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Astronaut-Tim-PeakeIl 17 dicembre 2015, durante la permanenza del primo astronauta britannico Tim Peake sulla Stazione Spaziale Internazionale, il noto editorialista del Guardian Simon Jenkins ha sollevato una serie di critiche al governo di Londra nei confronti dei voli umani verso lo spazio, sostenendo in sintesi che i fondi pubblici destinati allo spazio sono molto alti e troppo spesso destinati ad alimentare la vanità più che i bisogni.

Non v’è dubbio che le attività spaziali, come oggi concepite, siano sostanzialmente viste come gesti pionieristici con lo scopo di spostare un po’ più in là l’orizzonte dell’umanità, e percepite, e talvolta utilizzate, come veri e propri strumenti politici. L’impresa di Tim Peake è ritenuta “eroica” nel Regno Unito, mentre gli italiani hanno familiarizzato con astroLuca e astroSamantha. Al di là del clamore e dell’interesse che le varie missioni possono suscitare grazie alle azioni specifiche degli enti spaziali, richiamando così l’attenzione dell’opinione pubblica sui loro programmi anche per trovare il necessario consenso e puntare al consolidamento del budget, il vero obiettivo dovrebbe essere rappresentato dalla consapevolezza che occorre rendere lo spazio davvero possibile per tutti. Le oltre 600 persone andate nello spazio nei circa 60 anni di era astronautica non possono bastare a sostenere il concetto di Quarto Ambiente, di cui si parla da tre decenni. E’ giunto il momento che le attività spaziali diventino parte integrante della vita quotidiana e questo richiede la più ampia apertura del settore ai privati, così come sta accadendo negli Stati Uniti da qualche anno.

UK Space AgencyJenkins in effetti dichiara anche di esser stato allettato dall’idea di acquistare un biglietto per un volo suborbitale sulla SpaceShipTwo di Virgin Galactic, desistendo poi quando ha percepito con non poca superficialità che i livelli di sicurezza garantiti sono all’incirca quelli del bungee jumping. Appare evidente che la sicurezza offerta inizialmente da sistemi rivoluzionari sia minore di quella di sistemi consolidati; tuttavia, solo sviluppando nuovi sistemi e la tecnologia che li accompagna si potrà arrivare ad un’affidabilità paragonabile a quella dell’attuale aviazione commerciale. Un esempio è rappresentato dal progetto Hyplane sostenuto dal Center for Near Space. Un piccolo velivolo ipersonico in grado di realizzare indifferentemente due missioni diverse: un volo di crociera intercontinentale a 30 km di quota e un volo spaziale suborbitale fino a 100 km. E’ inimmaginabile vedere concretizzato tale progetto senza investitori privati, in grado di valutare il business plan e puntare al suo sviluppo per il recupero degli investimenti prima e il vero guadagno poi.

Anni fa l’Agenzia Spaziale Italiana costituì un gruppo di lavoro per valutare la possibilità che l’Italia sviluppasse una propria ed indipendente missione automatica (senza uomo a bordo) verso la Luna. Il risultato fu la fattibilità tecnica ma la totale inopportunità dato che per diversi anni tutti i fondi governativi avrebbero dovuto essere destinati all’impresa. Allo stesso modo, da tempo si parla di una missione umana su Marte e se ne stima il costo in 1.5 trilioni di dollari; tenuto conto che la somma dei budget di tutte le agenzie spaziali del mondo vale circa 50 miliardi di dollari all’anno, occorrerebbero circa 30 anni per realizzare questo sogno, ma togliendo risorse ad ogni altra iniziativa.

Detto che realizzare un km di autostrada costa mediamente tra i 10 ed i 35 M€ (la variante di valico inaugurata pochi giorni fa è costata 67 M€/km!), il budget annuo dell’Agenzia Spaziale Italiana equivale a circa 25 km di autostrada o, se si vuole, a un caffè al mese per ogni italiano! I cittadini europei pagano un po’ meno, un caffè ogni due mesi, data la presenza di molti Stati che investono meno dell’Italia. Non è difficile quindi convincersi di come dopo tutto i budget spaziali siano ridotti, a differenza di quanto il cittadino creda. Per contro, quello stesso cittadino non sempre si rende conto che una quantità di cose che lo circondano, e che usa quotidianamente, si basa su tecnologia spaziale: velcro, pennarello, pentola antiaderente, microprocessore, telefono cellulare, TV satellitare, sistemi di geo-posizionamento, previsioni meteorologiche, joystick, tessuti tecnici per tute sportive (gore-tex) o indumenti ignifughi (nomex) o coperte termiche (mylar), solo per citarne alcuni. In sintesi, Jenkins è del tutto fuori strada quando fa rilevare come i fondi spesi per missioni spaziali abbiano più l’aspetto della “vanity fair” che una reale esigenza della popolazione.

Hyplane-Artistic-ViewEppure, come dicevamo, questi preziosi fondi non bastano perché lo Spazio possa a tutti gli effetti diventare parte integrante del mondo in cui viviamo. L’utilizzazione massiccia della risorsa Spazio porterà incommensurabili benefici sulla Terra, ma perché ciò avvenga occorrono investimenti ben superiori a quelli che tutti i governi insieme potrebbero mai accollarsi. Per questo motivo il CNS promuove l’allargamento ai privati del mondo spaziale, sia per aumentare la conoscenza e la consapevolezza delle ricadute tecnologiche, sia per un ampio coinvolgimento di industriali ed investitori in genere. In tale visione rientra il progetto OrbiTecture, proposto dal CNS e orientato allo studio di un nodo infrastrutturale di futura generazione che, collocato in un punto dello spazio geo-lunare, possa vedere la presenza continua di molte decine di persone e garantire le funzioni di molo di attracco, hangar di manutenzione ed integrazione, laboratorio scientifico e abitazione (resort e/o hotel). Al progetto OrbiTecture si lega anche il Concorso di Idee FLOR2050 dedicato agli studenti delle scuole superiori di ogni tipo per far emergere nuove visioni e caratterizzazioni della funzione Resort.

Rino Russo

Direttore Center for Near Space

Vincenzo Torre

Vicedirettore Center for Near Space