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C’era grande attesa per l’annuncio che la Nasa avrebbe dato in relazione a un’importante scoperta scaturita nel corso della missione del rover Curiosity sulla superficie di Marte. La conferenza stampa, svoltasi alle 18 italiane di lunedì 3 dicembre nella sede della Società Geofisica Americana a San Francisco, ha svelato ciò che più realisticamente si riteneva fosse emerso dalle analisi del terreno marziano. Ovvero tracce di acqua più ricca di quella presente sulla Terra, in cui sono presenti composti prevalenti come deuterio, zolfo e cloro insieme a molecole organiche elementari, certamente non di tipo biologico. Il bilancio dei primi cento giorni della missione Curiosity, dal costo di 2,6 miliardi di dollari, è sicuramente soddisfacente per il mondo scientifico che attende riscontri sulla presenza di un elemento base come l’acqua, non per chi si sarebbe aspettato la conferma di tracce di vita riesumate dal passato del Pianeta Rosso. In effetti John Grotzinger, a capo del team di ricerca scientifica della missione Curiosity, si era fin troppo sbilanciato parlando di scoperta epocale. Tuttavia, il punto di vista di uno scienziato può non essere lo stesso di un osservatore comune. Per cui le analisi chimico-fisiche nel cratere Gale, dove il rover scandaglia con il suo braccio robotico, hanno rilevato tutta la loro importanza, pur senza trovare traccia di molecole organiche complesse.

Resta in pista la missione europea Exomars, che prevede l’invio di una prima sonda nel 2016 e lo sbarco di un rover nel 2018 che sarà dotato di un sistema di perforazione capace di spingersi due metri sotto la superficie, dove potrebbero conservarsi indizi di forme organiche sopravvissute al tempo e all’azione dei raggi cosmici.