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Tecnologia Avio a Le Bourget

Tecnologia Avio a Le Bourget

Al Paris Air Show, il Salone Internazionale dell’Aerospazio che si svolge all’aeroporto parigino di Le Bourget, Avio ha annunciato che si concluse con successo nello stabilimento di Colleferro le prove funzionali del primo involucro P120C, il motore a propellente solido, monolitico in fibra di carbonio più grande al mondo, destinato ad equipaggiare i nuovi lanciatori Vega C ed Ariane 6, che voleranno per la prima volta nel 2019 e nel 2020.

Questo primo esemplare, costruito in fibra di carbonio ad alta resistenza, è stato realizzato nello stabilimento Avio di Colleferro impiegando le tecnologie più avanzante di Fiber Placement e Filament Winding di materiale composito specificamente sviluppato e prodotto da Avio per le applicazioni spaziali. I test meccanici sono stati realizzati mediante un banco specificamente sviluppato e realizzato per simulare le condizioni di un vero lancio nello spazio: la pressurizzazione all’interno della camera di combustione, la spinta del motore ed i carichi meccanici derivanti dalle fasi operative del lanciatore. L’involucro tecnologico, equipaggiato e strumentato, è stato sottoposto ad un ciclo di prova fino alla pressione massima di funzionamento del motore e ad una serie di cicli di carico assiali che hanno dimostrato la piena rispondenza del prototipo alle previsioni ingegneristiche del suo comportamento meccanico. Il nuovo e avveniristico motore Avio verrà inviato negli stabilimenti in Guyana Francese per effettuare il primo caricamento con propellente inerte presso gli impianti Regulus e, successivamente, proseguirà con i test di integrazione motore nell’impianto di Europropulsion.

Allo Stand 318 nella Hall 1 del Salone, Avio espone i modelli in scala 1:10 del Vega C, del Vega E, del Vega Light e il nuovissimo modellino dell’SSMS (Small Spacecrafts Mission Service) per lanci multipli di satelliti. Si potranno ammirare anche prodotti veri, quali la prima turbopompa Vinci per Ariane 6, il motore LOx Mira, l’ugello dello Zefiro 23 e le skirt in composito dei seguenti motori: Z23, Z40, P80 e P120C.

Call per Webb Telescope

Call per Webb Telescope

La NASA ha pubblicato il programma di esplorazione Guaranteed Time Observations (GTO), assegnato al James Webb Telescope, il cui lancio è previsto nel 2018. Il team responsabile di definire gli obiettivi scientifici del nuovo colosso del cielo ha infatti reso noto il Guaranteed Time Observations (GTO), programma di esplorazione messo a punto con il contributo degli scienziati che hanno progettato e assemblato le componenti del telescopio. Eric Smith, direttore del programma James Webb Telescope, ha indicato in 2.100 il numero delle osservazioni previste inizialmente, che avranno come obiettivo le prime galassie formatesi dopo il Big Bang, le lune Encelado e Europa, gli esopianeti. Il tempo di osservazione di Webb è programmato in una serie di cicli, il primo dei quali comprende circa 8.700 ore, ovvero quasi un anno di osservazione ininterrotta. A partire da autunno 2017, la NASA raccoglierà le proposte per il ciclo 1 attraverso una serie di call aperte. I compiti del nuovo telescopio spaziale saranno così stabiliti grazie al contributo della comunità scientifica internazionale, in linea con i principi che hanno ispirato la costruzione del James Webb Telescope

 

 

12 nuovi astronauti NASA

12 nuovi astronauti NASA

Dodici nuovi astronauti per la NASA, che si aggiungono ai 44 americani attualmente in servizio. Le nuove leve, 7 uomini e 5 donne di età compresa tra i 29 e i 42 anni, sono i maggiori candidati a esplorare lo spazio extraterrestre, a mettere piede sulla Luna o preparare le future missioni su Marte. Selezionati tra più di 18mila candidati, hanno competenze le più varie: due medici, di cui uno chirurgo, un ingegnere di SpaceX, due geologi, un docente d’ingegneria al MIT e un ingegnere nucleare, quattro piloti militari. La NASA, il 7 giugno, ha organizzato una presentazione in grande stile con l’intervento del vicepresidente USA Mike Pence. Per la dozzina di reclute spaziali un biennio di addestramento prima di essere pronti a volare sulle navette Orion, spinta dallo Space launch system verso l’orbita cislunare, Dragon 2 di SpaceX e Starliner di Boeing. La più giovane è la 29enne Jessica Watkins, laureata in scienze geologiche e ambientali alla Stanford University, un passato da ricercatrice all’Ames Research Center e al Jet Propulsion Laboratory della NASA, fino alla selezione da astronauta al California Institute of Technology dove fa parte del team che gestisce il rover Curiosity su Marte. Ma c’è anche un medico 33enne, Johnny Kim, che nel curriculum riporta le oltre 100 missioni di combattimento, una laurea in matematica e il dottorato in medicina alla Harvard Medical School. Insomma, la NASA ha scelto i migliori, i talenti assoluti, in grado di far sognare le nuove generazioni, pronti a raggiungere le mete più lontane. In altri termini, Marte. Dal 1959 a oggi, in quasi sessant’anni di storia spaziale, sale a 350 il numero degli astronauti NASA.

(foto: NASA – by Robert Markowitz)

 

I 10 anni di COSMO-SkyMed

I 10 anni di COSMO-SkyMed

Dieci anni fa veniva lanciato dalla base spaziale di Vandenberg in California, il primo dei 4 satelliti della costellazione COSMO-SkyMed. A 10 anni da quel lancio i 4 satelliti, in piena operatività, rappresentano ancora oggi un fiore all’occhiello della tecnologia italiana nel mondo e costituiscono l’unica costellazione di tale tipologia oggi esistente a livello mondiale. Si tratta della più impegnativa impresa spaziale realizzata dal nostro Paese nel campo dell’Osservazione della Terra e del primo Sistema al mondo concepito per un utilizzo duale, sia di tipo civile sia militare, come in particolare il controllo di sicurezza del territorio, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana in partnership con il Ministero della Difesa. Realizzato su commissione dell’Agenzia Spaziale Italiana da Thales Alenia Space Italia per il Segmento Spaziale e da Telespazio per il Segmento di Terra (entrambe Joint-venture Leonardo e Thales), COSMO-SkyMed è una costellazione satellitare equipaggiata con sensori Radar ad Apertura Sintetica operanti in Banda X che permettono di osservare il nostro Pianeta sia di giorno che di notte e in qualsiasi condizione meteorologica.

COSMO-SkyMed è un sofisticato Sistema che ‘osserva’ l’intero globo terrestre, fornendo informazioni utilizzabili per diverse applicazioni, grazie all’elevata risoluzione delle immagini prodotte quotidianamente, circa 1800, ai ridottissimi tempi di “rivisitazione” dei luoghi rilevati e alla rapidità con cui i dati sono resi disponibili alle differenti tipologie di utenza. Il Sistema viene utilizzato soprattutto per l’osservazione del territorio e la gestione/prevenzione dei disastri ambientali sia naturali sia di origine antropica, il monitoraggio costiero, dei ghiacci, delle risorse agricole e forestali e il controllo urbano degli edifici. La distribuzione dei dati a livello istituzionale sia nazionale sia mondiale (centri di ricerca, università, amministrazioni pubbliche, Agenzie Spaziali, ecc.) è effettuata direttamente dall’Agenzia Spaziale Italiana, mentre la commercializzazione delle immagini è affidata alla società e-GEOS nata dalla collaborazione tra Telespazio e Agenzia Spaziale Italiana. Ad oggi più di 1.000.000 di prodotti generati dalla analisi dei dati acquisiti sono stati distribuiti a livello mondiale.

“Quello di Cosmo-SkyMed è un compleanno importante che dimostra l’eccellenza del settore spaziale italiano”, ha detto il presidente dell’ASI, Roberto Battiston. “Ad una settimana dal G7 dell’ambiente che si terrà a Bologna, i 10 anni di Cosmo-SkyMed ci ricordano che il climate change si contrasta anche con la ricerca spaziale, che è in grado di fornirci una visione complessiva dei dati rilevanti per il monitoraggio dello stato di salute della Terra: delle 50 variabili fondamentali per l’analisi del clima 26 sono infatti osservabili dai satelliti. Si tratta, quindi, di una infrastruttura strategica che grazie ai due satelliti di seconda generazione, attualmente in fase di costruzione, permetteranno di mantenere in condizioni ottimali la costellazione negli anni a venire, aumentando, con le osservazioni ad alta precisione, anche il potenziale commerciale e scientifico dei dati osservativi, dati per i quali vi è una richiesta crescente a livello mondiale.”

Il Radar in Banda X permette la produzione di immagini con differente risoluzione e dimensione dell’area osservata, caratteristica questa che fa di COSMO-SkyMed un sistema “user-oriented” che risponde sia alle esigenze della comunità scientifica che alle necessità più generali della popolazione di monitorare l’ambiente e di migliorare la sicurezza sul territorio, soddisfacendo pienamente le varie finalità applicative, istituzionali e anche commerciali. La sua caratteristica duale ha richiesto, inoltre, l’adozione di misure e tecnologie capaci di tutelare la sicurezza e la riservatezza del Sistema e delle informazioni gestite.

Una costellazione unica al mondo e di fondamentale importanza nel contesto dell’attuale scenario della Space Economy europea e nazionale e che, nel futuro prossimo, potrà contare sulla continuità dei suoi servizi grazie alla realizzazione della costellazione COSMO-SkyMed di Seconda Generazione che sarà composta da due nuove unità tecnologicamente migliorate ed in grado di fornire performance ancora superiori. Il primo dei due nuovi satelliti sarà lanciato nel corso del 2018 e sarà seguito dal secondo a distanza di un anno ed entrambi si integreranno operativamente con i satelliti già in orbita.

Aldrin, Luna e poi Marte

Aldrin, Luna e poi Marte

Edwin Buzz Aldrin, secondo uomo a scendere sulla Luna e di fatto testimonial della grande epopea della conquista dello Spazio, si è presentato alla platea del Wired Next Fest a Milano con una t-shirt dalla scritta emblematica: “Porta il tuo culo su Marte!”. Chi si aspettava una visione retrospettiva, si è ritrovato ad ascoltare un uomo proiettato nel futuro. Aldrin, 87 anni, dice a chiare lettere che non è più tempo di piantare bandiere, ma di creare colonie permanenti. Arrivare su Marte per restarci, ma prima bisognerà passare dalla Luna. Il Pianeta Rosso è il nostro domani, ma per arrivarci serve uno sforzo comune, e ancora più per pianificare missioni continue in un andirivieni che consenta di familiarizzare con l’ambiente marziano, conoscerlo da vicino, accrescere le conoscenze e consolidare la presenza. Quanto tempo occorre per tornare sulla Luna, considerata tappa intermedia e necessaria? Aldrin fissa una data: 2025. La superficie selenita è il terreno migliore per testare gli habitat, compreso il modulo gonfiabile Beam installato da un anno sulla stazione spaziale internazionale, e i veicoli rover. Collaborazione e non competizione tra i Paesi, perché le sfide rallenterebbero i programmi e la maturazione delle innovazioni attese. Aldrin definisce strategico il ruolo dei privati, che invece possono trarre vantaggi da una sana competizione, come dimostra il contributo allo sviluppo delle tecnologie spaziali di SpaceX. Servirà economicità, affidabilità e sicurezza. Ma quando arriveremo realisticamente su Marte? Aldrin non si discosta molto dagli obiettivi della NASA. Prima del 2040, certamente, ovvero tra il 2033 e il 2035.

Software italiano per HI-SEAS

Software italiano per HI-SEAS

Studiano il comportamento umano su Marte vivendo in una cupola geodetica nell’ambiente isolato del vulcano Mauna Loa, sull’Isola Grande delle Hawaii. Sono sei ricercatori della missione Hawaii Space Exploration Analog and Simulation (HI-SEAS), un progetto di ricerca realizzato dall’Università delle Hawaii e finanziato dalla NASA  che mira, tra l’altro, a determinare quali siano i requisiti individuali e di gruppo funzionali durante missioni di esplorazione spaziale a lungo termine. Si tratta di una simulazione di isolamento della durata di otto mesi, iniziata il 19 gennaio 2017, che sarà seguita da una seconda missione a partire da gennaio 2018. Lo scopo degli “astronauti” è quello di affrontare e trovare contromisure al rischio del calo di performance del gruppo dovuto alle dinamiche di interazione, cooperazione, comunicazione e adattamento psicologico, che possono rivelarsi inadeguate in condizioni particolari ed estreme come quelle di un viaggio interplanetario. L’equipaggio “marziano” può contare anche sulla tecnologia dell’italiana ESTECO, impresa attiva nell’Area Science Park, che ha messo a disposizione dei ricercatori il software di ottimizzazione modeFRONTIER  per migliorare l’uso efficiente delle risorse a disposizione e progettare un sistema di vita sostenibile su Marte, grazie al quale ridurre a livelli minimi la produzione di rifiuti.

“Durante una missione spaziale – spiega Ansley Barnard, ingegnere responsabile per monitorare i sistemi di supporto vitale durante la missione – il cibo, l’acqua, i materiali per la ricerca e gli effetti personali da portare a bordo sono limitati e quindi ogni oggetto a disposizione degli astronauti deve essere accuratamente scelto in base a criteri di efficienza, in termini di peso e dimensioni. Questo rende l’ottimizzazione delle risorse un fattore cruciale. Gli strumenti per la modellazione parametrica e per l’ottimizzazione come modeFRONTIER sono di grande aiuto per introdurre cambiamenti che devono poi essere adottati dall’equipaggio”.  L’obiettivo finale della simulazione in corso alle Hawaii è migliorare il modo in cui i ricercatori coinvolti vivono giorno per giorno la missione, procurando ai team futuri di HI-SEAS procedure e informazioni ingegneristiche aggiornate.

Prima di collaborare al progetto HI-SEAS, Ansley Barnard ha lavorato nel campo dell’ottimizzazione ingegneristica per la Ford Motor Company, dove ha avuto modo di esplorare i vantaggi delle tecnologie ESTECO per ottenere la riduzione del peso di un veicolo così come dei suoi costi e tempi di progettazione. Ha conseguito una laurea in aeronautica e astronautica all’Università di Washington e spera in futuro di poter servire gli USA come astronauta.