Il 28 novembre 1983 prendeva il via la missione STS-9 del programma Space Shuttle, che segnò l’esordio del laboratorio spaziale europeo Spacelab collocato nella stiva della navetta Columbia e permise di condurre esperimenti in condizioni di microgravità in un ambiente dedicato. Tra questi figurava lo studio sull’effetto Marangoni, ideato e promosso dall’equipe dell’Istituto di Aerodinamica della facoltà di ingegneria aerospaziale dell’Università Federico II di Napoli, guidata dal prof. Luigi Gerardo Napolitano in qualità di principal investigator con il prof. Rodolfo Monti in veste di co-investigator, ed eseguito dall’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea Ulf Merbold, specialista del carico utile e primo tedesco in orbita. L’attenzione si concentrava sul comportamento dei fluidi quando la forza di gravità non scompare del tutto ma si riduce a valori nell’ordine di un decimillesimo di quella che si registra sulla superficie terrestre. Valori impercettibili ma tali da influenzare qualsiasi tipo di esperimento di fluido dinamica. Attraverso lo strumento Fluid physics module (modulo per la fisica dei fluidi) venne dimostrato come l’effetto Marangoni permetta la costruzione «di ponti liquidi considerevolmente più alti che sulla Terra», un fenomeno prezioso ai fini dello sfruttamento delle condizioni spaziali per produrre nuovi materiali.
Lo studio sull’influenza dell’effetto Marangoni, che sarebbe stato ripetuto nel corso della missione Spacelab D-1 del 1985 a bordo della space shuttle Challenger, fu preceduto da una attività sperimentale prepedeutica, condotta parallelamente a simulazioni numeriche, per individuare fluidi dalle particolari proprietà di tensione superficiale, in modo da migliorarne le prestazioni, soprattutto in condizioni di microgravità. La missione Spacelab 1, realizzata con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana, fu apripista della lunga serie di attività sperimentali in orbita a valenza multidisciplinare, oggi condotte in modo permanente a bordo della Stazionale Spaziale Internazionale. La missione STS-9 dello space shuttle Columbia durò 10 giorni, 7 ore e 24 secondi e terminò l’8 dicembre 1983 dopo 168 orbite alla quota di 254 km. Comandante della missione era John Young, che oltre a essere stato sulla Luna fu il primo a portare in orbita lo space shuttle il 12 aprile 1981. Con lui il pilota Brewster Shaw , gli specialisti di missione Owen Garriott e Robert Parker e gli specialisti del carico utile Ulf Merbold e Byron Lichtenberg. Il modulo Spacelab era un laboratorio cilindrico, con un diametro di 4,12 metri, collocato nella zona di carico dello Shuttle e collegato tramite un tunnel al compartimento dell’equipaggio.
Quella prima fortunata esperienza, che fu anche il primo capitolo di tele scienza, intesa come opportunità dello scienziato investigatore di interagire con l’astronauta specialista in orbita, fece nascere una realtà all’avanguardia come il MARS (Microgravity advanced research and support center) e Napoli divenne punto di riferimento degli studi sulla microgravità. Nell’aprile 1993, meno di due anni dopo la prematura scomparsa di Luigi Napolitano avvenuta il 23 luglio 1991, proprio dalla sede del Mars veniva seguito un nuovo test in orbita, guidato dal prof. Rodolfo Monti, con una versione avanzata del modulo per la fisica dei fluidi, costruito in Italia da Alenia Spazio. In quella missione, condotta ancora una volta con la navetta Columbia, l’astronautica specialista iniettava olio silicone creando un ponte liquido tra due piatti metallici, riscaldando uno dei quali si studiavano comportamenti e variazioni, come la rottura e la fase di ricostruzione del legame. Conoscenze acquisite e risultate utili per mettere a punto metodologie in grado di fabbricare cristalli di elevata qualità, depurati da impurità.









