da Sorrentino | Mar 2, 2018 | Primo Piano
Terra e Luna erano, secondo gli ultimi studi, una sola cosa, un’ammasso a forma di ciambella che avrebbe sprigionato, ovvero partorito, il nostro satellite naturale lasciando che il pianeta azzurro evolvesse come lo conosciamo. Una situazione che viene fatta risalire a quattro miliardi di anni fa. La nuova ipotesi, descritta e pubblicata sulla rivista Journal of Geophysical Research, è stata elaborata da Simon Lock, giovane laureato del dipartimento di scienze planetarie di Harvard. Non il classico impatto, dunque, tra l’embrione planetario della Terra e un planetoide, che avrebbe rilasciato i materiali pesanti destinati a formare col tempo la Luna, (le cui condizioni a contorno sarebbero state molto difficili dal verificarsi per una questione di masse e composizione chimica), ma uno scenario completamente diverso. Comprovato che i componenti di Terra e Luna sono gli stessi, lo scenario avanzato dal giovane ricercatore presuppone l’esistenza di un oggetto ribattezzato “synestia”, un’enorme ciambella in rotazione formata da rocce liquide e materiale gassoso, nel cui cuore si sarebbe formata la Terra, mentre un piccolo nucleo di rocce fuse, fuoriuscendo, avrebbe formato la Luna. Il nuovo modello di formazione planetaria è sostenuto, nella pubblicazione, da altrettanto autorevoli ricercatori dell’Università della California Davis, della britannica Bristol e del SETI Institute.
(photo credit: Sarah Stewart/UC Davis based on NASA rendering)
da Sorrentino | Mar 1, 2018 | Astronomia, Primo Piano
Un potente telescopio terrestre in terra d’Australia è riuscito ad abbattere il muro dell’universo visibile oltre il quale neppure il telescopio spaziale Hubble è riuscito ad arrivare. Grazie all’antenna radio dell’esperimento Edges, gli astronomi sono riusciti a captare il segnale più antico dell’Universo primordiale, il debole sussurro cosmico delle prime stelle che permette di datarne la formazione a 180 milioni di anni dopo il Big Bang. Per spiegarne il timbro e la potenza, gli astronomi hanno definito il segnale come «il battito d’ali di un colibrì nel bel mezzo di un uragano». Un segnale proveniente da un universo più freddo di quanto si ipotizzasse, la qual cosa, secondo un altro studio, a cura di Rennan Barkana dell’Università di Tel Aviv e pubblicato su Nature, sarebbe frutto dell’interazione con la materia oscura.
Nel contempo, un team di ricercatori, tra cui alcuni dell’Istituto nazionale di astrofisica, Istituto nazionale di fisica nucleare e Agenzia spaziale italiana, coinvolti nella missione Fermi della NASA e nello studio dell’universo nelle onde radio, ha individuato la prima pulsar al millisecondo visibile solo in raggi gamma, la cui esistenza è stata acquisita grazie alla potenza di calcolo di decine di migliaia di computer domestici, messi in rete da ogni parte del mondo grazie a un progetto di scienza condivisa. Si tratta del progetto di calcolo distribuito Einstein@Home, un’iniziativa di citizen science lanciata nel 2005 a cui partecipano decine di migliaia di volontari contribuendo con la potenza di calcolo dei loro computer, che viene sfruttata da un salvaschermo speciale attivato durante i periodi di inattività. Il progetto ha l’obiettivo di individuare deboli segnali astrofisici prodotti da stelle di neutroni in rapida rotazione grazie all’analisi dei dati del telescopio spaziale Fermi, il satellite della Nasa dedicato allo studio della radiazione gamma di alta e altissima energia, a cui l’Italia collabora con ASi, INAF e INFN. Focalizzandosi sull’analisi di sorgenti non identificate con caratteristiche simili a quelle delle pulsar, questa rete di computer ha scoperto due nuove stelle di neutroni in rapida rotazione. Mentre finora tutte le altre pulsar al millisecondo – che cioè compiono un giro completo attorno al loro asse in un tempo compreso tra 1 e 10 millisecondi – erano state osservate anche con i radiotelescopi, una delle due scoperte da Einstein@Home è la prima in assoluto scoperta grazie alla sua sola emissione pulsante nei raggi gamma e potrebbe essere la capostipite di centinaia di altri oggetti celesti dalle caratteristiche simili. Luminose e intermittenti come dei potenti fari cosmici puntati verso la Terra, le stelle di neutroni sono resti compatti derivati da potenti esplosioni di supernova e sono composte da materiali estremamente densi; misurano circa 20 chilometri e pesano più del nostro Sole. Grazie ai loro forti campi magnetici e alla loro rapida rotazione, emettono onde radio e raggi gamma. Quando questi fasci di radiazione incrociano la Terra durante la loro rotazione, la stella di neutroni diventa visibile come una sorgente radio o gamma pulsante. La prima delle pulsar descritta nello studio è stata classificata come Psr J1035−6720 e ruota alla frequenza di 348 volte al secondo; la seconda si chiama Psr J1744−7619 e ruota 213 volte al secondo. Le caratteristiche di queste due stelle di neutroni sono state estratte dai dati di Fermi-Lat in combinazione con le osservazioni radio del Parkes Radio Telescope. Mentre la pulsar Psr J1035-6720 emette un insolitamente debole segnale radio, da PSR J1744-7619 non sono state rilevate emissioni radio. Questo la rende la prima pulsar millisecondo in “silenzio radio” mai avvistata.
da Sorrentino | Feb 17, 2018 | Astronomia, Primo Piano
L’esclissi di Sole del 15 febbraio, visibile solo alle latitudini più meridionali del pianeta, è stata immortalata da Marco Buttu dell’Inaf di Cagliari, che fa parte della 33esima spedizione italiana in Antartide alla stazione Concordia. In condizioni meteoclimatiche estreme, a 54 gradi sotto zero ma ben -68 percepiti dal corpo umano, il ricercatore è riuscito per primo a immortalare lo spettacolare fenomeno quando due terzi del continente antartico sono stati attraversati dall’ombra della Luna. Un’immagine mozzafiato che ha fissato il particolare tipo di eclissi anulare, un oscuramento parziale del Sole dovuto al transito della Luna davanti al suo disco e che tuttavia lascia ben visibile il profilo della nostra stella. Le eclissi anulari si verificano quando la Luna non copre completamente la stella lasciando visibile il perimetro del Sole. L’eclissi è stata visibile, anche se in misura minore, in parte del Cile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Brasile e Isola Falkland. La foto è stata scattata da Marco Buttu alle 4 di mattina (ora locale a Concordia Station) nel momento di picco dell’eclissi.
da Sorrentino | Feb 13, 2018 | Industria, Primo Piano, Servizi Satellitari
Il satellite per telecomunicazioni EUTELSAT 16C, lanciato il 17 aprile 2000, è stato recentemente deorbitato, dopo ben 17 anni e 10 mesi di servizio affidabile. Progettato per una vita operativa in orbita di 10 anni, EUTELSAT 16/C SEASAT è stato il primo satellite commerciale acquisito da un operatore satellitare europeo e ha segnato l’inizio della cooperazione tra le industrie spaziali russe ed europee. Lanciato con un razzo Proton – Block DM, il satellite è stato costruito per Eutelsat da un team integrato di ISS Reshetnev, in qualità di primo contraente e Thales Alenia Space come fornitore del payload. Per Thales Alenia Space si è trattato del primo di una lunga serie di progetti realizzati in collaborazione con la ISS Reshetnev (più di 30). Ha rappresentato, inoltre, un’apertura più ampia del mercato russo (35 payload o satelliti già consegnati o in costruzione da Thales Alenia Space, l’avvio di programmi congiunti con un produttore russo per i mercati di esportazione (5) nonché l’implementazione di un piano di cooperazione industriale con l’industria spaziale russa a livello di equipaggiamenti. Il payload EUTELSAT/16C/SESAT ha offerto 18 canali in banda Ku, consentendo a Eutelsat di offrire servizi di trasmissione televisiva, trasmissione dati e video, internet a banda larga, telelearning, telemedicina e servizi di trasferimento software. Il satellite EUTELSAT ha offerto agli utenti un alto grado di flessibilità operativa, poiché era dotato di un fascio largo e di uno a spot orientabile in commutazione fra loro.
da Sorrentino | Feb 13, 2018 | Missioni, Primo Piano, Programmi
Mentre il Trace Gas Orbiter della sonda Exomars si accinge a entrare in contatto con l’atmosfera del Pianeta Rosso per analizzarne la chimica, entrando nella cosiddetta orbita scientifica da metà marzo 2018, l’Agenzia Spaziale Europea ha fissato la data di lancio della seconda parte della missione che dovrà portare sulla superficie di Marte il primo rover europeo. La partenza di Exomars 2020 è in calendario il 24 luglio 2020, con atterraggio il 19 marzo 2021. Nell’estate 2019 sarà pronto il modello di volo, pregno di tecnologia made in Italy. Il crash della sonda Schiaparelli ha rappresentato una dura lezione e reso ancora più stringenti i sistemi di controllo. Exomars 2020 non può e non deve fallire e la discesa sul suolo di Marte deve avvenire in modo da permettere al rover di conservare appieno le funzionalità per cui è stato progettato, sviluppato e costruito. Saranno ben quattro, e non uno, i paracadute che, aprendosi in sequenza programmata, accompagneranno lo sbarco del rover. Ciò in quanto la massa in gioco, due tonnellate, è 3,5 volte quella di Schiaparelli. Va anche ricordato che nel corso della sfortunata discesa di Schiaparelli si è potuto verificare il perfetto funzionamento del paracadute supersonico, così come del radar altimetro. Non altrettanto poté dirsi del software che controllava l’unità giroscopica, la cui lettura errata dell’assetto e della relativa quota, sembra a causa di impreviste e forti oscillazioni in fase di caduta, trasmise informazioni tali da confondere il computer di bordo facendo intendere di essere in prossimità del suolo, mentre in realtà si era ancora a circa tre km di altezza. L’impatto distruttivo con il suolo è stata l’inevitabile conseguenza. Errore che ha indotto a riprogettare la piattaforma inerziale e riprogrammare le unità giroscopiche e gli accelerometri per garantire il successo di Exomars 2020. Missione che vede l’Agenzia Spaziale Italiana impegnata per un terzo del suo costo (1,2 miliardi di euro) e protagonista di tecnologie ed equipaggiamenti. Grazie alle sei ruote di cui è dotato, potrà muoversi in tutte le direzioni e addirittura sollevare le ruote per affrontare o superare piccoli ostacoli. Gioielli di bordo sono il laboratorio chimico, studiato per analizzare i campioni di suolo marziano, e la trivella, progettata e costruita in Italia, in grado di prelevare campioni di terreno alla profondità record di 2 metri, dove i raggi cosmici non possono arrivare e potrebbero essere presenti eventuali forme di vita. Un ultimo cenno storico. La data di lancio prescelta, il 24 luglio, coinciderà con il 51esimo anniversario di rientro sulla Terra di Apollo 11, al ritorno dalla prima missione umana sulla Luna.