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Juno welcome to Jupiter

Juno welcome to Jupiter

juno-jupiter-orbitLa sonda Juno è entrata nell’orbita di Giove, eseguendo alla perfezione le manovre prescritte. Un successo pieno nel momento più delicato della missione, ovvero l’avvicinamento al grande pianeta gassoso. Juno è riuscita a gestire l’attrazione esercitata dal gigantesco campo gravitazionale di Giove, attraverso una serie di manovre complesse pianificate dal team del Jet Propulsion Laboratory della NASA e avviate nella serata dell’Indipendence Day americano, quando in Italia erano le 3:16 di martedì 5 luglio. Juno ha abbandonato la posizione di crociera, con i pannelli fotovoltaici orientati verso il Sole, e si è disposta per l’ingresso nell’orbita di Giove. Alle 4:41 la sonda ha iniziato a trasmettere attraverso la sua antenna a basso guadagno, ricevendo e inviando i segnali di controllo e aggiornamento dello stato della missione per tutto il periodo di inserimento in orbita. Alle 4:56 la velocità di rotazione attorno all’asse principale è stata aumentata da due a cinque rotazioni al minuto, allo scopo di stabilizzare il veicolo e agevolare la manovra in corso. Alle 5:18 è stato acceso il motore principale della sonda per ridurre la velocità a 1.950 km/h e fare in modo che Juno potesse essere catturata dalla gravità gioviana. Alle 5:55 la velocità di rotazione è stata riportata da cinque a due giri al minuto. Alle 6:07 la sonda è tornata a orientare i tre pannelli fotovoltaici in direzione del Sole. Alle 6:11 il flusso di comunicazioni è stato trasferito dall’antenna a basso guadagno all’antenna a medio guadagno. Cinque minuti dopo Juno ha ricominciato a trasmettere i segnali telemetrici, tenuto conto che il ritardo dovuto alla distanza tra Giove e la Terra è di 48 minuti. Negli USA è ancora il 4 luglio quando nel centro di controllo del JPL di Pasadena si esclama “Welcome to Jupiter”, che rende ufficiale il successo della manovra di inserimento in orbita. Una procedura che ha vissuto i momenti più delicati quando Juno ha dovuto “rallentare” la sua velocità da oltre 200mila km/orari a poco meno di 2mila; una frenata durata 35 minuti, che ha permesso alla sonda di tracciare alla perfezione il suo cammino intorno al pianeta gigante seguendo un’orbita di 53 giorni e mezzo. Juno tornerà ad avvicinarsi a Giove nel mese di agosto, quando sarà al perielio, per poi stabilizzare il periodo a 14 giorni ma sempre seguendo orbite fortemente ellittiche per consentire avvicinamenti estremi al pianeta, a 4.184 chilometri di quota. Una distanza minima mai raggiunta prima d’ora, tale da permettere alle strumentazioni scientifiche della sonda di studiare nei minimi dettagli l’ambiente gioviano. Due dei nove strumenti a bordo sono di progettazione e realizzazione italiana.

Lo spettrometro JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper), ideato dal gruppo di ricerca dell’Istituto Nazionale di Astrofisica guidato dalla planetologa Angioletta Coradini, scomparsa prematuramente nel 2011, permetterà all’Italia di recitare un ruolo di primo piano in questa affascinante missione – come sottolinea Nicolò D’Amico, presidente dell’INAF. Finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana, realizzato da Finmeccanica e operato sotto la responsabilità scientifica dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS) dell’INAF, lo spettrometro JIRAM operante nel vicino infrarosso svolgerà indagini negli strati superiori dell’atmosfera gioviana e sarà in grado di rilevare l’eventuale presenza di metano, vapore acqueo, ammoniaca e fosfina e fornirà immagini delle aurore. L’altro componente italiano di Juno è KaT (Ka-Band Translator) uno strumento di radioscienza realizzato dall’Università La Sapienza di Roma, realizzato da Thales Alenia Space Italia sempre con il supporto di ASI. “Finalmente dopo undici anni di lavoro, di cui cinque di viaggio attraverso lo spazio, siamo finalmente a Giove, la meta tanto attesa! – sottolinea Alberto Adriani, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Principal Investigator dello strumento JIRAM a bordo di Juno – E adesso arriva il bello: non vediamo l’ora di accendere i nostri strumenti e raccogliere i primi dati scientifici, che ci permetteranno di svelare molti aspetti ancora ignoti del più grande e ostile di tutti i pianeti del nostro Sistema solare.”

Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, ha sottolineato che, al di sotto delle nubi gioviane, Juno troverà uno strato di idrogeno ad altissima pressione che agisce come conduttore elettrico. Si pensa che la rotazione veloce di Giove (un giorno, sul pianeta grande 318 volte più della Terra, dura appena 10 ore) combinata con gli effetti prodotti dall’idrogeno metallico, generi un potente campo magnetico attorno al pianeta, 20 mila volte più potente di quello terrestre, con elettroni, protoni e ioni che viaggiano quasi alla velocità della luce intrappolati al suo interno. Decisamente più lapidario il responsabile della missione, l’americano Scotto Bolton, che sintetizza la filosofia del viaggio di Juno intorno a Giove con un emblematico “Get the data and get out”, ovvero registra i dati scientifici nel periodo di massimo avvicinamento e allontanati velocemente.

Il 30 giugno è Asteroid Day

Il 30 giugno è Asteroid Day

AsteroidDayIl 30 giugno si celebra la seconda edizione dell’Asteroid Day, evento promosso nello stesso giorno in cui nel 1908 a Tunguska in Siberia si verificò l’impatto di un asteroide che provocò la distruzione di milioni di alberi e un sisma equivalente al quinto grado della scala Richter, rilasciando l’equivalente di 100 tonnellate di tritolo e devastando una superficie di circa 2.000 km quadrati. L’obiettivo dell’Asteroid Day, che vede l’Italia fungere da Paese coordinatore, è accrescere la conoscenza sulla minaccia che arriva dai cosiddetti NEO (Near-Earth Objects), i sassi cosmici più vicini alla Terra. Di quelli che comportano rischi potenziali si è arrivati a scoprirne 2000 all’anno per un totale di 15mila. Solo una parte rispetto al milione stimato di oggetti vaganti. Anche conoscerne la composizione chimico-fisica è importante per valutarne gli effetti che avrebbe un eventuale impatto con la nostra atmosfera. I governi e le organizzazioni spaziali cominciano a farsi carico del problema e la stessa Unione Europea ha fatto partire nel 2015 il progetto NeoShield. E l’Agenzia Spaziale Europea ha varato il programma Asteroid Impact Mission.

Partita come iniziativa di poche persone interessate allo studio dei corpi cosmici minori, l’Asteroid Day coinvolge migliaia di persone in tutto il mondo per diffondere conoscenza e consapevolezza sul tema degli asteroidi. La caduta di un meteorite nei cieli della città russa di Chelyabinsk il 15 febbraio del 2013 ha smosso le coscienze e riportato l’attenzione su quella che l’astrofisico Stephen Hawking definisce «una delle principali minacce alla vita intelligente nel nostro Universo, ovvero l’alta probabilità di una collisione tra un asteroide e un pianeta abitato».

In occasione dell’Asteroid Day, il canale televisivo Discovery Science, Sky canale 405, ha deciso di mandare in onda dal 28 al 30 giugno, alle ore 22:00, un programma speciale dal titolo “Asteroid days“, che comprende la prima visione di “Man vs Asteroid“, il documentario realizzato da Brian May, astrofisico e chitarrista dei Queen, il quale ha creato la fondazione AsteroidDay.org, a cui aderiscono scienziati, astronauti e tecnici dello spazio con l’obiettivo di approfondire la minaccia di asteroidi e meteoriti, e aumentare di un fattore 100 il numero annuo di oggetti cosmici a potenziale rischio di impatto con il nostro pianeta. «Il nostro obiettivo è quello di dedicare un giorno dell’anno alla conoscenza degli asteroidi, antichi mattoni che ci raccontano le origini del nostro sistema solare, e per sostenere le risorse necessarie alla ricerca di quei corpi con orbite potenzialmente pericolose», spiega Brian May, il quale sottolinea come «gli asteroidi sono un disastro naturale che siamo in grado di prevenire».

 

Principia e fine per Peake

Principia e fine per Peake

peake_uk_iss_exp46_121815_945Sono trascorsi appena cinque giorni tra la fine della missione Principia, condotta dal britannico Tim Peake a bordo della stazione spaziale internazionale, e la Brexit che ne decreta tecnicamente l’uscita dal corpo degli astronauti europei. Peake, sesto astronauta della Gran Bretagna, rischia di passare alla storia come l’unico selezionato dall’Agenzia Spaziale Europea. Uno dei paradossi conseguenti all’esito del referendum che ha decretato l’uscita del Paese d’oltremanica dall’Unione Europea e che coinvolge inevitabilmente anche gli status di collaborazione scientifica e spaziale. Tim Peake, 44 anni, selezionato dall’ESA nel 2009 insieme agli italiani Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti, ha trascorso 185 giorni, 22 ore e 12 minuti in orbita, facendo parte dell’equipaggio della spedizione 46-47, partito il 15 dicembre 2015 dal dal cosmodromo di Baikonur in Khazakistan e rientrato a terra alle 11:15 italiane del 18 giugno 2016 con la capsula Soyuz  TMA-19M, di cui hanno fatto parte l’americano Tim Kopra e il russo Yuri Malenchenko. A bordo della ISS sono rimasti l’astronauta americano Jeff Williams e i cosmonauti russi Oleg Skripochka e Alexey Ovchinin, in attesa del nuovo equipaggio di spedizione 48-49, composto dall’americana Kate Rubins, dal russo Anatoly Ivanishin e dal giapponese Takuya Onishi, in partenza il 6 luglio 2016. Malenchenko, con l’ultima missione di lunga durata a bordo della ISS, ha accumulato 827 giorni di permanenza nello spazio, superando Sergej Krikalev, che ne ha trascorsi 803, ed è secondo in assoluto dietro Gennadij Padalka, recordman con 878 giorni in orbita, ma rispetto al quale vanta una maggiore permanenza sulla stazione con 672 giorni contro 609.

Nei giorni della Brexit, stride il commento entusiasta di Tim Peake nel corso della conferenza stampa seguita al rientro a terra e svoltasi nel centro dell’Agenzia Spaziale Europea a Colonia in Germania. L’astronauta britannico ha sottolineato quanto velocemente il corpo umano si adatti a vivere in assenza di gravità e quanto difficile sia riabituarsi alla gravità terrestre, raccontando le prime 72 ore di riabilitazione. Durante i sei mesi di permanenza sulla Iss. Peake ha compiuto anche una missione extraveicolare per svolgere attività di manutenzione ordinaria, diventando il primo cittadino britannico a passeggiare nello Spazio. Più di ogni altra cosa, però, rimarrà nella storia la sua partecipazione virtuale alla Maratona di Londra, correndo a bordo della ISS sul tapis roulant contemporaneamente alla gara a terra, e percorrendo i 42,195 km in tre ore e 35 minuti.

Maturandi spaziali

Maturandi spaziali

Guidoni e SamanthaIl tema di maturità 2016 promuove le attività spaziali all’attenzione degli studenti e del mondo della scuola. Una delle tracce richiama espressamente «l’uomo e l’avventura dello spazio» nella tipologia saggio breve in ambito tecnico-scientifico, con chiaro riferimento alle esperienze di due astronauti italiani, Umberto Guidoni e Samantha Cristoforetti. Non è un caso che siano citati proprio loro due, probabilmente coloro che più di ogni altro tra gli italiani andati in orbita si sono dedicati alla divulgazione della vita e del lavoro nello spazio, approfondendo il significato dei programmi di esplorazione del cosiddetto quarto ambiente dell’uomo e l’importanza della ricerca scientifica al di fuori della Terra. Sia Umberto Guidoni che Samantha Cristoforetti hanno pubblicato libri a carattere divulgativo. Guidoni, in particolare, che nel 1996 è stato il secondo italiano nello spazio ma soprattutto nel 2001 il primo europeo a bordo della stazione spaziale internazionale, ha firmato una ricca bibliografia sulla vita in orbita e sulle future tappe dell’astronautica. Lo ha fatto rivolgendosi anche alle generazioni di giovani e giovanissimi. Lo stesso Guidoni è impegnato da anni in una serie di seminari aperti al grande pubblico che riscuotono larga partecipazione. AstroSamantha, che condotto la sua spedizione sulla ISS per 200 giorni consecutivi dal 23 novembre 2014 all’11 giugno 2015 battendo il record femminile di permanenza nello spazio, si è affidata al blog e ai social network per disseminare i contenuti della sua avventura in orbita, riassumendo in un film l’intero capitolo della missione comprendendo il lungo periodo di preparazione al lancio e i momenti salienti del volo spaziale. Proprio in vista della maturità 2016, Samantha Cristoforetti è stata intervistata nel corso dello speciale di Radio 24, intitolato “Notte prima degli esami” invitando il mezzo milione di studenti alle prese con il tema di italiano a fare del proprio meglio senza pensare che il loro futuro dipenda dal quel voto. AstroSamantha non poteva sapere che sarebbe stata oggetto di una delle tracce proposte dal Miur ai maturandi. Questo il commento di Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana: “La conoscenza dello straordinario rapporto tra l’uomo è lo spazio è ormai patrimonio di tutti. La decisione di farne una delle tracce dei temi di maturità significa che deve anche essere parte della preparazione di base dei nostri ragazzi, che sono poi tra i principali destinatari del nostro lavoro. L’impegno di un grande Paese come l’Italia per la conquista dello spazio serve a dare alle nuove generazioni la chiave del loro futuro.  È una cosa molto bella, perché è un tassello in più della promozione della cultura spaziale che è tra i compiti istituzionali dell’Agenzia Spaziale Italiana”.

 

 

MRO 10 anni intorno a Marte

MRO 10 anni intorno a Marte

Mars-Reconnaissance-Orbiter-MRO-640x494L’Agenzia Spaziale Italiana celebra il decennale della sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), la missione della NASA entrata nell’orbita del Pianeta Rosso il 10 marzo 2006. Ideata per studiare la storia dell’acqua su Marte e caratterizzarne il clima, MRO è stata lanciata da Cape Canaveral il 12 agosto 2005 a bordo di un vettore Atlas V e ha raggiunto il suo target dopo poco meno di sette mesi di viaggio. Il seminario promosso dall’ASI mercoledì 15 giugno è stato dedicato ai risultati della missione, soprattutto per quanto riguarda la geologia marziana, e allo strumento SHARAD, (SHAllow RADar) uno dei dispositivi principali della sonda, sviluppato in Italia e fornito alla NASA dall’ASI come Facility Instrument, in grado di penetrare nel sottosuolo e che ha rivelato la struttura interna delle calotte polari marziane. Grazie ai suoi sei strumenti, ancora pienamente attivi, la sonda è stata sinora in grado di delineare, con un dettaglio senza precedenti, il ritratto di un pianeta che miliardi di anni fa presentava svariati ambienti umidi e che tuttora mostra una situazione di notevole dinamismo. Le scoperte di maggiore rilievo di MRO, che si muove ad una quota compresa tra il 250 e i 316 km ed ha superato il termine della vita operativa inizialmente previsto, riguardano la possibilità della presenza stagionale di acqua su Marte, l’identificazione di strutture geologiche sotterranee, l’analisi degli strati dell’atmosfera e l’osservazione quotidiana del clima sull’intero pianeta. I dati raccolti da MRO hanno consentito agli studiosi di individuare tre distinti periodi su Marte. Le osservazioni condotte sulle superfici più antiche mostrano che sono esistiti diversi tipi di ambienti in cui era presente l’acqua, alcuni di essi con condizioni più favorevoli ad accogliere la vita. In tempi più recenti, l’acqua è passata allo stato di vapore tra i depositi di ghiaccio polare e quelli di neve e ghiaccio a latitudini più basse, creando dei fenomeni connessi a cambiamenti ciclici simili a quelle delle ere glaciali sulla Terra. Il pianeta odierno, infine, è caratterizzato da una notevole e varia attività dinamica, che include crateri di recente formazione, valanghe, tempeste di polvere, gelate stagionali e scioglimento di strati di biossido di carbonio, e, durante l’estate ‘marziana’, il gocciolamento di acqua salmastra. La sonda, ogni settimana, invia al proprio segmento di Terra una messe di dati di gran lunga maggiore rispetto alle altre missioni marziane considerate tutte insieme nello stesso arco di tempo. Inoltre, MRO ha realizzato la mappatura delle zone del Pianeta Rosso in cui si sono posati i rover di altre missioni di esplorazione e ha permesso agli esperti di condurre un’accurata valutazione di zone potenzialmente adeguate per futuri sbarchi su Marte.

 

Diretta Facebook con la ISS

Diretta Facebook con la ISS

live-chat-iss-fbI social network sono ormai un capitolo costante dell’esperienza di bordo degli equipaggi della stazione spaziale internazionale. Se Avamposto 42, il blog di Samantha Cristoforetti durante i 200 giorni in orbita, ha spopolato tra gli appassionati di astronautica, il primo giugno 2016 ha segnato una tappa storica per il primo collegamento tra la Terra e la Stazione spaziale internazionale (Iss) attraverso Facebook, condotto atttraverso le domande interattive degli utenti del social network. E’ stato proprio Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, a collegarsi per venti minuti a partire dalle 18,55 ora italiana, parlando con l’equipaggio della stazione orbitale. Il collegamento è stato condiviso dal profilo Facebook della Nasa che ha intitolato l’evento «Join Mark Zuckerberg to Connect with Space Station». Zuckerberg ha dialogato con i tre astronauti che attualmente si trovano a bordo del complesso orbitale: Tim Kopra e Jeff Williams della Nasa e Tim Peake dell’Agenzia spaziale europea. Il fondatore del social network ha sottoposto agli astronauti anche le domande inviate in tempo reale dal pubblico sulla pagina Facebook della Nasa.
La diretta su Facebook è un altro passo in avanti sul fronte della comunicazione social da parte degli astronauti della Stazione spaziale per diffondere a un pubblico sempre più vasto la conoscenza delle operazioni che vengono svolte durante le missioni. La NASA, come pura l’ESA, è convinta della capaciotà di penetrazione dei social soprattutto tra le giovani generazioni. Tuttavia, va riconosciuto all’astronauta italiano Paolo Nespoli il merito di aver raccontato la sua esperienza nello spazio, attraverso il suo profilo Twitter @astro_paolo, durante la missione «Magisstra», condotta tra il 2010 e il 2011.