rientra nel Programma ESA di Ricerca Avanzata in Sistemi di Telecomunicazione denominato ARTES (Advanced Research in Telecommunications Systems).

Il programma NEOSAT dell’ESA procede come previsto e le prime due piattaforme di telecomunicazione di prossima generazione sono in costruzione per essere lanciate nel 2019.

Dopo un anno di sforzi progettuali iniziali, l’ESA ha ricevuto proposte dai principali committenti – Airbus Defence & Space e Thales Alenia Space – relativamente al pieno sviluppo ed alla qualificazione delle nuove linee di piattaforme satellitari. NEOSAT supporta entrambe le società per la fornitura di satelliti commercialmente allettanti da 3 a 6 tonnellate, che rispondano alle necessità degli operatori del mercato – altamente competitivo a livello mondiale – delle comunicazioni satellitari.

Il programma include la validazione in orbita ed il cruciale “patrimonio di volo” per le nuove linee di piattaforme: Spacebus Neo da Thales Alenia Space e Eurostar Neo da Airbus.

Entrambi gli appaltatori principali stanno creando dei consorzi industriali in tutta Europa per sviluppare e fornire blocchi di costruzione per le linee con tecnologia innovativa. Il successo di queste nuove serie dipenderà dalla consegna puntuale sul mercato, al giusto prezzo. NEOSAT è gestito congiuntamente dall’ESA e dall’Agenzia Spaziale francese CNES con team integrati che seguono i diversi sviluppi di Airbus in Francia ed in Gran Bretagna, e di Thales Alenia Space in Francia, Gran Bretagna, Belgio e Italia.

Prima comunicazione quantistica via sat

Prima comunicazione quantistica via sat

satellite quantumUniversità di Padova  e Agenzia Spaziale Italiana hanno presentato i risultati dell’esperimento servito a dimostrare la fattibilità di comunicazioni sicure via satellite. La sperimentazione, effettuata a Matera nel Centro di Geodesia Spaziale dell’ASI utilizzando il Matera Laser Ranging Obsevatory, ha  dimostrato il mantenimento dello stato di un fotone su un canale di comunicazione, stabilendo un primato in termini di distanza e di sicurezza. Si tratta della prima comunicazione quantistica realizzata con un satellite. Lo studio dal titolo” Experimental satellite quantum communications”, condotto da un team coordinato dall’università di Padova, e pubblicato il 19 giugno sulla rivista Physical Review Letters, ha per autori Paolo Villoresi, docente di fisica sperimentale all’università patavina e coordinatore del gruppo di ricerca, e altri quattro ricercatori: il docente Giuseppe Vallone, Daniele Dequal  (assegnista post-doc), Davide Bacco (Dottorando CISAS fino al 2014) e Simone Gaiarin (assegnista di ricerca). Gli altri due autori della pubblicazione sono Giuseppe Bianco, direttore dell’osservatorio di Matera, e Vincenza Luceri, esperta di orbite nonché responsabile del gruppo e-GEOS del centro di Matera. Gli autori padovani fanno tutti parte del gruppo di ricerca che fa capo a QuantumFuture, uno dei dieci progetti strategici dell’università di Padova lanciati nel 2009.

Trasferire correttamente gli stati quantici e il loro contenuto di informazione è l’essenza della nuova linea di ricerca – commenta l’Università di Padova a margine dello studio – In questo modo si usa la meccanica quantistica, che descrive il mondo microscopico, per trasferire informazioni. “Questi studi rispondono alla richiesta sempre crescente della società di scambiare informazioni in modo sicuro, soprattutto a seguito dei massicci attacchi alla privacy degli ultimi anni”, spiega Paolo Villoresi, sul sito dell’ateneo. Un’esigenza per cui l’informazione quantistica può essere la soluzione: “I metodi utilizzati finora basano la loro sicurezza su complessi algoritmi matematici – aggiunge Villoresi –. In questo modo però sia il trasmettitore che il ricevente del messaggio devono essere già in possesso della chiave che permetta loro di codificare i messaggi e di decifrarli. La crittografia quantistica è invece l’unica tecnica che consente di scambiare una chiave crittografica sicura e privata a distanza, senza la necessità di accesso fisico al trasmettitore o al ricevitore”.

Questo può rivestire una grande importanza, per esempio, nelle comunicazioni spaziali, dove non è così facile portare in orbita una chiavetta Usb. “L’interesse però è rappresentato non solo dalla segretezza dell’informazione, ma anche dalla sua autenticità – continua lo studioso –. Si pensi ad esempio al nuovo sistema europeo satellitare di posizionamento satellitare globale Galileo, che presto estenderà le possibilità che ora sono offerte dal Global Positioning System (Gps) americano. Oppure, in un ambito completamente diverso, alle operazioni finanziarie, nelle quali è essenziale certificare l’istante esatto in cui avvengono”.

Per realizzare questa innovativa tecnica di comunicazione è necessario riuscire a trasmettere a grandi distanze singoli fotoni portati prima a un determinato stato quantistico. Finora i dispositivi commerciali che sfruttavano queste proprietà erano disponibili solo per collegamenti limitati (fino ai 200 chilometri) ed erano basati su fibra ottica; l’esperimento italiano è invece riuscito a effettuare una trasmissione di circa 1.700 chilometri, per la prima volta lungo un canale tra lo spazio e la Terra. Per l’esperimento sono stati utilizzati alcuni dei satelliti dedicati allo studio della geodesia terrestre, dotati di particolari retro-riflettori (corner cube), tramite i quali sono state simulate le funzioni di un trasmettitore quantistico in orbita. In questo modo il gruppo di ricerca è riuscito a ricreare una sorgente quantistica nello spazio, pur non essendo disponibile in orbita un satellite equipaggiato con un trasmettitore o ricevitore quantistico.

I primi risultati sono stati illustrati in una conferenza stampa dell’Agenzia spaziale italiana, con l’intervento del presidente Roberto Battiston, il quale ha confermato che, insieme all’Agenzia Spaziale Europea sarà sviluppata una road map per lo sviluppo delle comunicazioni quantistiche come settore strategico. Peraltro, dal 2013 il tema della comunicazione quantistica fa parte degli accordi bilaterali Italia-Usa per la collaborazione scientifica, e il 12 giugno scorso, nella sede dell’Ambasciata italiana a Washington, c’è stato il primo incontro bilaterale con molti ricercatori e decision-makers, che hanno tutti riconosciuto la valenza della collaborazione paritaria.

Ottica “made in Italy” per E-ELT

Ottica “made in Italy” per E-ELT

Artist’s impression of the E-ELT

Artist’s impression of the E-ELT

Il Finance Committee dell’European Southern Observatory (ESO) ha firmato presso la sede di Monaco in Germania il contratto per la realizzazione di MAORY (Multi-conjugate Adaptive Optics RelaY), uno dei primi tre strumenti che equipaggeranno il grande telescopio E-ELT, lo European Extremely Large Telescope in costruzione sulle Ande cilene. L’Istituto Nazionale di Astrofisica, che guida il progetto MAORY, riceve così da ESO un finanziamento di 18,5 milioni di euro per costruire un componente fondamentale di E-ELT, che permetterà di sfruttare appieno le potenzialità del suo gigantesco specchio principale, del diametro di ben 39 metri. MAORY è infatti un sofisticato sistema di ottica adattiva multiconiugata, pensato per annullare gli effetti negativi sulle riprese astronomiche prodotti dalla turbolenza atmosferica e restituire immagini con un altissimo livello di dettaglio.

«E’ un altro gran bel successo per l’astronomia italiana e per l’INAF» commenta Giovanni Bignami, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. «MAORY è uno strumento che siamo riusciti ad ottenere anche grazie al finanziamento del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca tramite un progetto premiale INAF biennale, che ha permesso di supportare il team scientifico italiano coinvolto nello sviluppo del sistema di ottica adattiva per E-ELT. Dal punto di vista globale, il ritorno con questo contratto per l’INAF e ovviamente per l’industria italiana è ben maggiore di quello che abbiamo investito, e anche di questo ne siamo molto fieri».

MAORY sfrutta una costellazione di stelle artificiali prodotte tramite raggi laser puntati verso il cielo. Il suo sensore di fronte d’onda, lo LGS Wave Front Sensor, analizza la luce di queste stelle artificiali che, da circa 90 km di altitudine, torna a Terra. Lo strumento, osservando oltre le stelle artificiali anche alcune sorgenti celesti naturali, riconosce le deformazioni sulle onde luminose indotte dalla turbolenza degli strati d’aria presenti sopra il telescopio e quindi impartisce in tempo reale i comandi per modellare opportunamente gli specchi di MAORY e restituire così riprese astronomiche praticamente perfette. Questi specchi adattivi sono basati sulla tecnologia “voice-coil motor”, sviluppata nell’ambito di una collaborazione tra INAF e l’industria italiana.

«Grazie all’utilizzo di stelle artificiali e di specchi adattivi multipli, da cui l’appellativo “multi-coniugata” attribuito a questa tecnica di ottica adattiva, MAORY riuscirà a compensare gli effetti della turbolenza atmosferica su un ampio campo di vista e sulla quasi totalità del cielo osservabile con E-ELT» spiega Emiliano Diolaiti dell’INAF, Principal Investigator del progetto MAORY. «La fase di progettazione concettuale dello strumento è stata completata positivamente oltre 5 anni fa: è davvero entusiasmante pensare che ora il progetto MAORY è pronto per ripartire».

La ratifica del contratto per la realizzazione di MAORY da parte del Finance Committee di ESO è l’ulteriore conferma delle competenze scientifiche e tecnologiche di eccellenza  raggiunte dall’INAF nel campo dei sistemi di ottica adattiva per telescopi terrestri di grande taglia, frutto degli sviluppi ottenuti negli ultimi 15 anni. Strumenti ‘made in INAF’ che utilizzano queste competenze sono già operativi con successo sul Multi Mirror Telescope (MMT), sul Telescopio Nazionale Galileo (TNG) e sul Large Binocular Telescope in Arizona. Altri telescopi della classe 8 metri – ovvero la misura del diametro del loro specchio principale – hanno attualmente in sviluppo sistemi adattivi equivalenti: Il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO, con la Adaptive Optics Facility, e il telescopio Magellan, con il suo sistema adattivo nella banda della luce visibile.

 

Artist’s impression of the European Extremely Large Telescope deploying lasers for adaptive optics

Artist’s impression of the European Extremely Large Telescope deploying lasers for adaptive optics

Il telescopio E-ELT

Il progetto E-ELT prevede la realizzazione di un telescopio a terra con uno specchio primario composito del diametro di 39 metri che lo porterà ad essere il più grande telescopio al mondo nella banda della radiazione visibile e del vicino-infrarosso. E-ELT verrà costruito sulle Ande cilene, a oltre 3000 metri di quota, sulla sommità del Cerro Armazones, distante circa 20 chilometri dal Cerro Paranal, che già ospita il Very Large Telescope dell’ESO. L’impegno economico per la realizzazione di questo ambizioso telescopio verrà distribuito tra tutti i membri dell’ESO, per un importo complessivo a lavori ultimati di 1,083 miliardi di euro (stime del 2012). Con la sua entrata in funzione, prevista all’inizio della prossima decade, l’E-ELT affronterà i più affascinanti ed enigmatici argomenti dell’astrofisica contemporanea e mirerà a ottenere un considerevole numero di primati, fra cui quello di riuscire a identificare pianeti simili alla Terra nelle “zone abitabili”, cioè quelle che permettono la formazione della vita, intorno ad altre stelle. Effettuerà anche studi di “archeologia stellare” nelle galassie vicine e darà contributi fondamentali alla cosmologia, misurando le proprietà delle prime stelle e galassie, investigando la natura della materia oscura e dell’energia oscura.

 

In evidenza: rappresentazione artistica del telescopio E-ELT – Crediti: ESO

Nella seconda immagine: il telescopio E-ELT con in funzione i fasci laser del suo sistema di ottica adattiva – Crediti: ESO/L. Calçada/N. Risinger

 

 

Dragon 2: sistema di salvataggio ok

Dragon 2: sistema di salvataggio ok

pad_abort_superwide_1L’azienda spaziale privata americana SpaceX ha eseguito con successo il test sul sistema di salvataggio della capsula Dragon 2, che a partire dal 2017 dovrà consentire alla NASA di tornare a disporre di un proprio veicolo spaziale dedicato ai voli umani. Spinta dagli otto motori del razzo SuperDraco, rimasti accesi per soli 5 secondi, la capsula Dragon 2 si è sollevata dal complesso di lancio 40 nella base di Cape Canaveral e dopo 25 secondi, alla quota di 1.500 metri, si è sganciata dal suo truck (il modulo cilindrico di servizio), ha visto aprirsi i paracadute (due di frenata e stabilizzazione e poi i tre principali che ne hanno rallentato la discesa) effettuando lo splashdown nelle acque antistanti la costa della Florida.

splashdownIl test sul sistema di salvataggio è un passaggio fondamentale verso la qualifica del veicolo, destinato a trasportare sette astronauti, e presenta una novità fondamentale. I sistemi tradizionali di aborto al lancio (che hanno caratterizzato le navicelle Apollo, sono tuttora applicati alle Soyuz e previste anche per il programma Orion) vengono propulsi da un razzo montato sulla sommità del veicolo spaziale. In caso di emergenza, il motore posto sulla sommità della torre si accende nel giro di pochi secondi allontanando e mettendo in sicurezza il veicolo e il suo equipaggio. Tuttavia, questo sistema può essere utilizzato quando il veicolo spaziale è ancora sulla rampa di lancio e nei primi minuti della fase di spinta, dopodiché deve essere sganciato. Il sistema di aborto al lancio sviluppato aa SpaceX, è integrato direttamente nella capsula Dragon 2 e può funzionare fino all’arrivo in orbita. A bordo della Dragon 2, durante il test, è stato posto un manichino allo scopo di registrare le sollecitazioni a cui sarebbero sottoposti i componenti l’equipaggio in caso di aborto del lancio. Dragon 2 è destinata a trasportare gli astronauti verso la Stazione Spaziale Internazionale, sostituendo lo Space Shuttle pensionato nel 2011.

Guarda la sequenza di lancio e ammaraggio