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L’occhio dei satelliti sul Po

L’occhio dei satelliti sul Po

inondazione largeA poco più di 24 ore dall’evento meteo-idrologico che ha colpito duramente il Piemonte e la Liguria occidentale a ridosso del 24 novembre 2016, il sistema di protezione civile ha a disposizione mappe delle aree ottenute grazie ai sistemi satellitari COSMO-SkyMed e Copernicus. Ciò è stato possibile grazie ai meccanismi di collaborazione messi a punto nel contesto del sistema nazionale, grazie al nostro Collaborative Ground Segment e grazie al meccanismo europeo di protezione civile. Nello specifico, sulla base della richiesta formulata dal Dipartimento della Protezione civile in coordinamento con le Regioni coinvolte, l’Agenzia Spaziale Italiana-ASI ha programmato una serie di acquisizioni con i quattro satelliti della costellazione COSMO-SkyMed, sfruttando la sua tempestività di reazione alle richieste degli utenti. Contemporaneamente, grazie al Collaborative Ground Segment italiano e con il supporto di ESA, è stato possibile accedere ai dati che la missione Copernicus Sentinel-1 acquisisce in modo regolare su tutto il territorio europeo, visto che già era prevista un’acquisizione sull’area nella sera del 24 novembre.

Le due famiglie di satelliti sono equipaggiate con radar ad apertura sintetica, che consentono di catturare immagini anche nelle ore notturne e in presenza di nuvole. Parallelamente, il Dipartimento della Protezione civile, attraverso una richiesta inviata alla Commissione Europea, ha attivato anche il supporto del servizio “core” europeo di mappatura satellitare Copernicus Emergency Management Service per riceverne i prodotti. Combinando la possibilità di richiedere acquisizioni a più alta risoluzione con COSMO-SkyMed con il monitoraggio regolare garantito da Sentinel-1 è possibile avere informazioni di dettaglio in un quadro sinottico più ampio. I dati SAR acquisiti sono stati poi elaborati da Fondazione CIMA, Centro di competenza del Dipartimento della Protezione Civile, che ha fornito il servizio “downstream” a livello nazionale. Grazie al radar ad apertura sintetica (SAR) dei satelliti COSMO SkyMed, sono state prodotte le mappe inondate riferite alle ore 18.14 del 24 novembre e alle ore 6.11 del 25 novembre 2016 di un’area che include le zone più colpite da inondazioni dei bacini dei fiumi Bormida, Tanaro, Pellice e Po. Il programma di osservazione prevede il monitoraggio del deflusso della piena lungo l’asta fluviale fino a lunedì 28 novembre. A supporto delle attività di protezione civile è stato così possibile mettere in campo, a poche ore dagli eventi emergenziali, strumenti satellitari e servizi che stanno consentendo sia di valutare nell’immediato gli effetti di quanto avvenuto, sia di continuare a monitorare la situazione.

Tecnologie spaziali per l’ambiente

Tecnologie spaziali per l’ambiente

Cosmo SkymedIl paesaggio come patrimonio collettivo, cifra distintiva di un Paese, elemento chiave per il benessere individuale e sociale, un bene da proteggere e valorizzare. Di questo si è parlato a Expo 2015 nel convegno “La grande bellezza del paesaggio italiano: come era, com’è e come sarà”, promosso dal CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche, dove Finmeccanica ha presentato esempi di tecnologie per la salvaguardia del paesaggio: dal supporto della costellazione satellitare COSMO-SkyMed al Piano Straordinario di Telerilevamento delle aree a rischio idrogeologico, ai sistemi che consentono di individuare spostamenti millimetrici del terreno e di rilevare l’esatta composizione dei materiali osservati anche dallo Spazio.

Finmeccanica, player globale nelle alte tecnologie per l’aerospazio, difesa e sicurezza, realizza soluzioni di monitoraggio all’avanguardia per lo sviluppo sostenibile del territorio, che comprendono i sistemi per il telerilevamento e l’osservazione della Terra sia le piattaforme che li impiegano, dai satelliti agli aerei ai droni, fino all’elaborazione dei dati e alla realizzazione di centri di controllo per pianificare gli interventi.  Il telerilevamento consente, attraverso l’uso di tecnologie non invasive come l’interferometria radar, di vedere spostamenti del terreno nella misura del millimetro su vaste aree di territorio, mentre l’imaging iperspettrale permette di rilevare la ‘firma spettrale’ dei materiali osservati a distanza, individuandone l’esatta composizione e di acquisire informazioni fondamentali per studiare il paesaggio.

Il Piano Straordinario di Telerilevamento, promosso dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresenta la prima applicazione su scala nazionale della tecnologia interferometrica per il monitoraggio delle aree a rischio idrogeologico, attraverso dati e immagini raccolti dai satelliti COSMO-SkyMed, nei quali sono concentrate le migliori competenze di Telespazio, Selex ES e Thales Alenia Space.  Camere iperspettrali, invece, sono state utilizzate nel progetto di ricerca nazionale SMAT – Sistema di Monitoraggio Avanzato del Territorio, dedicato allo sviluppo di tecnologie per il controllo e la prevenzione di eventi come alluvioni, incendi o frane. Il progetto ha visto per la prima volta utilizzati i droni Falco e Sky-Y di Finmeccanica per applicazioni ambientali. Monitoraggio del grado di erosione delle coste e del livello di inquinamento per il supporto a operazioni di gestione delle emergenze e di bonifica e agricoltura di precisione sono altre interessanti aree di applicazione per le tecnologie di telerilevamento, nelle quali Finmeccanica dispone di soluzioni all’avanguardia, già in uso in Francia per ottimizzare produttività e qualità dei vigneti. Attraverso la mappatura delle aree agricole ottenuta grazie ai dati satellitari e iperspettrali è infatti possibile supportare la realizzazione di interventi agronomici mirati all’ottimizzazione della produzione e alla salvaguardia del territorio. In crescita, infine, l’interesse per sperimentazioni e progetti che vedono l’integrazione di dati e immagini provenienti da satelliti e droni, equipaggiati con appositi sensori che consentono di monitorare e diagnosticare lo stato di conservazione di monumenti e siti archeologici supportando la pianificazione efficace e tempestiva degli interventi di manutenzione o recupero.

 

EXPO 2015: la Terra vista dallo Spazio

EXPO 2015: la Terra vista dallo Spazio

AGRICOLTURA_Pantelleria_Deimos-2_mar15L’EXPO 2015 è un’occasione per riflettere su quanto lo sviluppo delle tecnologie spaziali e le attività satellitari di osservazione della terra possano contribuire al miglioramento della produzione agricola e della disponibilità di cibo per le popolazioni del pianeta. Il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia propone, fino al 10 gennaio 2016, la mostra “Il mio Pianeta dallo Spazio – Fragilità e Bellezza”, progetto espositivo promosso e organizzato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), la Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione Europea e la Commissione Europea. Una mostra per immagini e videoinstallazioni che offre l’opportunità di vedere il nostro pianeta con gli occhi dei satelliti e capire quanto questi preziosi strumenti possono contribuire alla sicurezza alimentare e allo studio del pianeta Terra. Curata da Viviana Panaccia e presentata al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 2014, nell’edizione di Milano si focalizza su agricoltura, foreste e territorio essendo i temi della sicurezza alimentare e dell’agricoltura gli argomenti di EXPO 2015. Un evento concepito per esaltare il ruolo delle tecnologie spaziali per la corretta gestione delle risorse del pianeta e alla cui inaugurazione hanno partecipato l’astronauta Luca Parmitano, Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana Volker Liebig, Direttore dei Programmi di Osservazione della Terra di ESA, Simonetta Cheli , capo dell’Ufficio di Coordinamento Direttorato Programmi Osservazione della Terra

“Nutrire il pianeta significa innanzitutto averne cura – sottolinea Fiorenzo Galli, Direttore Generale del Museo della Scienza e Tecnologia – Mostrare con queste straordinarie immagini la bellezza e la fragilità della ‘nostra casa’, dà la possibilità di comprendere il valore della gestione delle risorse naturali, della protezione dell’ambiente, della tutela delle foreste che ci fanno respirare, della terra da coltivare, della biodiversità, dell’aggressività antropocenica da contenere, per dare un giusto futuro ai nostri figli”.

Il percorso espositivo, in un’area attigua all’esposizione permanente dedicata allo Spazio e all’Astronomia, verte su quattro aree tematiche; ghiacci e acqua, foreste, agricoltura e città, Gli occhi dei satelliti ci inviano immagini della Terra in cambiamento e sottolineano l’importanza fondamentale delle piattaforme orbitale di osservazione terrestre come strumento per la gestione delle risorse naturali e la protezione dell’ambiente. Oggi esistono oltre 30 aree metropolitane con più di 10 milioni di abitanti ciascuna. I dati ad alta risoluzione forniti dai satelliti sono importanti per la pianificazione e uno sviluppo sostenibile delle aree urbane e possono essere utilizzati per controllare l’inquinamento dell’aria, i rischi ambientali e le risorse idriche.

Anche la Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università La Sapienza di Roma (Aula del Chiostro di Via Eudossiana 18, dalle 14:30 di mercoledì 13 maggio), su iniziativa del prof. Marcello Onofri, promuove una conferenza per analizzare il contributo possibile della ricerca spaziale al miglioramento della produzione agricola e alla crescita dell’agricoltura sostenibile sulla Terra. A parlarne è stata chiamata Ellen Stofan, Chief Scientist della Nasa, insieme a Volker Liebig, Direttore ESA- ESRIN, Enrico Flamini, Coordinatore Scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana. Un’opportunità per discutere i progressi fatti nello sviluppo di nuovi metodi di alta tecnologia per affrontare le diverse sfide in agricoltura, sicurezza alimentare e cambiamenti climatici.

Nell’immagine in evidenza, l’isola di Pantelleria (credit: ESA)

EXPO 2015: salvare l’agrobiodiversità

EXPO 2015: salvare l’agrobiodiversità

xylellaA EXPO 2015 arriva uno strumento, nato da un’alleanza fra ricercatori italiani e statunitensi, per preservare la biodiversità nel settore agricolo, sempre più minacciata dai cambiamenti climatici, dall’utilizzo intensivo di prodotti chimici e dalla diffusione di specie esotiche invasive, come la cicalina e la Xylella fastidiosa, che mettono in pericolo “gioielli nazionali” come vite ed olivo. Si tratta di una tecnologia messa a punto nell’ambito del progetto GlobalChangeBiology , coordinato dall’ENEA e sviluppato in collaborazione con l’Università californiana di Berkeley e il consorzio scientifico no profit CASAS Global, presentata in occasione del convegno “Un mondo (bio)diverso: l’agrobiodiversità in un mondo che cambia”, tenutosi a Milano presso l’Auditorium di Cascina Triulza.

La diffusione di specie ‘invasive’ che colonizzano territori lontani da quelli di origine, ha costi elevatissimi, circa dieci volte più alti di quelli dovuti ai disastri naturali. Stime recenti della Coldiretti indicano che i danni da specie invasive alle colture italiane assommano a circa un miliardo di euro l’anno. È il caso, ad esempio, della cicalina Scaphoideus titanus, originaria del nord America e arrivata in Europa a metà del secolo scorso; nutrendosi della linfa della vite, è in grado di trasmettere alla pianta una grave malattia, la flavescenza dorata, che obbliga i viticoltori ad effettuare trattamenti insetticidi e, molto spesso, ad estirpare le viti infette. Anche negli oliveti è piena emergenza per il batterio fitopatogeno Xylella fastidiosa, che potrebbe rappresentare una concreta minaccia per il patrimonio olivicolo nazionale e mediterraneo.

L’allarme nasce anche dal fatto che con il surriscaldamento del clima e la globalizzazione, le specie invasive sono destinate ad aumentare: lo testimonia la crescente presenza di insetti tropicali e di vegetali dannosi nel Bacino del Mediterraneo, dalla zanzara tigre, all’alga killer che ha causato danni ingenti nelle praterie di Posidonia, fino alla Xylella che non era mai stata segnalata prima nella regione euro-mediterranea.

xylella2“L’ecosistema agricolo – spiega l’agronomo ed entomologo ENEA Luigi Ponti – è composto da moltissimi elementi che interagiscono e questo lo rende assai complesso. Grazie alla nostra tecnologia basata su un software che simula il funzionamento di un ecosistema nei suoi elementi essenziali e secondo appositi scenari, per la prima volta è possibile intervenire su base scientifica quantitativa per affrontare le criticità determinate dagli stress intensi e molto rapidi a cui l’agroecosistema è oggi sottoposto”.

Nello specifico, il software consente di tracciare una mappa del rischio costituito dagli insetti invasivi, ossia di valutarne la diffusione e di quantificarne il danno potenziale a livello territoriale, sulla base di modelli che simulano le dinamiche di colture e specie infestanti in relazione a comportamenti, fisiologia e condizioni climatiche.

Nel convegno si affronta anche il ruolo degli agricoltori – ma anche di allevatori, nutrizionisti, economisti, esperti di sicurezza alimentare o di politiche agrarie – nella selezione delle varietà e nella trasformazione dei prodotti che mangiamo. Spesso il consumatore non ha percezione diretta dei fattori che compongono la filiera, né delle implicazioni etiche che le proprie scelte hanno sulla disponibilità delle risorse genetiche sul lungo termine.

“In questo scenario – sottolinea la ricercatrice ENEA Federica Colucci – l’agricoltore è chiamato a stabilire nuove relazioni con i consumatori-cittadini, con il territorio e con il mercato. Ciò sta determinando negli ultimi anni la riformulazione delle scelte quotidiane d’acquisto dei consumatori ad esempio attraverso i Gruppi di Acquisto Solidale, i farmer’s market, la vendita diretta presso le aziende agricole. Forme di acquisto che rispondono non solo all’esigenza di accedere a cibo di qualità, ma anche di riappropriarsi di beni e servizi di cui il cibo e l’agricoltura sono portatori”.

Nell’immagine in evidenza: la hylella fastidiosa

Clima: accordo tra Pakistan e EvK2Cnr

Clima: accordo tra Pakistan e EvK2Cnr

IslamabadUna tempesta di grandine e le strade di Islamabad ricoperte di ghiaccio: non di terra o di acqua, di ghiaccio. Un evento atmosferico fuori dall’ordinario che fa da scenario al Memorandum of Understanding firmato tra il Ministro del Climate Change del Governo pakistano e il presidente del comitato EvK2Cnr. Si tratta del primo accordo del genere a livello internazionale tra il Governo pakistano e un ente esterno: una sottoscrizione di intenti riguardanti tutte le attività di supporto scientifiche e osservative relative agli studi sui cambiamenti climatici che prevede la condivisione di importanti dati: un patto volto a migliorare la cooperazione internazionale e l’efficienza nelle attività di ricerca. Nel corso della stessa cerimonia è avvenuta la consegna ufficiale del Management Plan del Central Karakorum National Park elaborato con il contributo di EVk2Cnr al Chief Minister del Gilgit Baltistan, piano di gestione di recente approvato dal Governo della Regione.
La firma dell’accordo – il Memorandum of Understanding – è arrivata a distanza di quasi 3 anni dall’inizio dei lavori. II MoU è stato sottoscritto – alla presenza di Rana M Farooq Saeed Khan, Federal Minister for Climate Change – dal direttore generale del ministero Jawaid Ali Khan per il Governo pakistano e il Global Change Impact Studies Center e da Agostino Da Polenza per il comitato EvK2Cnr.
Il GCISC – Global Change Impact Studies Center – nasce nel 2002 in Pakistan allo scopo di studiare strategie di gestione delle conseguenze dei cambiamenti climatici nell’ambito del clima, dell’acqua, dell’energia, delle risorse alimentari, della salute, dell’ecologia e delle nuove tecnologie. In particolare gli sforzi maggiori sono volti alle ricerche sulla valutazione degli impatti del Global Change sui settori socio-economici chiave per il Pakistan, come risorse idriche e agricoltura, e nell’individuazione di adeguate misure per contrastare gli effetti negativi.
Un’attività quella del GCISC che viaggia nella stessa direzione di quella svolta anche dal Comitato EvK2Cnr, che da anni è presente in Pakistan nell’ambito di progetti di cooperazione internazionale – prima con Karakorum Trust, poi con il macro progetto Seed – Social, Economic and Environmental Development – e in ambito di ricerca ambientale con il progetto di monitoraggio climatico e ambientale SHARE – Stations at High Altitude for Research on Environment, grazie a cui il Comitato EvK2Cnr ha potuto installare in Karakorum diverse stazioni di monitoraggio climatico e acquisire informazioni su clima ed atmosfera.
Proprio al fine di proseguire queste attività, di facilitare la ricerca scientifica e ottimizzare i risultati è stato siglato oggi il Memorandum: GCISC e Comitato si riconoscono partner, e si impegnano a cooperare e a condividere attività, know how e dati scaturiti dagli studi sul campo.

SHARE, il primato delle ricerca italiana in alta quota

SHARE, il primato delle ricerca italiana in alta quota

Il Comitato EvK2Cnr ha illustrato a Roma i risultati 2012 del Progetto di monitoraggio climatico e ambientale SHARE (Stations at High Altitude for Research on Environment), il più importante progetto di ricerca italiano in materia di monitoraggio in alta quota. L’Edizione 2012 del Report SHARE  presenta con una nuova dinamica il progetto di EvK2Cnr su clima e montagne: Report, Highlights e Focus. Il Report 2012 è diviso in quattro sezioni principali (Work Packages): Ricerca scientifica e clima, Ricerca tecnologica, Sistema informativo, Capacity building. La parte di Ricerca scientifica è a sua volta divisa in quelli che sono cinque pilastri del progetto: Atmosfera e Clima, Glaciologia, Risorse idriche, Biodiversità, Medicina ambientale e salute. All’interno di questi “pilastri” trovano spazio sette Progetti Pilota, progetti di riferimento e di importanza strategica per SHARE che riguardano: SHARE ABC-Atmospheric Brown Clouds, Center For Numerical Modelling & Earth Observations di Kathmandu, SHARE Stelvio, SHARE PAPRIKA, Carotaggio dei ghiacciai non polari e archivio delle carote di ghiaccio, SHARE Himalayan Seed Bank, SHARE Gard Khumbu.
Tra gli Highlights, che per la prima volta in questo documento trovano spazio, viene presentato un nuovo impegno: promuovere la Giornata Mondiale dell’Ambiente (5 Giugno) nelle scuole della Valle del Khumbu, in Nepal, per illustrare e parlare ai ragazzi di clima, ambiente, montagne e delle ricerche svolte al Laboratorio Piramide.
“A questo Highlight è dedicata la nostra copertina – spiega Paolo Bonasoni responsabile del Progetto SHARE – perché il futuro dell’ambiente e delle montagne che studiamo passa dai ragazzi e dai giovani, a cui SHARE dedica particolare attenzione. Proprio questa attenzione è rivolta a giovani studenti che, grazie alle ricerche ed alle osservazioni sviluppate nell’ambito del Progetto, hanno presentato e discusso tesi di laurea o di dottorato.”
Le attività osservative legate a SHARE hanno permesso di presentare i risultati su pubblicazioni scientifiche ed a convegni e congressi. Tra questi, la partecipazione alla XVIII  Conferenza ONU sul Clima svoltasi a Doha, ed al meeting annuale del progetto UNEP-ABC Atmospheric Brown Clouds a Pechino.
“I risultati conseguiti sono ottenuti grazie all’impegno di numerosi ricercatori e alla sinergia con il progetto MIUR Next-Data e con numerose istituzioni, enti ed organizzazioni italiane e straniere – sottolinea Toni Ciaschi, vice presidente del Comitato EvK2Cnr – Un ringraziamento va quindi ai ricercatori di SHARE che in Nepal, Pakistan, Uganda, Bolivia, Cile, Francia, Italia, nel silenzio delle montagne e nelle faticose attività di ricerca svolte in alta quota, sul campo e sui ghiacciai, permettono ad una ben più vasta comunità scientifica di godere di dati ed informazioni altrimenti impossibili da ottenere”.
Contestualmente a SHARE 2012 è stato poi presentato l’Annuario dei Dati 2011, che raccoglie le informazioni riguardanti le stazioni meteorolologiche della rete SHARE.
“Quella del Progetto SHARE è un unicum e un eccellenza nel panorama della ricerca scientifica italiana, precisa Virginia Coda Nunziante Direttore Ufficio Accordi e Relazioni Internazionali CNR, un progetto internazionale di monitoraggio climatico ambientale ad alta quota, che grazie all’eccezionalità dei suoi dati e alla continuità delle misure svolte in zone remote del pianeta, è stato inserito nei maggiori programmi sul clima e l’ambiente a livello internazione (Unep -Programma Ambientale delle Nazioni Unite, Wmo- Organizzazione meteorologica  mondiale, Geo-Gruppo intergovernativo ad hoc per le Osservazioni della Terra, solo per citarne alcuni.”