La seconda missione della navetta automatica Dragon diretta verso la stazione spaziale internazionale non va certo per il verso giusto. Il lancio ha rispettato i tempi (le 16:10 ora italiana di venerdì 1 marzo da Cape Canaveral), ma la sequenza delle operazioni in orbita ha avuto pesanti contrattempi. Spinta dal razzo Falcon 9, Dragon ha raggiunto l’orbita prevista ma i pannelli solari che devono garantire la fornitura di energia non si sono aperti automaticamente e per farlo i tecnici della società spaziale Space X hanno dovuto fare ricorso a una serie di manovre. Il vero problema risiede nel sistema di propulsione, dal momento che tre dei quattro motori sono risultati bloccati. La qual cosa ha costretto a rinviare l’attracco alla ISS per consentire di riattivare almeno uno dei tre motori non funzionanti. A bordo di Dragon sono stati stivati 600 kg di materiali destinati alla realizzazione di 160 esperimenti scientifici. Un carico prezioso per le attività di ricerca programmati nei laboratori della stazione orbitale. Si tratta del secondo dei 12 voli di rifornimento che la Nasa ha assegnato a Space X per un valore di 1,6 miliardi di dollari. Già il 7 ottobre 2012, in occasione della prima missione, uno dei nove propulsori del razzo vettore Falcon 9 non aveva funzionato, ma ciò non aveva impedito a Dragon di entrare in orbita e successivamente raggiungere e agganciare la stazione spaziale.
Il profilo della missione prevede che Dragon si accosti al complesso orbitale e venga agganciate dal braccio robotico. Tra gli esperimenti che viaggiano verso la ISS ci sono quello sviluppato dall’Agenzia Spaziale Europea e dal centro Ames della NASA, denominato Growth-1, che permetterà di studiare la crescita e la fioritura in assenza di gravità di una particolare pianta di piccola taglia, l’Arabidopsis thaliana, e il Cell Bio Tech Demo, che permetterà di analizzare il comportamento di cellule e tessuti biologici sfruttando le condizioni di microgravità con la prospettiva di applicare le nuove conoscenze nei laboratori terrestri.
Il lancio del Falcon 9 con la navetta Dragon da Cape Canaveral
Oltre alla funzione di cargo spaziale, Dragon dovrebbe trasformarsi entro un paio d’anni in una capsula abitata per trasferire gli equipaggi verso la stazione spaziale, grazie anche al finanziamento di 440 milioni di dollari concesso dalla NASA, alle prese con la sostituzione degli Space Shuttle andati in pensione. Nel 2013 è previsto il debutto di un secondo soggetto privato, Orbital, che mette a disposizione un veicolo di rifornimento automatico basato su un modulo pressurizzato costruito negli stabilimenti di Thales Alenia Space a Torino.
Oltre mezzo secolo dopo l’invio dei primi animali nello spazio, nelle missioni propedeutiche alle missioni umane in orbita, l’Iran lanciato un veicolo che, spinto da un razzo vettore che celerebbe le capacità balistiche raggiunte dal Paese, ha raggiunto la quota di 120 km prima di fare rientro e riportare a terra la scimmia che era a bordo. Il primo mammifero a volare nello spazio fu la cagnetta Laika, lanciata dall’Unione Sovietica il 3 novembre 1957. Secondo i programmi di Teheran, i primi astronauti iraniani dovrebbero volare entro la fine di questo decennio. Il razzo Kavoshghar 5 che ha spinto la capsula Pishgam (Pioniere) del peso di 285 kg con la scimmia oltre l’atmosfera avrebbe tutte le caratteristiche del missile a lungo raggio impiegabili per recare nell’ogiva una testata nucleare. Un sospetto che da solo basta per alzare il livello di attenzione sui programmi dell’Iran in campo spaziale e missilistico. Nel 2011 un’analoga missione era fallita, ma il Paese arabo ha allenato cinque scimmie da impiegare in missioni propedeutiche al lancio di astronauti. Il programma spaziale iraniano è diretto da Hamid Fazeli, il quale ritiene che la prima missione umana potrebbe svolgersi nel 2018. Dopo Russia, Stati Uniti, Unione Europea, Cina e India, anche l’Iran aspira e si appresta a entrare nel rispetto club delle potenze spaziali.
Il terzo ed il quarto satellite del sistema globale di navigazione satellitare Galileo sono stati lanciati in orbita dallo spazio porto europeo nella Guyana Francese. Si aggiungono al primo paio di satelliti lanciati un anno fa, completando così la fase di validazione del programma Galileo. Il lanciatore Soyuz ST-B, operato da Arianespace, si è alzato alle 18:15 GMT (20:15 CEST) del 12 ottobre dal Centro Spaziale della Guyana. Tutti gli stadi del veicolo Soyuz hanno funzionato nominalmente e lo stadio superiore Fregat-MT ha rilasciato i satelliti Galileo nell’orbita selezionata a 23.200 Km di altitudine, dopo 3 ore e 45 minuti dal lancio.
I satelliti sono stati costruiti da un consorzio capitanato da Astrium come appaltatore principale, con Thales Alenia Space incaricata dell’assemblaggio, integrazione e test. Le operazioni sono dirette da SpaceOpal, una società congiunta del Centro Aerospaziale Tedesco DLR e dell’italiana Telespazio, mentre le prime operazioni di controllo dei satelliti sono effettuate da un team congiunto ESA- CNES, l’Agenzia spaziale francese, a Tolosa, Francia. Dopo i controlli iniziali, i satelliti passeranno ai Centri di Controllo Galileo di Oberpfaffenhofen, in Germania, e del Fucino, in Italia, dove saranno testati prima di essere commissionati per la fase di validazione del servizio di Galileo. Dal punto di vista delle prestazioni, questi satelliti IOV per la Validazione In Orbita sono come i satelliti che saranno lanciati successivamente.
Con quattro satelliti identici in orbita, ora l’ESA sarà in grado di dimostrare appieno le prestazioni del sistema di posizionamento Galileo prima dello spiegamento dei rimanenti satelliti operativi.
“Già dal primo lancio un anno fa, la tecnologia Galileo ha mostrato le sue qualità in orbita – ha detto Didier Faivre, Direttore ESA del Programma Galileo e delle relative attività di Navigazione – Grazie ai satelliti lanciati oggi, la fase di test sarà completata ed aprirà la strada per un vero e proprio, rapido dispiegamento della costellazione. È previsto il lancio di diciotto satelliti per la fine del 2014, momento in cui gli europei riceveranno i primi servizi”. La piena capacità operativa di Galileo, o FOC (Full Operational Capability) sarà raggiunta nel 2018 con 30 satelliti (compresi i quattro IOV e quelli di riserva in orbita).
Il sistema Galileo
Galileo è il sistema globale di navigazione satellitare europeo. Quando ultimato, consisterà di 30 satelliti e delle infrastrutture di terra associate. La definizione, lo sviluppo e la fase di Validazione In Orbita (IOV) del programma Galileo sono portati avanti dall’ESA, e co-finanziati dall’ESA e dalla Commissione Europea. Questa fase conduce ad una mini-costellazione di quattro satelliti e ad una ridotta infrastruttura di terra dedicata alla validazione del sistema. I quattro satelliti lanciati durante la fase IOV sono il nucleo della costellazione che sarà ulteriormente estesa per raggiungere la piena capacità operativa (FOC). La fase FOC è finanziata completamente dalla Commissione Europea. La Commissione e l’ESA hanno siglato un accordo di delega secondo il quale ESA agisce come ente appaltante e di progettazione per conto della Commissione.
Telespazio svolge un ruolo di primaria importanza in Galileo, avendo realizzato presso il Centro spaziale del Fucino uno dei due centri di controllo che gestiranno la costellazione e la missione del programma. Telespazio, inoltre, è impegnata nello realizzazione di una vasta gamma di applicazioni basate su Galileo, sia per usi civili (Open Signal e Commercial Services) che governativi (Pubblic Regulated Services). Attraverso Spaceopal, società costituita in joint venture con l’azienda dell’agenzia spaziale tedesca DLR GfR, Telespazio interviene significativamente durante tutte le fasi della vita operativa del sistema Galileo. Spaceopal, infatti, è responsabile delle operazioni e della logistica integrata dell’intero sistema e con quattro satelliti operativi in orbita potrà garantire lo sviluppo di tutti i prodotti operativi necessari a regime per la sua piena operatività.
Dopo la messa in orbita del terzo e del quarto satellite della costellazione, il Centro di Controllo Galileo del Fucino è stato coinvolto nelle attività della fase IOT (In Orbit Test) del programma, volte a verificare le funzionalità e le prestazioni del payload dopo il lancio e la separazione dal lanciatore. Successivamente, il Fucino opererà per la verifica e validazione in orbita del sistema complessivo, nell’ambito della fase IOV (In Orbit Validation) del programma.
Nella fase operativa successiva al completamento del sistema, il Centro di Controllo gestirà le attività della missione Galileo relative alla generazione e alla trasmissione a bordo del messaggio di navigazione, alla conseguente fornitura all’utenza dei servizi di navigazione, al monitoraggio della qualità del servizio, e alla gestione del segmento terreste del sistema. Spaceopal è responsabile delle operazioni di lancio dei satelliti Galileo, che la società garantisce utilizzando i “LEOP Operations Control Centres” di Tolosa e Darmstadt operati rispettivamente da CNES ed ESOC, attraverso i “Galileo Control Centres” di Fucino e Oberpfaffenhofen, operati da Telespazio e DLR GfR.
Ha preso il via, non senza qualche momento di apprensione, la prima missione privata di rifornimento della stazione spaziale internazionale. La compagnia privata SpaceX ha lanciato con successo la capsula Dragon dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral. La partenza è avvenuta alle 2.35 ora locale di lunedì 8 ottobre 2012. Il primo volo operativo commerciale della storia prende il nome di Crs-1, acronimo di Commercial Resupply Services, e rientra nel contratto da 1,6 miliardi di dollari che l’agenzia spaziale americana ha sottoscritto con SpaceX, società che fa capo a Elon Musk, inventore del sistema di pagamento via internet Pay Pal, per un totale di 12 lanci diretti alla stazione spaziale per trasferire materiali, pezzi di ricambio e rifornimenti per l’equipaggio. La missione dimostrativa aveva consentito di collaudare con successo nel maggio 2012 il veicolo cargo Dragon, che in quella occasione si è agganciato regolarmente al complesso orbitale. Il razzo vettore Falcon 9 ha portato in orbita il carico di oltre 400 chilogrammi che comprende esperimenti, cibo, indumenti e altro materiale d’uso e consumo a bordo della Iss. Una curiosità: a bordo di Dragon ha viaggiato un piccolo frigorifero in cui, insieme a campioni biologici, ci sono anche dei gelati, dono per gli astronauti. Momenti di tensione, anche se ottimamente gestiti in sala controllo, sono stati vissuti un minuto e 28 secondi di volo dopo la partenza, quando uno dei nove motori del primo stadio si è spento. Il computer di bordo ha comandato l’allungamento della prima fase di spinta servito a compensare il calo di potenza. Il secondo stadio, invece, ha funzionato regolarmente fino al tempo previsto di 10 minuti e 24 secondo dopo il decollo, permettendo di rispettare i parametri per l’inserimento della capsula in orbita ellittica con apogeo a 326 chilometri all’apogeo e perigeo a 211. Il problema a uno dei nove motori del primo stadio del razzo Falcon 9 non ha trovato impreparati i tecnici di SpaceX, perché questa eventualità è stata prevista in fase di progettazione, così come la manovra che ha posto rimedio al problema propulsivo. Ciò rappresenta un grosso vantaggio anche in vista del possibile utilizzo di Dragon per il trasferimento degli astronauti in orbita, oggi affidato esclusivamente alle capsule russe Soyuz dopo il pensionamento degli Space Shuttle. Peraltro, Dragon è al momento l’unico cargo spaziale in grado di rientrare sulla Terra portando indietro materiali ed esperimenti scientifici completati. In alternativa, sia il cargo russo Progress che l’ATv europeo si disintegrano al rientro nell’atmosfera. Una volta vicino alla Iss, Dragon viene agganciata dal braccio robotico e fatta attraccare, diventando un pezzo della stazione fino al 28 ottobre quando se ne distaccherà per ammarare nel Pacifico, riportando a terra un quantitativo doppio del materiale trasferito in orbita. Agli inizi del 2013 toccherà anche alla Orbital Science esordire con il proprio veicolo automatico Cygnus, il cui involucro pressurizzato è realizzato negli stabilimenti di Torino di Thales Alenia Space. Anche Cygnus appartiene alla categoria delle capsule non recuperabili.
L’ATV Edoardo Amaldi dell’ESA è stato lanciato alle 05h34 CET (04h34 GMT, 01h34 ora di Kourou) di venerdì 23 marzo dallo spazioporto europeo di Kourou in Guyana Francese, per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale a bordo di un Ariane5 operato da Arianespace. Il Veicolo di Trasferimento Automatico (ATV – Automated Transfer Vehicle), la navicella spaziale più complessa prodotta in Europa, è in viaggio per portare rifornimenti essenziali alla stazione orbitante. Rialzerà inoltre l’orbita della Stazione Spaziale durante i cinque mesi in cui è ad essa agganciato.
L’ATV Edoardo Amaldi è il terzo di una serie di cinque navette di rifornimento sviluppate in Europa per adempiere al proprio obbligo di ammortamento dei costi della Stazione. Questo veicolo è il primo ad essere stato processato e lanciato rispettando l’obiettivo di uno per anno.
“Il fatto che l’Europa fornisca un servizio annuale alla Stazione è diventato realtà grazie alla dedizione, alla competenza ed all’interazione della nostra industria spaziale, delle agenzie nazionali e dell’ESA” ha detto Jean-Jacques Dordain, Direttore Generale dell’ESA. “L’ATV-3 dimostra la capacità dell’Europa di consegnare regolari missioni di alto profilo a supporto delle esigenti operazioni di volo abitato, in coordinamento con i nostri partner internazionali.”
L’ATV si avvale di sistemi di navigazione ad alta precisione, software di volo ridondante e un sistema di auto-controllo, tutti dotati di sistemi indipendenti per la generazione di elettricità. “Siamo fieri che l’ESA stia fornendo il più sofisticato veicolo di rifornimento per la Stazione Spaziale” ha detto Thomas Reiter, Direttore ESA dei Voli Abitati e delle Operazioni. Basandosi sulle capacità e sulla competenza che ESA e l’industria europea hanno sviluppato nel contesto del programma ATV, abbiamo ora l’opportunità di sviluppare ulteriormente questa tecnologia. Ciò aprirà una vasta gamma di opportunità per noi di contribuire a future imprese per l’esplorazione spaziale.”
Il lanciatore con le sue 20 tonnellate di carico ha iniziato il suo volo sopra l’Atlantico proseguendo verso le Azzorre e l’Europa. L’accensione iniziale, della durata di 8 minuti, dello stadio superiore, ha portato l’ATV-3 in orbita bassa inclinata di 51.6 gradi verso l’equatore. Dopo 42 minuti, lo stadio superiore si è riacceso per eseguire un’orbita circolare ad un’altitudine di 260Km. A circa 64 minuti di volo, la navicella con il carico si è separata dallo stadio superiore. Venticinque minuti più tardi, l’ATV-3 ha cominciato a dispiegare i suoi quattro pannelli solari. Il dispiegamento si è completato qualche minuto più tardi, segnando così il termine della fase di lancio. Edoardo Amaldi sta ora eseguendo una serie di manovre per il rendez-vous con la Stazione Spaziale, il 28 marzo, orario previsto ore 00h34 CEST (22h34GMT), quando si aggancerà sotto il proprio controllo con il modulo russo Zvezda. Durante la missione, la navetta sarà monitorata dal Centro di Controllo dell’ATV (ATV-CC), in collaborazione con i centri di controllo della Stazione Spaziale di Mosca e di Houston. ATV-CC è situato a Tolosa, Francia, presso la sede dell’agenzia spaziale francese, il CNES.
Il primo Vega è stato lanciato alle 11h00 ora italiana (10H00GMT, 7H00 ora di Kourou) dalla nuova rampa di lancio, completando perfetto un volo di qualifica. Con Vega a completare la famiglia dei lanciatori presenti allo spazio porto, l’Europa copre ora tutta la gamma delle richieste di lancio, dai piccoli satelliti scientifici e di osservazione della Terra fino alle missioni più grandi come i carichi di rifornimento ESA verso la Stazione Spaziale Internazionale. La capacità di Vega di accogliere carichi leggeri permette di trasportare una vasta gamma di satelliti – dai 300Kg fino a 2500Kg – per posizionarli in diverse orbite, da quella equatoriale a quella solare. Lo standard di riferimento è di 1500Kg in un orbita solare circolare a 700Km di altitudine. Vega si affiancherà dunque ai servizi di lancio europei già attivi, Ariane5 per carichi pesanti e Soyuz per i carichi medi. La combinazione di questi tre sistemi che operano dalla Guyana francese migliorerà l’efficienza dell’infrastruttura di lancio dell’Europa, grazie alla ripartizione dei costi operativi su un largo numero di lanci.
“FATTO!” – ha esclamato Jean-Jacques Dordain, Direttore Generale dell’ESA, rivolto alla platea presente al centro di controllo di Kourou, ricordando due artefici del programma spaziale europeo, Antonio Rodotà e Carlo Buongiorno. “In poco più di tre mesi, l’Europa ha incrementato il numero di lanciatori che gestisce passando da uno a tre, ampliando significativamente la gamma di servizi di lancio offerti dall’operatore europeo Arianespace. Non c’è un singolo satellite europeo che non si possa lanciare con un servizio europeo” ha detto Dordain – “È un grande giorno per l’ESA, per i suoi Stati Membri – ed in particolare per l’Italia, dove Vega è nato – per l’industria Europea e per Arianespace”. Dordain ha concluso il suo intervento consegnando simbolicamente un modellino del nuovo lanciatore Vega a Jean Yves Le Gall, presidente e direttore generale di Arianespace. Lo sviluppo del lanciatore Vega è cominciato nel 2003. Sette Paesi Membri hanno contribuito al programma: Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera. “Oggi è un momento di orgoglio per l’Europa e per quelle circa mille persone coinvolte nello sviluppo del sistema di lancio per piccoli satelliti più moderno e competitivo al mondo” ha detto Antonio Fabrizi, Direttore dei Lanciatori ESA. “ESA, con il supporto tecnico delle agenzie spaziali italiana e francese, e circa 40 società industriali coordinate dalla ELV come primo contrattista, ha trasformato una grande sfida in realtà in meno di un decennio di sviluppo”.
Tutti e tre gli stadi a propellente solido di Vega si sono comportati nominalmente. Il cosiddetto “upper stage” ha eseguito la manovra per raggiungere l’orbita circolare ad un’altitudine di 1450Km inclinato a 69.5 gradi verso l’equatore. In quel momento ha rilasciato il carico principale, il satellite LARES (Laser relativity satellite), per la relatività laser, una sfera di lega di tungsteno del diametro di 37.6 cm, munita di 92 retro riflettori laser. Gli specchi permetteranno di prendere delle misurazioni di distanza di alta precisione, per studiare l’effetto degli spostamenti laterali predetto da Einstein nella sua teoria della relatività. L’upper stage ha poi eseguito un’altra manovra per ridurre il punto più basso dell’orbita a 350Km, fino all’orbita corretta per rilasciare il micro satellite tecnologico ALMASat_1 ed i sette minuscoli pico satelliti sponsorizzati dalle università. Infine, l’upper stage si è alleggerito dei propellenti rimanenti e si è spento. Al fine di limitare il rischio di creare nuovi detriti spaziali, l’upper stage del Vega si trova in un’orbita che assicura il suo rientro in pochi anni. Brucerà durante la fase di discesa, soli piccoli frammenti potranno raggiungere il suolo. Durante la missione VV01, sono state acquisite grandi quantità di dati sulla performance di Vega e sull’ambiente circostante al carico. Nelle prossime settimane, queste informazioni saranno analizzate a fondo per confermare in pieno la qualifica del sistema di lancio Vega, che passerà poi ad Arianespace per le operazioni ed il marketing. Va ricordato che il primo stadio P80FW, il più grande motore monolitico a propellente solido che sia mai stato fatto volare, si avvale di un involucro in composito, un ugello avanzato ed attuatori elettro meccanici per virare – una prima mondiale per un motore di tali dimensioni. Queste tecnologie saranno usate su futuri lanci Vega, ovviamente, ma saranno anche disponibili per futuri lanciatori che l’ESA sta studiando come parte dell’iniziativa Next Generation Launchers (Lanciatori di Prossima Generazione).
Il programma Vega entra ora in una nuova fase, chiamata VERTA: il programma di Ricerca, Tecnologia ed Accompagnamento di Vega (Vega Research , Technology and Accompaniment programme). Sotto VERTA, Vega lancerà diverse missioni scientifiche e tecnologiche. Il prossimo volo è programmato per gli inizi del 2013 e trasporterà il satellite dell’ESA di tele rilevamento Proba-V e carichi ausiliari multipli. Altre imminenti missioni ESA che rientrano nel programma VERTA sono AMD-Aeolus, per il monitoraggio dei profili dei venti, Lisa Pathfinder, per la dimostrazione di tecnologie per il rilevamento di onde gravitazionali, ed IXV (Intermediate eXperimental Vehicle), un dimostratore per le tecnologie avanzate per il rientro. Il primo contratto commerciale per Vega è gia stato siglato da Arianespace, l’operatore commerciale di Vega, ed altri sono in negoziazione. A seguito di una gara aperta, a dicembre 2011 è stato assegnato ad Arianespace il contratto per il lancio dei satelliti Sentinel-2B e Sentinel-3B a bordo del lanciatore Vega.
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