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Fashion design in orbita

Fashion design in orbita

Couture_in_OrbitMateriali innovativi ed estro creativo, con lo sguardo proiettato verso le immensità dello spazio e le tecnologie che da esso derivano: sono questi gli ingredienti alla base dei modelli realizzati nell’ambito del progetto “Couture in Orbit”, lanciato dall’ESA e dal Museo delle Scienze di Londra a dicembre 2015. E a cinque mesi dall’inizio di questa sfida, mirata ad abbinare arte e innovazione, la moda spaziale ha vissuto la sua consacrazione nella sfilata che si è tenuta lo scorso 25 maggio proprio al Museo delle Scienze. A impegnarsi per ideare e confezionare abiti ad alta tecnologia, ma che siano anche gradevoli nel look e di utilizzo pratico nel quotidiano, sono stati gli studenti di quattro scuole europee di moda e design, scelte nei paesi di origine degli astronauti ESA che dal 2014 in poi hanno soggiornato a bordo della Stazione Spaziale, come la nostra Samantha Cristoforetti.

L’Italia è stata rappresentata dal Politecnico di Milano, che ha un’offerta formativa specifica nell’ambito del fashion design, con particolare riferimento alle caratteristiche dei materiali, alle tecniche sartoriali e ai processi di lavorazione. Le altre scuole coinvolte sono state la Fashion Design Akademiet di Copenaghen, la Ravensbourne di Londra e l’École supérieure des arts et techniques de la mode (ESMOD) per la Francia e la Germania.

Gli aspiranti couturier hanno accolto con fervore la sfida e hanno lavorato alacremente riferendosi ai temi che l’ESA ha assegnato a ogni scuola, tratti dalle strategie dell’agenzia nei settori della sostenibilità, della tutela del clima e del riutilizzo. Tecnologia, ambiente, innovazione, salute e sport sono stati i ‘fari’ ispiratori per i giovani designer, coordinati da docenti altrettanto entusiasti e curiosi di sperimentare l’interazione alta moda-alta tecnologia. Il défilé, che ha visto lo staff del museo indossare trenta creazioni degli studenti e calcare poi la passerella, è stato introdotto da un video di saluto di Tim Peake, l’astronauta inglese dell’ESA che al momento è in orbita sulla ISS. L’evento è stato particolarmente seguito sui social network, soprattutto su Twitter dove ha spopolato l’hashtag #CoutureInOrbit.

Impressions_of_Couture_in_Orbit_at_ESMOD_Berlin_node_full_image_2Il processo creativo che ha portato la linea di abbigliamento spaziale dall’immaginario degli studenti-stilisti alla realizzazione effettiva può essere seguito sulla pagina Tumblr dedicata al progetto (cliccare qui), ricca sia di schizzi e bozzetti, sia di immagini e video dell’evento finale, dal backstage, alle prove sino alla passerella.

(fonte: Asi)

La Russia ha il nuovo cosmodromo

La Russia ha il nuovo cosmodromo

VostochnyGiovedì 28 aprile 2016 è un’altra data storica per il programma spaziale russo, legata all’inaugurazione del nuovo cosmodromo realizzato a Vostochny, all’estremità orientale sulla costa pacifica, situato nell’Oblast dell’Amur, in uno dei punti più meridionali del territorio russo e a poca distanza del territorio cinese, frutto della riconversione della base che nel periodo della guerra fredda aveva ospitato missili balistici intercontinentali. Dopo un rinvio di 24 ore, dovuto a motivi tecnici (conto alla rovescia sospeso a 90 secondi dal “через”), alle 4:01 ora italiana, alla presenza del presidente russo Vladimir Putin, il razzo vettore Soyuz 2.1a si è sollevato dalla rampa di lancio per portare in orbita tre satelliti. Il vero obiettivo era riuscire a inaugurare il nuovo cosmodromo il 12 aprile, data del primo volo umano nello spazio con Yuri Gagarin, ma è stato fallito.

Vostochny 2La nuova base spaziale è stata voluta proprio da Putin per rafforzare la capacità di lancio e iniziare a smontare la dipendenza dal cosmodromo di Bajkonur in Kazakhstan, storico caposaldo delle operazioni spaziali sovietiche e oggi , per così dire, gestito in affitto, con un canone annuo di 115 milioni di dolalri. Il cosmodromo di Vostochny, che si estende una superficie di 700 chilometri quadrati e costerà una volta ultimato circa 3 miliardi di dollari, è destinato a diventare qualcosa più di una semplice base di lancio, ovvero un complesso dotato di infrastrutture di servizio e abitative e collegato da reti stradali e ferroviarie. Per la Russia spaziale sarà la nuova Città delle Stelle, da dove, a partire dal 2023, sono previsti anche i lanci di navicelle con equipaggio. Con la disponibilità della base di Plesetsk, dove si stanno testando i nuovi razzi Angara per l’immissione di carichi utili e satelliti in orbita bassa, il Paese che ha avviato l’era astronautica si smarcherebbe almeno parzialmente dal cosmodromo di Bajkonur per quanto riguarda i voli umani. L’agenzia spaziale russa Roscosmos prevede di spostare entro prossimo decennio il 45% dei lanci su Vostochny, portando la quota di Baikonur dal 65 all’11%. Da Plesetsk, da cui possono essere raggiunte orbite altamente inclinate e geostazionarie, gestirebbe il 44 per cento dei lanci. Intanto, dopo il volo inaugurale, da Vostochny non ci saranno ulteriori lanci almeno fino al 2017.

3000 disegni sul Web per CHEOPS

3000 disegni sul Web per CHEOPS

cheopsStelle, pianeti, razzi, satelliti e alieni. Sono alcune delle fantasie che hanno caratterizzato i disegni realizzati, in Italia e in Europa, dai giovani partecipanti alla campagna “Manda il tuo disegno nello spazio con CHEOPS”. 3000 disegni, infatti, voleranno nello spazio con CHEOPS, il telescopio spaziale costruito dall’ESA e dalla Svizzera con il fondamentale contributo italiano attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana e l’apporto scientifico dell’INAF e dell’Università di Padova. I vincitori italiani sono 266 tra gli oltre 900 disegni ricevuti dall’Agenzia Spaziale Italiana nell’ambito della campagna. Al concorso sono stati invitati a partecipare ragazzi dagli 8 ai 14 anni.

Nei prossimi sei mesi, i 3000 disegni selezionati saranno miniaturizzati, cioè ridotti di circa mille volte, e impressi su due placche di metallo che voleranno nello spazio su CHEOPS. Il lancio è previsto per la primavera del 2018. Nei disegni, il satellite è spesso rappresentato come una cassa quadrata con l’etichetta CHEOPS, cosa che non è molto lontana dalla realtà. Il satellite di 300 kg è in realtà un prisma a base esagonale che trasporta un telescopio in grado di osservare stelle a noi vicine note per ospitare pianeti.

L’obiettivo scientifico principale di CHEOPS è studiare la struttura di pianeti extrasolari “piccoli”, ovvero quelli che hanno dimensione e massa simili alla Terra e non più grandi di Nettuno, in orbita attorno a stelle a noi vicine. CHEOPS misurerà il diametro dei pianeti osservati. Conoscendo anche la massa, gli scienziati potranno capire se si tratta di un gigante gassoso, come Giove e Saturno, o di un mondo roccioso come la Terra. Questo è un passo importante per trovare pianeti potenzialmente abitabili dove in futuro potrebbero essere rilevati segni di vita. “Sarà una grande emozione per i giovani vincitori sapere il proprio disegno in orbita attorno alla Terra! – dichiara Isabella Pagano dell’INAF di Catania e responsabile scientifico in Italia del progetto. – Dopo il lancio, i ragazzi potranno seguire CHEOPS on line tramite un portale loro dedicato: sarà possibile monitorare l’orbita del satellite, essere informati sul programma scientifico e sui risultati per tutta la durata del progetto. Il nostro intento è suscitare interesse verso il mondo della scienza. Ci auguriamo che questa iniziativa, capace di costruire un legame che dura nel tempo, possa contribuire ad avvicinare i nostri ragazzi alle discipline scientifiche”.

I partecipanti alla campagna “Manda il tuo disegno nello spazio con CHEOPS” sembrano non avere dubbi sul fatto che esista davvero la vita al di là della Terra, ma la loro rappresentazione di eventuali forme di vita differisce notevolmente da quella degli scienziati. Mentre quest’ultimi concordano sulla possibilità che gli esseri umani potrebbero un giorno scoprire forme di vita più semplici, come cellule viventi, da qualche parte su un corpo celeste lontano, i giovani partecipanti immaginano forme di vita con più braccia o gambe e con teste con caratteristiche particolari.

La missione CHEOPS

esoworldCHEOPS – CHaracterising ExOPlanets Satellite – è una missione destinata allo studio dei pianeti extrasolari. Il telescopio spaziale avrà il compito di misurare con altissima precisione la luminosità di un campione di stelle per le quali è già nota la presenza di pianeti e riuscirà a registrare la piccola variazione dovuta al transito del pianeta davanti alla stella madre. Questa misura permette di calcolare con grande accuratezza la dimensione del pianeta, parametro molto importante perché, insieme alla massa che si misura da osservazioni con telescopi a terra, consente agli astronomi di definire la struttura interna del pianeta. Un’informazione decisiva per capire come i pianeti si siano formati e, più in generale, come siano fatti i sistemi planetari al di fuori del nostro.

I ricercatori italiani, dell’INAF e di UNIPD, hanno ideato il telescopio di bordo e stanno fornendo supporto all’industria italiana cui ASI ha affidato la realizzazione degli specchi e l’integrazione finale del telescopio. La missione conta inoltre sul contributo dell’ASI Science Data Center per l’archiviazione dei dati.

I disegni possono essere visualizzati su una mappa interattiva dell’Europa sul web.

Link al sito con i disegni: https://cheops.unibe.ch/campaign-cheops-childrens-drawings/

Europa chiama Marte

Europa chiama Marte

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L’emozione ha preso il volo alle 10:31 ora italiana dal Cosmodromo di Baikonur in Kazakhistan, quando il razzo russo Proton Breeze M si è sollevato dalla rampa di lancio trasportando nella sua ogiva la sonda europea Exomars e il lander Schiaparelli. E’ iniziata così la missione dell’Agenzia Spaziale Europea, congiunta con Roscosmos, destinata a culminare con l’arrivo nell’orbita del pianeta rosso il 16 ottobre 2016, dopo sette mesi di viaggio lungo 496 milioni di km, e lo sgancio del modulo di “ammartaggio” che toccherà il suolo il 19 ottobre eseguendo una manovra automatica di discesa, a partire da una quota di 120 km, frenata prima dal sistema di paracadute e poi da nove piccoli retrorazzi a idrazina, suddivisi in tre cluster, ma soprattutto guidata dal computer di bordo e dal radar altimetro che rileverà l’altezza, comandando lo spegnimento dei motori a poco meno di due metri dalla superficie. A quel punto lo scudo protettivo, che avrà preservato la preziosa strumentazione del modulo Schiaparelli, farà anche da attenuatore dell’impatto, ridotto anche per effetto della gravità marziana che è un terzo di quella terrestre. L’arrivo sarà nel pieno della stagione delle tempeste di sabbia e la stazione meteolorogica, denominata Dreams e che ha come principal investigator l’italiana Francesca Esposito dell’Istituto di Astrofisica di Capodimonte, permetterà di studiare il vento e le polveri che, interagendo tra loro, provocano scariche elettriche. Un altro strumento, denominato Amelia, rileverà la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera durante la fase di discesa e i dati saranno elaborati dal Cisas di Padova. Alla sonda madre Exomars, che passerà progressivamente, da un’orbita ellittica a una circolare a 400 km di quota, la funzione di analizzare le sorgenti di metano oltre che fungere da ripetitore dei segnali tra il lander e le stazioni di Terra. C’è tanta Italia nella prima tappa dell’avventura europea su Marte, che ha l’obiettivo di studiarne l’atmosfera e dimostrare la fattibilità di diverse tecnologie fondamentali per l’ingresso in atmosfera, discesa e atterraggio sul pianeta. Un programma che coinvolge 300 addetti alla Thales Alenia Space di Torino e in totale 5mila con l’indotto industriale e scientifico.

ExoMarslaunchTecnicamente il successo del lancio e l’inizio del viaggio coincidono con l’avvenuta separazione dell’ultimo stadio del veicolo e l’acquisizione del segnale, alle 22:28 ora italiana. Il programma ExoMars è frutto di una cooperazione internazionale tra l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’Agenzia Spaziale Russa (Roscosmos), fortemente sostenuto anche dall’ Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Il programma è sviluppato da un consorzio Europeo guidato da Thales Alenia Space Italia che coinvolge circa 134 aziende spaziali dei Paesi partner dell’ ESA. Thales Alenia Space Italia, prime contractor del programma ExoMars, è responsabile della progettazione di entrambe le missioni 2016 e 2018. Il veicolo che ha iniziato il viaggio verso il Pianeta Rosso è composto dal modulo orbitante, chiamato TGO “Trace Gas Orbiter”, integrato presso lo stabilimento Thales Alenia Space di Cannes e dal modulo di discesa chiamato EDM “Entry descent landing Demonstrator Module”, interamente costruito nelle speciali camere pulite di Thales Alenia Space di Torino, appositamente realizzate per preservarlo da contaminazioni batteriologiche pericolose per la sua delicata missione. Quest’ultimo modulo è chiamato Schiaparelli in onore di Giovanni Virginio Schiaparelli, una delle più grandi figure dell’ astronomia Italiana dell’800, a cui si devono le osservazioni di Marte condotte dal 1866 al 1890 all’Osservatorio di Brera.

 

Exomars: la notte prima del lift off

Exomars: la notte prima del lift off

esa-marte-exomars2016-schiapparelli-separa-tgo-artistLa vigilia del lift off della missione Exomars va in scena al cosmodromo di Baikonur in Kazakhistan la consueta conferenza stampa, alla quale partecipano Jan Woerner, direttore generale dell’ESA, il numero uno di Roscomos Igor Komorov, Alvaro Gimenez, direttore scientifico dell’ESA e Lev Zelenyi dello Space Research Institute russo. ExoMars è frutto di una collaborazione importante tra le agenzie europea e russa, ma soprattutto è una missione in cui l’Italia gioca un ruolo importante, pari al 32% dell’investimento complessivo, che vale 350 milioni di Euro. E infatti a quel tavolo c’è l’ASI con il presidente Roberto Battiston e l’A.D. di Thales Alenia Space Italia, capocommessa industriale, Donato Amoroso. ExoMARS rappresenta una sfida scientifica e tecnologica di grandissimo livello e un passo enorme verso la conoscenza del pianeta rosso, un salto tale che, sottolinea Woerner, permette all’Europa di recuperare, ora tecnologicamente e poi scientificamente, il gap con la NASA. Tale che Woerner ha chiesto a tutti, scienziati e industrie, di mantenere la tempistica pianificata, nonostante alcuni ritardi accumulati. Un ritardo di solo pochi mesi significherebbe, infatti, un rinvio di due anni. L’entusiasmo sulla missione è ben interpretato da Roberto Battiston che parla di sogno, del sogno di un Paese che mette a frutto un sistema. C’è l’entusiasmo di tanta Italia, di un Paese all’avanguardia, che ha piazzato qualcosa di italiano in quasi tutto il sistema solare e che amerebbe farsi coinvolgere e sostenere altri grandi sogni, come è ExoMars: “È l’inizio di un lungo viaggio che non sono solo i chilometri che la sonda percorrerà”, chiosa il Presidente dell’ASI. Tra la partenza del vettore Proton e il distacco dell’ultimo stadio c’è un intervallo di dieci ore. Per avere il segnale definitivo che la sonda è correttamente in cammino per Marte occorre attendere ulteriori due ore. A ricevere il primo segnale la base italiana di Malindi.

 

Asteroidi sotto osservazione

Asteroidi sotto osservazione

Near_Earth_ObjectsAsteroidi e meteoriti che orbitano vicino alla Terra costituiscono da sempre un potenziale pericolo per il nostro pianeta. Sono tali, e dunque classificati con l’acronimo NEO (near-Earth-objects), se il punto della loro orbita più vicina al Sole è minore di 1,3 volte la distanza media Terra-Sole. Uno di questi, l’asteroide 2013 TX68, è dato in arrivo il 5 marzo 2016. Nonostante l’incertezza e il dato estremamente variabile della traiettoria, il suo passaggio ravvicinato alla Terra sarà avvenuto senza conseguenze. Resta, comunque, monitorato con attenzione dal Jet Propulsion Laboratory della NASA, in vista del passaggio successivo, previsto il 28 settembre 2017, quando la probabilità di impatto con il nostro pianeta sarà comunque una su 250 milioni. Scoperto nel 2013, l’asteroide TX68 ha un diametro stimato di circa 30 metri. Dunque più grande di quello che nello stesso anno sfrecciò inaspettato nel cielo di Chelyabinsk, in Russia, valutato in circa 20 metri. L’Agenzia Spaziale Europea, che ha indetto per il 30 giugno 2016 la seconda edizione dello Asteroid Day, una giornata dedicata a sensibilizzare l’opinione pubblica verso una maggiore conoscenza di questi oggetti cosmici, ha messo in programma una missione che prevede l’approdo su un asteroide. L’obiettivo è il sistema binario Didymos, sistema asteroidale formato da un oggetto primario, di circa 750 metri di diametro, con un periodo di rotazione di 2,3 ore, e da un corpo secondario che ruota attorno al primario a una distanza di circa 1,2 km in 12 ore. La sonda, denominata Asteroid Impact Mission, rilascerebbe un microlander facendolo atterrare sul più piccolo degli asteroidi. Per avere un’idea delle dimensioni, sarà come appoggiare un piccolo trolley lasciata sulla piramide di Cheope a Giza. La missione, se approvata entro il 2016, dovrebbe essere lanciata nel 2020 per giungere a destinazione nel 2022, e prenderà il nome di AIDA racchiudendo anche un test della NASA che consiste in un proiettile di circa 300 kg di massa, fatto impattare a oltre 22mila km/h contro l’asteroide per verificare la possibilità di modificarne sia la velocità che la traiettoria. Una missione ambiziosa, che discende dalle tecnologie impiegate per il viaggio di Rosetta e l’approdo di Philae sulla cometa 67P. Trace_of_an_alien_visitorSugli asteroidi si stanno concentrando molte proposte esplorative, compresa l’idea di catturarne uno per trasferirlo nelle vicinanze della Terra e sfruttarne i materiali, che si affiancano all’attività di monitoraggio delle loro orbite. Ma anche studi di natura astrofisica, il più recente dei quali (pubblicato su Nature) rivela che la maggior parte degli asteroidi non si distrugge nell’impatto con il Sole ma in una zone molto più remota. A questa conclusione sono giunti gli autori della ricerca effettuata sulla base di dati e immagini acquisiti dal Catalina Sky Survey, attivo a Tucson in Arizona, che ha consentito di elaborare un modello in grado di stimarne quantità e dimensioni. Il censimento cosmico ha evidenziato che, se la fine di un asteroide avvenisse solo impattando con il disco solare, il loro numero dovrebbe essere dieci volte superiore a quello che conosciamo. La risposta più plausibile è che il processo di disgregazione avviene già nella fase di avvicinamento al Sole. Quando basta per ripulire in buona parte le zone dei pianeti interni, compresa la Terra, eliminando, anche se non tutti, gli asteroidi a rischio di impatto.