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Hawking, vita straordinaria

Hawking, vita straordinaria

La scienza dell’universo perde il suo prim’attore: l’astrofisico Stephen Hawking si è spento all’età di 76 anni. Lui, capace di superare la terribile esperienza della Sla, la malattia degenerativa che non gli ha impedito di studiare e affermarsi come uno dei più grandi scienziati della storia. Scompare l’uomo della “Teoria del tutto”, che ha inanellato una serie di studi fondamentali per la conoscenza del cosmo, capace di addentrarsi nella fisica dei buchi neri, individuare un particolare tipo di radiazione che prende il suo nome, elaborare un nuovo concetto di evoluzione dell’universo, disseminare con chiarezza e in chiave divulgativa i suoi elaborati scientifici. Non ha sconfitto la Sla, ma è riuscito ad aggirarla, vincendo l’immobilità fino a provare l’esperienza del volo parabolico e vivere, anche se per manciate di secondi, l’assenza di gravità, fino a sentirsi un superman. Lo attendeva anche volo suborbitale con la Virgin Galactic.

Per i più Hawking era da considerarsi un predestinato: è venuto alla luce lo stesso giorno in cui, 300 anni prima, si è spento Galileo Galilei, ed è morto nel giorno della nascita di Albert Einstein, 130 anni dopo. Dal 1976 al 2009 si è seduto dietro la cattedra che fu di Isaac Newton, a Cambridge. Hawking ha accesso letteralmente acceso la luce sui punti oscuri dell’Universo, elaborando la tesi basata sull’integrazione della meccanica quantistica con la teoria della relatività di Einstein, confluita nella famosa “Teoria del tutto”, che ha dato vita al film biografico firmato dal regista James Marsh nel 2014. L’ultima, importanza formulazione sull’esistenza dell’universo è stata sviluppata insieme al fisico Thomas Hertog, del Cern di Ginevra, secondo cui non ci sarebbe stato un solo inizio, ma il cosmo che conosciamo sarebbe ciò che è rimasto dopo una serie di eventi rapidi e concatenati dopo il Big Bang. Di una cosa si può essere certi. La scomparsa di Stephen Hawking non chiude un capitolo, ma lascia aperte molte finestre da cui affacciarsi per svelare i tanti segreti dell’universo.

Musk fa rotta su Marte

Musk fa rotta su Marte

Elon Musk, fondatore di SpaceX, vuole continuare a sorprendere e a imporre la propria immagine insieme agli ambiziosi progetti della sua azienda nel panorama presente e futuro dell’esplorazione spaziale. Musk, infatti, ha promesso che già nel 2019 sia possibile avviare una missione diretta su Marte, dopo essere sicuro che la sua Tesla Roadster, lanciata in occasione della missione inaugurale del nuovo razzo di SpaceX, arriverà prima o poi nell’orbita del Pianeta Rosso. Fare rotta su Marte è tecnicamente possibile, organizzare un viaggio di andata e ritorno decisamente più complesso. Per il momento Musk e lo staff di SpaceX vogliono limitarsi a spedire una navicella spaziale. Tutto a livello dimostrativo per testare la fattibilità della missione diretta. Ciò che sorprende è la motivazione che spingerebbe ad accelerare la conquista e la successiva colonizzazione di Marte: ovvero la necessità di approdare su un mondo nuovo come scialuppa di salvataggio in caso di conflitto nucleare, attribuibile a una intelligenza artificiale fuori controllo, che metterebbe a rischio la sopravvivenza umana sulla Terra. E Musk ipotizza anche la forma per governare la presenza su Marte, che dovrebbe a suo dire essere basato su una democrazia diretta. Marte meglio della Luna, più vulnerabile. Viene il sospetto che Musk pianifichi missioni verso il Pianeta Rosso per la metà del 2019 perché coincidenti proprio con il cinquantesimo anniversario dello sbarco umano sulla Luna. E che cerchi gli investitori per gettare le basi della prima colonia permanente su Marte.

Ok test motore Zefiro 40

Ok test motore Zefiro 40

Quattro settimane di preparazione, 20 tecnici e operatori specializzati coinvolti, oltre 500 misurazioni registrate attraverso i sensori durante i 92 secondi di accensione che sono serviti a bruciare 36 tonnellate di propellente solido e che hanno generano una spinta 4 volte superiore alla potenza massima del motore di un moderno aereo da trasporto passeggeri. Il test del motore Zefiro 40, che si è concluso con successo nei primi giorni di marzo in Sardegna, è una prova funzionale necessaria a qualificare il nuovo sistema di propulsione. Durante la prova, realizzata a livello del mare, sono stati raccolti tutti i parametri necessari per calcolare il comportamento del motore con un’approssimazione molto vicina alle condizioni reali in cui si troverà a operare lo Z40: l’accensione a circa 50 km dalla superficie della terra nel momento in cui il primo stadio P120 C si sarà sganciato. Il motore Zefiro 40, infatti, è il sistema di propulsione di secondo stadio del Vega C, il nuovo lanciatore europeo di satelliti il cui volo di qualifica è previsto per la fine del 2019. Vega C, evoluzione di Vega, consentirà di aumentare del 60% le prestazioni, portando così il mercato accessibile a questo vettore dal 50% al 90% dei satelliti LEO (Low Earth orbit), una parte consistente dei quali gestita con lanci a carico multiplo. “Il nostro successo nel tiro al banco del motore Z40 dimostra che lo sviluppo di Vega C è ormai in una fase matura, in vista del volo di qualifica a fine 2019, ha detto il CEO di Avio, Giulio Ranzo. La straordinaria collaborazione dei nostri tecnici con quelli dell’ESA, consentono di realizzare nuove tecnologie e prodotti d’avanguardia in modo efficace, raggiungendo sempre maggiore performance e competitività di costo”. Ora si approssima l’ultima fase di sviluppo del nuovo lanciatore Vega C. Avio sarà responsabile della totalità del lanciatore, mentre in collaborazione con ArianeGroup sarà responsabile del motore a propellente solido P120C, derivato dal primo stadio del Lanciatore Vega P80, che verrà prodotto con materiale prepreg in fibra di carbonio utilizzando la tecnologia di Filament Winding. Il lanciatore brucia circa 187 tonnellate di propellente solido e 0,7 tonnellate di propellente liquido. Per realizzare il più elevato livello di sinergie tra i lanciatori europei, il motore P120C è progettato per essere utilizzato anche come booster di decollo per il nuovo Ariane 6.

 

Mega cicloni ai poli di Giove

Mega cicloni ai poli di Giove

Come un coreografico balletto, gruppi ben ordinati di enormi cicloni grandi migliaia di chilometri piroettano nell’atmosfera attorno ai poli del pianeta Giove. A scoprirli è stato un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Alberto Adriani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, a cui hanno partecipato altri colleghi dell’INAF, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), grazie all’analisi delle immagini raccolte dallo strumento JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper) a bordo della sonda Juno della Nasa. “Con le accuratissime riprese nell’infrarosso inviateci da JIRAM abbiamo scoperto, per la prima volta, la complessa danza dei vortici atmosferici in prossimità del polo nord e del polo sud di Giove” commenta Adriani, responsabile scientifico di JIRAM e primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Nature che descrive la scoperta. “In particolare, esistono due cicloni che stazionano in corrispondenza di ciascun polo, circondati da strutture vorticose che fanno loro da corona”.

In prossimità del ciclone sul polo nord stazionano altri otto cicloni di uguali dimensioni, mentre cinque sono quelli dislocati intorno al ciclone situato sopra il polo sud. Le dimensioni di questi cicloni sono enormi, paragonabili a quelle del raggio del nostro pianeta: al nord possono raggiungere un diametro di 4 mila chilometri e al sud addirittura superare i 6 mila chilometri da un estremo all’altro. Anche le velocità dei venti all’interno di queste strutture atmosferiche sono notevoli e oscillano tra i 150 e i 350 chilometri orari. “Nelle osservazioni ripetute, compiute in questi mesi da JIRAM, abbiamo notato una sostanziale stabilità della configurazione dei vortici polari su Giove – aggiunge Adriani –, tanto stabile da bloccare il movimento di quelle strutture cicloniche che si formano a latitudini più basse e tentano di muoversi verso i poli”.

Mai prima d’ora era stato possibile osservare le regioni polari del pianeta più grande del Sistema solare. La sonda Juno è riuscita in questo compito grazie al suo inserimento in un’orbita polare attorno a Giove e agli avanzati strumenti scientifici che porta a bordo, tra cui JIRAM, una sorta di “macchina fotografica” nell’infrarosso in grado di osservare sia le emissioni aurorali che quelle termiche del pianeta. “La realizzazione di questo strumento costituisce un importante successo tecnologico e scientifico per la comunità italiana ed è frutto dell’importante e determinante sforzo di coordinamento effettuato dall’ASI per consentire alla Leonardo S.p.A, industria che ha realizzato lo strumento, di lavorare in perfetta sinergia con l’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS) dell’INAF, a cui appartiene il responsabile scientifico”, aggiunge Angelo Olivieri, Responsabile di Programma ASI per JIRAM.

L’analisi dei dati dello strumento JIRAM è frutto anche di una collaborazione con ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISAC-CNR), che hanno messo a disposizione del team di Adriani le loro competenze sull’atmosfera. “Lo sfruttamento delle conoscenze acquisite sull’atmosfera terrestre hanno permesso l’interpretazione dei dati acquisiti sulle regioni polari di Giove”, commenta Bianca Maria Dinelli, responsabile del team ISAC-CNR che partecipa a questo progetto.

 

Iris per il traffico aereo

Iris per il traffico aereo

Thales Alenia Space e Inmarsat, il principale fornitore di comunicazioni satellitari mobili a livello mondiale, lavoreranno insieme all’Agenzia Spaziale Europea sull’innovativo programma Iris che migliorerà la gestione del traffico aereo in Europa. Il programma “Iris with IOC” supporta il masterplan definito in Single European Skies ATM Research (SESAR) e svilupperà servizi di comunicazione satellitare per la gestione del traffico aereo, garantendo lo scambio continuo di informazioni sulla posizione di volo degli aerei e sui punti di navigazione, consentendo ai piloti e ai controllori di volo di definire rotte ottimizzate per quanto riguarda i tempi di volo, il consumo di carburante e le emissioni di CO2. Il programma utilizzerà le soluzioni IP sulla piattaforma SB-S di Inmarsat, già impiegata dalle compagnie aeree, per diminuire la pressione sugli attuali e affollati collegamenti radio in VHF, prossimi alla saturazione. Il progetto avrà una durata di 36 mesi organizzata in due fasi: la prima riguarda la finalizzazione del sistema Iris per fornire il servizio IOC (Initial Operation capability), in linea con gli obiettivi a medio termine dell’iniziativa SESAR della Commissione Europea; a seguire, la definizione del sistema Iris FOC (Full Operational Capability) a supporto di obiettivi di lungo termine di SESAR. Insieme ad Inmarsat, il progetto Iris è guidato dal core team composto da Thales Alenia Space e CGI. Thales Alenia Space sarà principalmente focalizzata sulla definizione del sistema Iris FOC, per il quale l’azienda sarà responsabile della progettazione del segmento spaziale, inclusa la roadmap ed i pre-sviluppi tecnologici. Thales Alenia Space contribuirà inoltre alla definizione ed al progetto di sistema, incluse prestazioni e sicurezza. Iris è l’elemento del programma ARTES (Advanced Research in Telecommunications Systems) di ESA dedicato alla comunicazione satellitare per la gestione del traffico aereo (ATM). Iris supporta il piano generale SESAR – Single European Sky ATM Research –  lanciato nel 2006 da EUROCONTROL e dalla Comunità europea. Entro il 2021, Iris IOC fornirà comunicazioni bordo-terra per il controllo iniziale “4D” della rotta, localizzando un aeromobile in quattro dimensioni: latitudine, longitudine, altitudine e tempo. Ciò consentirà di tracciare precisamente i voli ed operare una gestione più efficiente del traffico aereo. I collegamenti via satellite ad alta capacità diventeranno la norma per le operazioni e le comunicazioni vocali saranno impiegate solo per operazioni specifiche ed eccezionali. Entro il 2028, Iris FOC consentirà la piena gestione della traiettoria 4D su spazi aerei in tutto il mondo e il collegamento dati sarà il principale mezzo di comunicazione tra i controllori di volo e gli equipaggi di condotta.