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La tuta fa acqua e per Luca stop alla seconda EVA

La tuta fa acqua e per Luca stop alla seconda EVA

Dry-run-prep“Sono sano.. come un pesce”. Il twit di Luca Parmitano non poteva avere significato più rassicurante e sdrammatizzante dopo l’incredibile imprevisto che lo ha costretto a interrompere la seconda attività extraveicolare della missione Volare. Poco dopo le ore 14 l’astronauta italiano era uscito per primo dalla stazione spaziale, seguito dal collega americano Chris Cassidy, scandendo appieno le scadenze programmate. Mentre era iniziata l’attività di manutenzione nel vuoto, Parmitano ha avvertito il centro di controllo di Houston di avere la nuca bagnata. In un primo momento ha condiviso la sensazione con Cassidy, il quale ha negato che potesse trattarsi del suo sudore e indicato una possibile perdita d’acqua da una sacca all’interno della tuta. L’equivalente del contenuto di una bottiglia d’acqua di mezzo litro, ma in questo caso non potabile, che ha invaso gradualmente il casco di Parmitano, arrivando a bagnare orecchi, naso e bocca. Si è potuto appurare subito che non si trattava del “drink pack”, la piccola riserva di acqua che attraverso una cannuccia serve a dissetare gli astronauti durante l’attività extraveicolare. In quel momento Parmitano era intento a Parmitano stava predisponendo le attrezzature per l’attracco del modulo russo Mlm (Multifunctional Laboratory Module) atteso tra qualche mese sulla Iss e su cui verrà montato il Braccio Robotico Europeo ERA. Un incidente imprevisto, che avrebbe potuto avere conseguenze anche gravi, nonostante l’equipaggio all’interno della stazione abbia preparato l’immediato rientro dell’astronauta italiano e del collega americano. E’ trascorsa, infatti, oltre mezz’ora dall’allarme al momento in cui Parmitano, rientrato nel modulo Air Lock ed effettuata la decompressione, ha potuto togliersi il casco con l’aiuto della collega Karen Nyberg. La seconda EVA è stata interrotta dopo un’ora e 32 minuti, contro le sei di lavoro previste. Una fase di emergenza risoltasi bene ma tale da mettere a dura prova sia Parmitano che il resto dell’equipaggio della stazione spaziale.

Luca Parmitano, astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea e primo italiano a passeggiare nello spazio, ha raccolto il plauso della NASA, che ha definito “di massima efficienza” la performance sua e del collega Chris Cassidy in occasione della prima attività extraveicolare, portata a termine in poco più di 6 ore riuscendo ad effettuare anche alcune delle operazioni previste per la EVA del 16 luglio.

Parmitano, buona la prima

Parmitano, buona la prima

NASA-ISS-EVA-chrt1E’ durata sei ore circa la prima, storica passeggiata spaziale di un astronauta italiano. Il tempo di passare quattro volte dal giorno alla notte viaggiando alla velocità di 28mila km orari a 400 km di quota. Luca Parmitano ha eseguito alla perfezione e abbondantemente nei tempi previsti il lavoro programmato all’esterno della stazione spaziale, dove sta svolgendo la missione Volare dell’Agenzia Spaziale Italiana. Accanto a lui l’americano Christopher Cassidy, il primo a uscire dal complesso orbitale. Dopo aver vestito la tuta EMU (Extravehicular Mobility Unit), i due astronauti sono entrati nella camera di depressurizzazione abituandosi a respirare gradualmente ossigeno puro, liberando l’azoto dal proprio organismo. Una volta fuori, vincolato al cavo di sicurezza alla stazione e munito di una serie di attrezzi e utensili per le operazioni di smontaggio e montaggio, Parmitano ha infilato gli scarponi all’estremità del braccio robotico Canadarm, manovrato dall’interno dall’astronauta americana Karen Nyberg, con cui è stato spostato da un punto all’altro della ISS per raggiungere i punti dove eseguire le operazioni di manutenzione di componenti ed esperimenti.

I due astronauti, che hanno indossato la tuta EMU (Extravehicular Mobility Unit), sono entrati nella camera di depressurizzazione quasi cinque ore prima dell’orario di inizio dell’attività extraveicolare, abituandosi a respirare gradualmente ossigeno puro e liberando l’azoto dal proprio organismo. Per la prima volta sulla tuta di un astronauta che passeggia nel vuoto c’è la bandiera italiana e sui guanti il logo delle Agenzie Spaziali Italiana ed Europea.

Il primo intervento ha interessato l’esperimento Misse 8, montato all’esterno per studiare il comportamento di alcuni materiali esposti alla radiazione cosmica. L’astronauta italiano ha estratto due unità dal box dell’esperimento trasferendole all’interno del modulo di depressurizzazione. Parmitano è passato poi alla sezione che ospita l’esperimento Ams (Alpha Magnetic Spectrometer), lo strumento del peso a terra di sette tonnellate concepito per dare la caccia all’antimateria e alla materia oscura. Poi, come un operaio su una gru telescopica, si è spostato per un quarto d’ora lungo il traliccio della stazione spaziale, affiancato dal collega Chris Cassidy, provvedendo a montare nuovi radiatori termici che servono a dissipare l’energia prodotta in eccesso dai panelli solari. Un’operazione ripetuta sul lato opposto, con Parmitano sempre vincolato al braccio robotico e incaricato di rimuovere una videocamera rotta. La prima attività extraveicolare si è conclusa in largo anticipo, un’ora circa, e con il perfetto compimento di tutte le operazioni.

Un successo assoluto, seguito in diretta streaming sui siti web di ASI e NASA, e un sogno realizzato, come ha sottolineato con giustificato entusiasmo l’ing. Enrico Saggese, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. La passeggiata spaziale è il sogno di tutti gli uomini che vanno nello spazio. Parmitano lo ha coronato ed è diventato il 203esimo a vivere questa straordinaria esperienza da quando, nel 1965, il russo Leonov si spinse per la prima volta all’esterno della sua navicella Soyuz, seguito un mese dopo dall’americano White, preso da euforia dopo oltre mezz’ora di fluttuazioni tra la Terra e le stelle. Non è stato così per Luca Parmitano, sorridente e sicuro per tutta la durata dell’attività extraveicolare dalla preparazione al rientro nel modulo. La professionalità e la concentrazione hanno preso il sopravvento sull’emozione. “Abbiamo atteso 21 anni per raggiungere questo prestigioso obiettivo – ha detto Saggese, con chiaro riferimento al debutto in orbita di Franco Malerba, primo astronauta italiano della storia. L’Italia è diventato il decimo Paese a poter vantare un astronauta che abbia compiuto una passeggiata spaziale. Affrontarla significa avere capacità uniche, come quella di mantenersi concentrati per un lungo periodo, superare la stanchezza, eseguire con precisione tutte le operazioni. Per un astronauta – ha concluso Saggese – essere selezionato per una EVA vuol dire aver raggiunto uno standard elevatissimo”. Per Luca Parmitano appuntamento con la seconda attività extraveicolare martedì 16 luglio, sempre in compagnia di Chris Cassidy.

La passeggiata spaziale di Luca Parmitano

La passeggiata spaziale di Luca Parmitano

Parmitano ISSA sei settimane dalla partenza della missione Volare, la prima di lunga durata dell’Agenzia Spaziale Italiana, Luca Parmitano si prepara a un nuovo primato: l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e pilota sperimentatore dell’Aeronautica Militare, sarà protagonista della prima delle due attività extraveicolari (EVA, Extra Vehicular Activity) previste.

Gli obiettivi delle cosiddette ‘passeggiate spaziali’ saranno basati sulle priorità del programma ISS e includeranno la movimentazione e il recupero di esperimenti esterni, la sostituzione di una telecamera e attività di manutenzione della Stazione; ma l’obiettivo primario di entrambe le EVA sarà la preparazione per l’installazione del modulo russo MLM (Multifunctional Laboratory Module), su cui verrà montato il Braccio Robotico Europeo (ERA).

Fino alle ore 17.00 sarà possibile seguire  l’attività extraveicolare di Parmitano con il commento in italiano, anche su AsiTV, per spiegare le diverse attività che Luca Parmitano e l’astronauta Chris Cassidy effettueranno durante la “passeggiata”.

LUCA PARMITANO INCONTRA LE STELLE – CLICCA QUI PER LA DIRETTA DALLO SPAZIO

Ci lascia l’Amica delle Stelle

Ci lascia l’Amica delle Stelle

WCENTER 0XKBCHQEON                MARGHERITA HACK, SIAMO FIGLI DELLE STELLE MA ANCHE DEL  COMPUTER        L'astrofisica Margherita Hack fotografata al Festival delle Scienze a Roma. ANSA/ DBAAll’età di 91 anni Margherita Hack è andata incontro all’universo che ha studiato per tutta la vita. Il suo cuore, da tempo malato, ha smesso di battere all’ospedale triestino di Cattinara, non lontano dall’inseparabile osservatorio astronomico dove ha svolto la sua intensa attività di ricerca cosmica e che ha diretto per oltre vent’anni. Dichiaratamente atea, schietta e intellettualmente onesta, avversaria agguerrita dell’astrologia e della superstizione, Margherita Hack rimane una delle figure più prestigiose dalla scienza italiana, di assoluta fama mondiale.

Nata a Firenze il 22 giugno del 1922 da padre protestante e madre cattolica, si era laureata in fisica nel 1945 con una tesi sulle Cefeidi, le stelle “pulsanti” che si sono rivelate fondamentali nella misurazione delle distanze delle galassie, iniziando all’Osservatorio Astronomico di Arcetri. Nella sua autobiografia, pubblicata nel 1998, si era definita «Amica delle stelle». Autrice di testi scientifici universitari fondamentali, ha svolto una grande opera di divulgazione sia a livello editoriale che nel corso di eventi a carattere scientifico, riempiendo platee teatrali e congressuali, e nel corso di programmi televisivi. Il trattato “Stellar Spectroscopy”, scritto a Berkeley nel 1959 assieme a Otto Struve (1897-1963) è considerato ancora oggi un testo fondamentale. Nel tempo Margherita Hack ha collaborato con numerosi giornali e periodici specializzati, fondando nel 1978 la rivista “L’Astronomia” di cui è stata a lungo direttore.

La scienziata era membro dell’Accademia dei Lincei, dell’Unione Internazionale Astronomi e della Royal Astronomical Society. La spettroscopia stellare ha rappresentato il suo principale campo di ricerca. Enorme lo sviluppo delle attività didattiche e di ricerca che Margherita Hack ha promosso all’università di Trieste, dove ha dato vita nel 1980 a un “Istituto di Astronomia” che è stato poi sostituito nel 1985 da un “Dipartimento di Astronomia”, che la scienziata ha diretto fino al 1990. Dal 1982 Margherita Hack ha inoltre curato una stretta collaborazione con la sezione astrofisica della ‘Scuola internazionale superiore di studi avanzati’ (Sissa). Nel 1980 ha ricevuto il premio “Accademia dei Lincei” e nel 1987 il premio “Cultura della Presidenza del Consiglio”. Era stata inoltre insignita in occasione del suo 90° compleanno della Gran Croce del Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Giorgio Napolitano, il quale definisce Margherita Hack, personalità di grande rilievo del mondo della cultura scientifica, che con i suoi studi e il suo impegno di docente ha costantemente servito e onorato l’Italia anche in campo internazionale.

“Margherita è stata una pioniera della divulgazione della scienza presso il grande pubblico, e tutta l’astronomia italiana le deve moltissimo” – sottolinea Giovanni Bignami, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica che si è impegnato a mantenere vivo il suo insegnamento, istituendo un premio e borse di studio per valorizzare il contributo dei giovani sia in ambito scientifico che divulgativo.

Stefano Borgani, direttore dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste, ricorda il legame tra la scienziata e la struttura di ricerca di cui è stata a lungo alla guida: “Margherita Hack è stata Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987. Durante questo lungo periodo ha trasformato questo Osservatorio da un piccolo Istituto “di provincia” ad un Istituto esposto alla ricerca astronomica internazionale ed ai grandi progetti di punta.

Valentina Tereshkova, 50 anni di gloria

Valentina Tereshkova, 50 anni di gloria

Valentina-Tereshkova-4535Valentina Tereshkova, 76 anni, ha festeggiato il cinquantennale del suo storico volo nello spazio. Era il 16 giugno 1963, due anni e due mesi dopo la missione che portò in orbita Yuri Gagarin. Valentina, selezionata tra 400 aspiranti, diventò la prima donna cosmonauta. Sarebbero passati oltre vent’anni per vedere un’americana nello spazio, Sally Ride, e altro tempo ancora per vedere definitivamente aperte le frontiere alle donne che oggi vivono e lavorano stabilmente in orbita quali componenti gli equipaggi della stazione spaziale internazionale.

La russa Valentina Tereshkova è stata un’icona in epoca sovietica e resta una testimone della epopea pioneristica dell’astronautica. Rimase in orbita nella capsula Vostok 6 per tre giorni, che non furono esattamente tranquilli, alle prese come fu con il cosiddetto mal di spazio e la difficoltà di adattamento rapido in un ambiente ristretto, oltre che per altri piccoli inconvenienti tali da tenere in tensione tutto l’apparato di controllo della missione, diretta dal mitico Sergei Korolev, responsabile del programma spaziale sovietico. Due giorni prima della Tereshkova era partito il cosmonauta Valeri Bykovsky a bordo della Vostok 5. Tra le due navicelle si realizzò un avvicinamento che rappresentò il primo esempio di rendez-vouz spaziale. Dopo 49 orbite e 72 ore di volo, la prima donna nello spazio rientrò nell’atmosfera abbandonando come previsto la sua capsula a 7 km dal suolo e lanciandosi con il paracadute. Operaia prima e diplomata tecnico poi, Valentina aveva acquisito il brevetto avanzato di paracadutismo sportivo e non dovette essere difficile completare il viaggio spaziale con l’atterraggio nei pressi di Novosibirsk.

RIA-Novosti-Tereshkova-4681Dopo i sorrisi e le foto di rito che fecero il giro del mondo, la Tereshkova sarebbe rimasta a lungo la sola rappresentante del genere femminile a varcare la soglia della stratosfera, perché la sua riserva Valentina Ponomaryova non ebbe mai la possibilità di vivere la stessa esperienza. Sposa di un altro cosmonauta russo, Andrian Nikolayev, dal quale ebbe una figlia prima di divorziare, finì per lungo periodo nel limbo prima di ridiventare testimone della nuova Russia. Il 12 giugno a Vienna l’ultima apparizione pubblica, nella sede dell’ONU, dove si è discusso dell’uso pacifico dello spazio e del ruolo delle donne nei futuri programmi di esplorazione umana del cosmo. Domenica 16 giugno i festeggiamenti ufficiali a Mosca per rivivere l’impresa di mezzo secolo fa.

Missione BION-M1, un successo italiano

Missione BION-M1, un successo italiano

BION M1 fotoLa ricerca spaziale italiana continua a farsi valere in campo internazionale, nonostante la tendenza drammaticamente calante delle fonti di finanziamento. Sulla scia della pluriennale storia più volte sottolineata ed ancora proprio oggi esaltata dalla presenza di un astronauta italiano sulla Stazione Spaziale Internazionale, il 19 maggio 2013 è rientrata a terra la capsula russa Photon BION- M1, dopo circa un mese di permanenza in orbita a 575 km di quota, per eseguire diversi esperimenti nei campi della biologia, fisiologia, biotecnologia e scienza dei materiali. Proprio per la fase del rientro in atmosfera, è stato condotto un esperimento tecnologico rivolto allo studio di materiali ceramici della classe ultra-refrattari per temperature estreme, meglio noti nella comunità scientifica come “Ultra-High Temperature Ceramics UHTC”. L’esperimento è stato concepito e progettato dal gruppo della Sezione Aerospaziale del Dipartimento di Ingegneria Industriale (DII) dell’Università di Napoli “Federico II”, guidato dal prof. Raffaele Savino, e dall’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici (ISTEC) di Faenza afferente al Consiglio Nazionale delle Ricerche, sotto la supervisione del Dr. F. Monteverde.

La capsula russa è rimasta in orbita intorno alla Terra, per circa un mese. Durante la missione sono stati effettuati numerosi esperimenti, prevalentemente nei campi della biologia, fisiologia, biotecnologia e scienza dei materiali. La capsula è poi rientrata attraversando l’atmosfera terrestre ed è quindi atterrata nella regione russa di Orenburg, vicino al confine con il Kazakistan.

Grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ed alla collaborazione con il “Department of Sanitary Chemical and Microbial Safety (IMBP) con sede a Mosca afferente all’Accademia Russa delle Scienze, DII e ISTEC hanno progettato e sviluppato in auto-finanziamento due componenti realizzati in UHTC con funzione di “holder” opportunamente installati sulla parte anteriore esterna dello scudo termico della suddetta capsula. All’interno dei due “holders” in UHTC, alloggiati appunto sulla superficie esterna della capsula di rientro, sono stati ospitati non solo campioni di natura biologica provenienti dal IMBP ma anche sensori passivi di temperatura. Questi ultimi hanno giocato un ruolo di “in-situ monitoring” per lo studio e la caratterizzazione aero-termodinamica dei materiali UHTC durante la fase del rientro atmosferico.

Al termine della missione, subito dopo l’atterraggio, i due “holders” sono stati recuperati e, ad una prima ispezione visiva, hanno mostrato di aver resistito adeguatamente alle condizioni critiche di carico termico incontrate durante il rientro atmosferico. Sono iniziate subito le procedure di trasferimento dei componenti in Italia per le analisi “post-flight” comprendenti simulazioni numeriche e analisi micro-chimiche tese a correlare gli andamenti delle principali grandezze misurate durante la traiettoria di rientro con lo stato finale di alterazione del materiale in superficie. L’esperimento ha messo in evidenza che esistono in Italia notevoli competenze nella progettazione e realizzazione di materiali ceramici che possono aprire nuove frontiere per lo sviluppo di nuove generazioni di velivoli ipersonici e sistemi di rientro dallo spazio.