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NASASpaceApps alla vicentina

NASASpaceApps alla vicentina

Il rappresentante della NASA in Europa, Timothy Ryan Tawney, ha presentato al Teatro Olimpico di Vicenza l’edizione 2017 di NASASpaceApps, ospitata per la prima volta nella città veneta che affianca le tradizionali location di Roma, Napoli, Torino e Milano. SPACE APPS CHALLENGE, il più grande hackathon mondiale promosso e organizzato dalla NASA a partire dal 2012, si tiene il 29 e 30 aprile contemporaneamente in oltre 200 città del mondo ed è dedicato alle scienze della Terra.

Fin dalla sua prima edizione nel 2012 Space Apps Challenge, un progetto della Divisione Scienze della Terra della NASA, è diventato il più grande hackathon mondiale, in grado di coinvolgere migliaia di partecipanti ogni anno in tutto il mondo, cittadini che lavorano con la NASA per ideare grazie all’accesso a dati open source soluzioni innovative per affrontare le sfide che si pongono alla vita sulla Terra e all’esplorazione dello spazio. Space Apps richiama comunità di innovatori locali che si riuniscono in diverse città dei sei continenti per avere idee e creare soluzioni. Team di esperti di tecnologia, scienziati, studenti, imprenditori, mentori lavorano insieme per 48 ore utilizzando I dati messia disposizione dalla NASA per trovare risposte alle sfide più pressanti poste al nostro Pianeta. La prima edizione di Space Apps Vicenza è il risultato della proficua cooperazione tra Comune, Consolato Generale degli Stati Uniti a Milano, Confartigianato Vicenza e Fondazione Studi Universitari.

L’evento vicentino, ospitato presso la sede dell’Università a Vicenza, ha riscosso un immediato successo e conta già oltre 160 partecipanti. Per prendervi parte non ci sono limiti di età, né sono richiesti profili particolari: è fondamentale una propensione alle nuove tecnologie e alla creatività (tra gli iscritti figurano ad esempio anche un biologo molecolare e un veterinario, oltre a imprenditori di startup, ricercatori, professionisti, universitari). Cinque gli istituti vicentini che hanno aderito all’iniziativa (Istituto Tecnico Industriale “Rossi”, I.P.S.I.A. “Lampertico”, Istituto Tecnico Tecnologico e Liceo Artistico “Canova” e Liceo “Fogazzaro” di Vicenza, Istituto Tecnico Industriale “De Pretto” di Schio) i cui studenti, assieme a quelli della High School della base americana di Vicenza, andranno a formare squadre miste con un massimo di sei componenti.

Space Apps prende il via alle ore 8 di sabato 29 aprile per terminare alle 18.30 di domenica 30 aprile. Timothy Tawney ha spiegato che l’intento della NASA nell’organizzare Space Apps Challenge è stato quello di “coinvolgere una vasta comunità nella riflessione su come lo spazio può contribuire alla vita quotidiana sulla terra. Space Apps Challenge unisce la tecnologia e gli open data raccolti dalle missioni e resi disponibili dalla NASA con il talento e l’abilità di volontari sparsi in tutto il mondo allo scopo di far progredire l’esplorazione dello spazio e migliorare la qualità della vita sulla Terra.”

 

I 50 anni del San Marco B

I 50 anni del San Marco B

Mercoledì 26 aprile il Centro Ricerca Aerospaziale dell’Università La Sapienza, diretto da Marcello Onofri, ha celebrato il cinquantesimo anniversario del primo lancio in orbita di un satellite italiano dalla base spaziale San Marco di Malindi. Il “San Marco 2” fu lanciato dal team del professor Luigi Broglio, ideatore della base omonima, il 26 aprile 1967, con al suo fianco il professor Carlo Buongiorno e alla presenza di una serie di tecnici italiani. Il satellite San Marco B permise all’Italia di diventare il terzo Paese, dopo URSS e USA, ad acquisire la capacità di mettere in orbita un proprio oggetto artificiale. “We have all green lights!” fu la frase che aprì la via al successo dell’Italia spaziale. La costruzione della base di lancio a Malindi nel 1967 si configura come un evento epico della storia spaziale. Prima base al mondo su piattaforma oceanica di lancio, realizzata in soli due anni da un manipolo di docenti universitari ed ufficiali dell’Aeronautica con pochi mezzi, semplici tecnologie e in un ambiente poco noto ai protagonisti. Il lancio del 26 aprile 1967 rappresentò in assoluto anche il primo lancio spaziale su piano equatoriale ed è evento che va ricordato e celebrato con orgoglio. Il cinquantennale di quel lancio ha rappresentato l’occasione per valutare i progressi che il mondo scientifico e industriale italiano ha compiuto in mezzo secolo, fino a collocare il Paese in posizione di leadership in molte attività europee su lanciatori, veicoli di rientro, satelliti, missioni Interplanetarie. Per questo la ricorrenza ha dato vita al convegno sul tema “L’Italia dal Progetto San Marco alla Space Economy”.

Il professor Onofri ha ricordato come in poco meno di due anni si è realizzato il progetto del professore Broglio, supportato da 117 persone e in un contesto operativo difficile, di costruire un centro spaziale davanti alle coste di Malindi e un segmento di terra, con la relativa capacità di integrare il satellite nel lanciatore statunitense Scout. La storia del lancio del Satellite San Marco B è un momento di orgoglio per la ricerca scientifica aerospaziale italiana. Una bella favola che ripercorre una sorprendente impresa della nostra storia recente realizzata con grande passione e con le caratteristiche tipiche dell’approccio italiano, difficilmente replicabile in altre nazioni. Da lì è partito tutto, come hanno riconosciuto i rappresentanti dell’industria aerospaziale italiana, dell’Aeronautica Militare, dell’università, dalle Agenzie Spaziali Italiana ed Europea, della NASA in Europa e della cabina di regia sullo spazio presso la presidenza del Consiglio dei Ministri.

“Nel mezzo secolo dal lancio del San Marco B, esperienza di enorme grandezza tecnica e scientifica, abbiamo fatto tesoro delle temerarietà e tenacia dei protagonisti di allora, imparando a coniugare capacità e competenza, facendo dello spazio un settore di successo che ha saputo trasformare la ricerca in questo campo in un grande valore economico – ha detto il presidente dell’ASI, Roberto Battiston – La vitalità della nostra ricerca e della nostra industria si stanno rafforzando grazie a una lungimiranza politica degli ultimi anni che ci ha spianato la strada al futuro dell’Italia nello Spazio. Siamo pronti ad affrontare le sfide della Space Economy. Oggi l’Europa ha bisogno di coesione forte. E cosa può unire di più l’Europa oltre la moneta unica – ha proseguito Battiston – se non lo Spazio? Oggi l’Europa così come ha beneficiato dell’euro, ha le infrastrutture spaziali come elementi unificanti. Questo la proietta nel contesto internazionale grazie anche alla Space Diplomacy. In questo senso è Galileo uno strumento molto importante: finora abbiamo in orbita 18 satelliti, tra 3 o 4 anni la costellazione del sistema di navigazione europeo sarà completa, rendendo l’Europa ancora piu’ competitiva”.

A unire il passato illustre del San Marco con il presente è certamente VEGA. L’Italia ha saputo in questi decenni restare ai massimi livelli nel settore dei lanciatori con il programma VEGA. Di ideazione e progettazione italiana, il lanciatore oggi completa la gamma dell’offerta dell’ESA nella messa in orbita dei satelliti. Un’offerta competitiva e tecnologicamente all’avanguardia. Il 50ennale del lancio di San Marco ha permesso di ricordare anche un’altra importante tappa, di mezzo secolo dopo, vale a dire il volo del primo astronauta italiano nello Spazio, Franco Malerba, il quale ha ripercorso la missione STS-46 iniziata il 31 Luglio 1992 a bordo dello shuttle Atlantis e basata sull’esperimento con il satellite italiano Tethered.

Space Girls Space Women

Space Girls Space Women

Migliaia le donne operano nel settore spaziale, poche quelle poste ai vertici di enti e società del settore. Una mostra fotografica, dal titolo “Space Girls Space Women – Lo Spazio visto dalle Donne”, allestita al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, rende omaggio al contributo che l’universo femminile riserva alle attività spaziali nell’anno in cui si celebrano i 60 anni dell’era astronautica. Se il mondo del cinema ha dedicato una intensa pellicola (Hiddens Figures, Il diritto di contare) a tre scienziate di colore che hanno permesso agli Stati Uniti e alla Nasa di mettere in orbita i loro primi astronauti, la mostra per immagini fissa in modo saliente donne impegnare nelle rispettive attività di ricerca, tecnologiche, di training, oppure nei ruoli di rappresentanza e di guida delle missioni. Tra i 60 scatti che compongono la mostra, voluta dall’Agenzia Spaziale Italiana che ne ospiterà una parallela nella sede di Tor Vergata a Roma a partire dal mese di maggio, ci sono i volti di Amalia Ercoli Finzi, la signora italiana dello Spazio che ha ideato il trapano per il carotaggio della cometa 67P, l’astronauta Samantha Cristoforetti, diventata la donna che ha trascorso più giorni in orbita, Simonetta Di Pippo, direttore dell’ufficio per gli affari dello spazio extra-atmosferico.

Accompagnata da un’app multimediale per smartphone e iPhone con quiz, testimonianze e giochi educativi, la mostra nasce grazie all’agenzia fotografica SIPA PRESS, da un’idea e dalla collaborazione tra la consulente e astrofisica Fiorella Coliolo e il direttore di produzione Benoit Delplanque. Tale progetto è stato reso possibile grazie all’Agenzia Spaziale Europea (ESA), partner fondatore del progetto, e al supporto di altre istituzioni europee.

Da Nairobi a Mosca, da Bangalore a Monaco, da Milano a Colonia fino al deserto dell’Atacama si narra del punto di vista femminile dello spazio, di oggi e di quello di domani. Un’originale esposizione fotografica e multimediale per mostrare il nuovo spirito della ‘Conquista’ spaziale delle donne.

Space Girls Space Women è un progetto, umano e visuale, che attraverso la foto, mira a promuovere il ruolo delle donne nel settore spaziale, a stimolare l’interesse delle giovani generazioni alle materie STEM (science, technology, engineering e mathematics), a mostrare la varietà dei mestieri nel settore spaziale ed a promuovere i progetti spaziali italiani ed europei.

“La scelta di proporre anche in Italia la mostra fotografica – ha sottolineato il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Italiana, Anna Sirica – rientra nell’obiettivo di ampliare quanto più possibile la conoscenza dello Spazio e di permettere alle donne di avere una maggiore consapevolezza delle possibilità del loro ruolo nella Ricerca. Vogliamo inviare – ha prosegue la Sirica – un messaggio a un mondo che sembra non evolvere nella parità di genere, altrettanto in fretta quanto i risultati scientifici e tecnologici che sa raggiungere. In Italia la differenza di genere è ancora un problema, anche nel mondo della ricerca. Ed è un paradosso perché nella ricerca della conoscenza non dovrebbe esistere distinzione tra uomo e donna, perché è il merito che fa progredire e affrontare sempre nuove frontiere. E la ricerca della conoscenza non ragiona di distinzione di genere, ma di qualità ’.

“Il Museo ha scelto di ospitare questa mostra perché incrocia tre nostri punti di lavoro – ha dichiarato Fiorenzo Galli, Direttore Generale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia – L’attenzione ai temi dello Spazio e alle attività di ESA e ASI, attraverso le mostre temporanee, i weekend speciali e gli incontri con esperti, che integrano l’esposizione permanente. La sensibilità verso l’inclusione di genere nelle STEM tramite attività e format originali, in collaborazione con l’industria, la ricerca e la scuola, che si concretizza nel progetto europeo Hypatia, di cui il Museo è hub per l’Italia. L’uso di linguaggi diversi come la fotografia, l’arte contemporanea, il cinema, per rappresentare e raccontare personalità e visioni della scienza contemporanea. Tutto questo inoltre è in sintonia con la dedica del Comune di Milano del mese di aprile a #STEMintheCity, un programma di eventi per supportare le carriere scientifiche delle ragazze”.

La mostra, inserita nel programma del Milano Photofestival 2017, sarà aperta al pubblico fino al 20 giugno 2017. La visita è compresa nel biglietto d’ingresso al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano.

(nella foto in evidenza: la 13enne Mihaela al Campo Spaziale di Izmir in Turchia – credit: SIPA PRESS – ASI- ESA)

Life thriller marziano

Life thriller marziano

C’è vita su Marte, ma si scopre che essa ci è ostile. Una trama che richiama la saga di Alien, pellicola fantascientifica cult degli anni ’80 firmata da Ridley Scott, quella del film “Life – Non oltrepassare il limite”, in uscita il 23 marzo nelle sale cinematografiche, proiettato in anteprima nell’auditorium dell’Agenzia Spaziale Italiana a Roma e servito soprattutto a fare il punto sui programmi di ricerca della vita al di fuori della terra e la vita terrestre nello spazio, in un dibattito che ha preceduto la visione e ha visto protagonisti l’astronauta Paolo Nespoli, in collegamento da Houston dove sta preparando la missione VITA, Barbara Negri, responsabile dell’Osservazione dell’Universo, e Gabriele Mascetti, responsabile del Volo Umano dell’ASI, coordinati da Andrea Zanini. I contenuti reali di natura scientifica fanno i conti con la trama del film, per la regia di Daniel Espinosa, regista svedese trapiantato a Hollywood, inserito nelle categorie thriller e fantascienza.

L’equipaggio di una stazione spaziale internazionale sta per tornare sulla terra, forte di una scoperta sensazionale: un campione che prova l’esistenza della vita extraterrestre su Marte. Al sicuro in una “incubatrice”, la neonata forma di vita raccolta sul pianeta rosso cresce a vista d’occhio, rivelandosi più intelligente e pericolosa di quanto il gruppo di astronauti pensasse. Di fronte alla minaccia che l’organismo alieno, battezzato Calvin, inizia a rappresentare per l’umanità intera, un pugno di uomini alla deriva nello spazio si prepara ad annientarlo prima che sbarchi sulla Terra. L’idea di base del film è nata il giorno in cui Mars Curiosity è atterrato su Marte, a partire dalla domanda: “cosa sarebbe successo se il rover avesse scoperto un organismo monocellulare vivente e lo avesse riportato nella Stazione Spaziale Internazionale per analizzarla?”. Per ricreare il mondo realistico della stazione spaziale internazionale, e per fare in modo che la nuova forma di vita fosse originale ma verosimile, sono stati consultati esperti di medicina spaziale e altri scienziati. In particolare il Dott. Adam Rutherford, genetista che ha pubblicato importanti libri sull’argomento, sebbene abbia escluso la possibilità della presenza di vita su Marte, ha suggerito l’idea di un alieno ibernato sotto la superficie del pianeta stesso. Per lo sviluppo della creatura “Calvin”, sempre Rutherford ha pensato a un fungo mucillaginoso, struttura monocellulare che si moltiplica e stratifica. Molte delle persone che si sono occupate degli effetti e delle scenografie avevano già lavorato per Gravity, Interstellar e Sopravvissuto – The Martian. L’elemento forse più fantascientifico del film è la creazione del modulo Harmony, un dormitorio spaziale con brandine personalizzate per i singoli componenti dell’equipaggio. In realtà, gli astronauti della stazione spaziale internazionale dormono in un sacco a pelo attaccato al muro con il velcro. Per imparare a “fluttuare”, prima dell’inizio delle riprese gli attori si sono allenati ogni giorno con la squadra stunt a utilizzare il sistema di cavi e imbracature con i quali si sarebbero dovuti muovere, ma hanno usato anche diversi attrezzi e modi per imitare al meglio l’assenza di gravità.

 

14 marzo Pi Greco Day

14 marzo Pi Greco Day

Il 14 marzo si celebra il Pi Greco Day, la festa dedicata al numero che esprime il rapporto tra la circonferenza e il suo diametro: 3,14. Probabilmente noto a pochi, pi greco è fondamentale nella gestione delle missioni spaziali dedicate all’esplorazione di Marte. Anche la Nasa, infatti, come ogni anno celebra il principe dei numeri e punto di riferimento matematico. Conosciuto con il simbolo “π”, il Pi greco gode della ricorrenza in suo onore a partire dal 1988 per iniziativa del museo Exploratorium di San Francisco. La data del Pi Greco Day è stata scelta perché nel sistema anglosassone il 14 marzo si scrive con il mese che precede il giorno: 03.14 e corrisponde al valore del π, simbolo che permette di calcolare perimetro, area, raggio di un cerchio nei problemi matematici. La ricorrenza serve anche a ricordare l’importanza della matematica nella conquista dello spazio. Scienziati e tecnici del Jet Propulsion Laboratory della NASA usano il pi greco ogni giorno per comandare i rover su Marte e per misurare l’ampiezza dei crateri sulla superficie del Pianeta Rosso. La NASA propone abitualmente quesiti da risolvere usando il pi greco.

 

 

Torino un aeroporto spaziale

Torino un aeroporto spaziale

L’Aeroporto di Torino ospita un percorso espositivo su programmi spaziali di successo, realizzato in collaborazione con Thales Alenia Space. In questo modo si vuole celebrare Torino come città dello Spazio. Nell’aerostazione sono esposti IXV (Intermediate Experimental Vehicle), il dimostratore di rientro atmosferico europeo ed ExoMars, il programma europeo di esplorazione del pianeta Marte. Il percorso espositivo, inaugurato venerdì 3 marzo alla presenza degli amministratori delegati di Thales Alenia Space Italia, Donato Amoroso, e di SAGAT, Roberto Barbieri, e del Sindaco di Torino, Chiara Appendino, mira ad esaltare la vocazione scientifico-tecnologica patrimonio della città della Mole Antonelliana, passa attraverso il veicolo sperimentale di IXV, che ha realmente testato in volo il rientro atmosferico e si conclude nell’area interamente dedicata a Marte, dove è riprodotta la missione ExoMars che ha portato l’Europa e l’Italia sul pianeta rosso. I modelli in esposizione sono esempi di sfide di successo nelle quali Thales Alenia Space ha, e continuerà ad avere in futuro, un ruolo di primo piano, grazie all’esperienza e all’alta tecnologia che più la caratterizza. “Sono particolarmente orgoglioso di celebrare, oggi, il profondo legame tra la nostra azienda e Torino – ha affermato Donato Amoroso, Amministratore Delegato di Thales Alenia Space Italia – “L’idea di installare un percorso espositivo in uno dei punti nevralgici e strategici della città come l’aeroporto, nasce proprio con l’obiettivo di raccontare quanto l’industria spaziale sia una realtà industriale perfettamente inserita nel tessuto produttivo, economico e sociale del capoluogo piemontese”. Radicato nel territorio da oltre quarant’anni, lo stabilimento Thales Alenia Space di Torino, con un’area di oltre 50.000 metri quadrati tra laboratori, camere pulite ed aree di produzione, vanta un alto livello produttivo testimoniato dalla partecipazione alle maggiori missioni scientifiche e d’esplorazione del Sistema Solare, alla costruzione dei moduli della Stazione Spaziale Internazionale, e allo sviluppo dei veicoli da rientro atmosferico europei.

Presente nel capoluogo piemontese anche ALTEC – Aerospace Logistics Technology EngineeringCompany – Thales Alenia Space Italia (63,75%) e Agenzia Spaziale Italiana (36,25%), il centro di eccellenza italiano per la fornitura di servizi ingegneristici e logistici a supporto delle operazioni e dell’utilizzazione della Stazione Spaziale Internazionale e dello sviluppo e della realizzazione delle missioni di esplorazione planetaria. ExoMars è il programma frutto della cooperazione tra l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) l’Agenzia Spaziale Russa (Roscosmos) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Thales Alenia Space Italia è Prime Contractor del Programma responsabile dell’ intera progettazione delle due missioni 2016 – 2020, a capo di un consorzio industriale europeo. Nel 2020 sarà inviato sul pianeta rosso un rover che esplorerà la superficie marziana per 218 giorni marziani, circa 230 giorni terrestri e attraverso una speciale trivella, realizzata da Leonardo sarà possibile scavare nel sottosuolo del pianeta ad una profondità di due metri alla ricerca di tracce vita passate o presenti. Per la missione 2020 la società ALTEC è responsabile della progettazione, sviluppo e manutenzione del ROCC (Rover Operation Center) e del controllo di tutte le operazioni del Rover sulla superficie di Marte. IXV, è il dimostratore di rientro atmosferico dell’ESA sviluppato da Thales Alenia Space, lanciato con successo nel 2015, con il vettore europeo VEGA. La missione IXV ha previsto anche lo sviluppo del Mission Control Center presso il centro Altec di Torino. Grazie alle tecnologie testate con IXV, Thales Alenia Space sta lavorando alla realizzazione del suo successore, Space Rider, una sorta di mini shuttle automatico in grado di essere recuperato insieme al suo carico utile e riutilizzati nelle successive missioni.