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Pronti a tornare sulla Luna

Pronti a tornare sulla Luna

All’approssimarsi del cinquantesimo anniversario del primo sbarco umano sulla Luna, la NASA anticipa l’annuncio dei programmi che dovranno riavvicinare gli astronauti al nostro satellite naturale fino a realizzare, entro il prossimo decennio, una base permanente. Un programma che trasforma la Luna nel laboratorio extraterrestre più prossimo al nostro pianeta, con proiezione su Marte che resta l’obiettivo all’orizzonte dell’umanità. I propositi sono stati illustrati da Jim Bridenstine, amministratore della Nasa, nel corso della conferenza stampa intitolata #Moon2Mars convocata al Kennedy Space Center, il quale ha indicato nel Mare della Tranquillità, il luogo dello sbarco del lem Aquila della missione Apollo 11, il punto prescelto per il ritorno di un equipaggio sulla Luna. Ma prima del nuovo, grande passo – ha spiegato – ci sarà una serie di missioni condotte con lander e robot. Un programma ambizioso e tra i più sostanziosi in termini di budget storicamente assegnati alla NASA per l’esplorazione spaziale: 21 miliardi di dollari finanziati per il 2020. La prima tappa di avvicinamento è prevista nel 2024, con una missione destinata a dimostrare la ritrovata capacità di effettuare una discesa guidata sulla superficie lunare. Due anni prima sarà iniziata la costruzione della stazione orbitante Deep Space Gateway, che vedrà collaborare le agenzie spaziali già coinvolte nel programma dell’attuale stazione spaziale internazionale in orbita terrestre. Si parla di Europa, Russia, Canada e Giappone, ma il sogno è quello di arrivare a stipulare una cooperazione che coinvolga Cina e India. I più i partner privati, come quelli che stanno consentendo alla NASA, insieme alle agenzie occidentali, di ritrovare la capacità autonoma di lancio di equipaggio nello spazio. Nel 2026 è prevista una missione che testerà gli habitat, il sistema di sopravvivenza e le tecnologie di supporto al ritorno degli astronauti. Il primo equipaggio dovrebbe toccare il suolo selenita entro il 2028, e sarà formato dagli occupanti la stazione orbitante circumlunare Deep Space Gateway per un periodo di permanenza di sette giorni. Tuttavia, la NASA non perderà di vista il Pianeta Rosso. La prossima missione sarà Mars2020, destinata a riportare sulla Terra campioni di terreno marziano, dopo avere trasportato in superficie e fatto volare un piccolo elicottero che registrare i dati atmosferici ed esplorerà in pochi un’area più vasta di quanto possa fare il rover in anni. La NASA si mette così a capo della cordata internazionale per riconquistare la Luna, ma non si può non riflettere sul tempo trascorso dall’abbandono dei sogni seleniti.

Crew Dragon missione compiuta

Crew Dragon missione compiuta

Pieno successo per la missione Demo-1 della capsula Crew Dragon di SpaceX, sganciatasi alle 8:32 (ora italiana) del mattino di venerdì 8 marzo dal modulo Harmony della stazione spaziale internazionale, a cui è rimasta attraccata per cinque giorni. Il rientro a terra si è conclusa con lo splashdown alle 14:45 (ora italiana) nell’Oceano Atlantico.
A bordo della capsula, senza equipaggio, insieme al manichino Ripley, ispirato alla protagonista del film Alien, dotato di sensori per la registrazione delle sollecitazioni a cui saranno sottoposti i futuri membri d’equipaggio, e i materiali con i risultati i oltre 200 esperimenti condotti sulla ISS. La missione era iniziata
il 2 marzo 2019 con il lancio del razzo Falcon 9 dalla piattaforma 39° di Cape Canaveral, da dove sono partiti tutti i voli del programma Apollo.
La perfetta riuscita di Demo-1 consente di pianificare la prima missione con l’equipaggio formato dagli astronauti Doug Hurley e Bob Behnken, che la NASA prevede di lanciare nel mese di luglio

In orbita la capsula Crew Dragon

In orbita la capsula Crew Dragon

La NASA si avvia a riappropriarsi della capacità di lancio di astronauti nello spazio, grazie ai successi dell’industria spaziale privata. Il primo storico passo in questa direzione è stato compiuto alle 2:49 notturne del 2 marzo in Florida (le 8:49 del mattino in Italia) quando il razzo Falcon 9 di SpaceX si è sollevato dalla rampa di lancio 39A del Kennedy Space Center a Cape Canaveral per trasferire in orbita la Crew Dragon, la capsula sviluppata per il volo umano, per la sua prima missione dimostrativa senza equipaggio. A bordo, tuttavia, su uno dei sette sedili predisposti per ospitare gli astronauti, è stato sistemato Ripley, un manichino umanoide ispirato alla dottoressa Ellen Ripley del film “Alien”, progettato per registrare attraverso una fitta rete di sensori che lo avvolge tutte le sollecitazioni del volo. Dragon è destinata a raggiungere 27 ore circa dopo il lancio, intorno alle 12 di domenica 3 marzo, la stazione spaziale internazionale con un attracco automatico.

Dopo cinque giorni agganciata alla ISS, la capsula Dragon rientrerà sulla Terra terminando la missione con uno splash-down nell’oceano Atlantico. Otto anni dopo l’ultima missione dello Space Shuttle Atlantis e a mezzo secolo di distanza dalla missione Apollo 9, che testò in orbita terrestre le operazioni di rilascio e ricongiungimento tra Lem e modulo di comando, gli Stati Uniti riaprono la stagione dei voli umani grazie all’industria di Elon Musk, che dopo il primo test si preparerà alla prima missione con equipaggio Demo-2 prevista a luglio 2019, e alla Boeing che farà debuttare la capsula CST-100 Starliner il primo aprile, per un volo senza equipaggio, facendolo seguire dalla prima missione con astronauti a bordo nel mese di agosto. Si calcola che rispetto ai 75 milioni di dollari spesi per far volare un astronauta NASA o europeo a bordo della Soyuz russa, il risparmio previsto con i nuovi sistemi di trasporto americani si aggiri intorno ai 20 milioni per ogni membro di equipaggio. La missione Demo-1 della capsula Dragon ha segnato l’ennesimo successo di SpaceX anche per il recupero del primo stadio del razzo Falcon, rientrato sulla piattaforma di Cape Canaveral circa dieci minuti dopo il lancio.

Israele verso la Luna

Israele verso la Luna

Alle 3:45 notturne del 22 febbraio è decollato da Cape Canaveral il razzo Falcon 9 della Space-X con a bordo la sonda israeliana “Beresheet”, destinata a portare a termine il primo allunaggio di una missione privata e permettere a Israele di diventare la quarta nazionale ad approdare sulla superficie lunare, dopo Russia (febbraio 1966), Stati Uniti (giugno 1966) e Cina (2013). Mezz’ora dopo il lancio, a una superiore di oltre 750 km, il secondo stadio del razzo Falcon ha rilasciato la sonda con il modulo di atterraggio che dovrebbe scendere sulla Luna l’11 aprile. A bordo della sonda Beresheet, costruita da Israel Aerospace Industries con un importante contributo dell’italiana Leonardo che ha fornito i pannelli solari realizzati a Nerviano in Lombardia, una serie di cd-rom con canzoni, simboli e immagini di Israele, insieme a una Bibbia ebraica e oggetti appartenuti a un sopravvissuto alla Shoah.  Beresheet, che significa “inizio” ed è la prima parola del libro della Genesi della Bibbia, allunerà nel Mare della Tranquillità, lo stesso dove mezzo secolo fa arrivarono i primi uomini, Neil Armstrong e Edwin Buzz Aldrin, con la missione Apollo 11.

Il progetto di arrivare con una sonda sulla Luna è da attribuire a tre giovani ingegneri israeliani, riuniti nella società SpaceIL, che hanno concorso nel 2011 al Google Lunar XPRIZE, risultato a gennaio 2017 tra i cinque finalisti. Sebbene il concorso non abbia proclamato il vincitore, SpaceIL ha proseguito il progetto e lanciato la sfida, riuscendo a trovare le risorse e le partnership necessarie a perseguire lo storico obiettivo, allargando contestualmente il team a espressioni di Francia e Stati Uniti. A bordo della sonda Beresheet è stato collocato un magnetometro per studiare e misurare il magnetismo delle rocce dall’orbita lunare, integrando con dati ad alta risoluzione quelli raccolti dal Lunar Prospector della NASA. Una missione scientifica seguita dai ricercatori del Weizmann Institute of Science di Rehovot, guidati dal Prof. Oded Aharonson del Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie del Weizmann e Chief Science Officer di SpaceIL .

Luna piena al perigeo

Luna piena al perigeo

Nuovo appuntamento con il perigeo dell’orbita lunare il 19 febbraio, con il nostro satellite naturale nella sua fase piena alla minima distanza dalla Terra (356.761 km), che fa apparire il disco decisamente più grande. Fenomeno apprezzabile a occhio nudo e preda non solo di astronomi e astrofili, ma di milioni di persone pronte a catturarne l’immagine con i più svariati strumenti ottici e fotografici. Proprio quarant’anni fa Richard Nolle, che in realtà era un astrologo, coniò il termine “superluna”, adottato dai media ma decisamente poco amato dalla comunità scientifica. Martedì 19 febbraio la luna sorge in Italia tra le 17.20 e le 18.00 e apparirà un poco più grande del solito, con il disco maggiorato di circa il 7% rispetto al consueto e il 30% più luminoso. Fenomeno destinato a ripetersi il 19 marzo, ma in questo caso la distanza del perigeo sarà raggiunta un giorno e cinque ore prima della luna piena.

Grazie Opportunity

Grazie Opportunity

A otto mesi dall’interruzione delle comunicazioni, a causa di una violenta tempesta di sabbia sulla superficie di Marte il 10 giugno 2018, la NASA ha dichiarato terminata ufficialmente la missione, incredibilmente lunga, del rover Opportunity. La decisione è stata assunta dal team di gestione della missione al JPL di Pasadena che ha eseguito un migliaio di tentativi per ripristinare il contatto. La missione di Opportunity resterà nella storia dell’esplorazione del sistema solare. Lanciato il 7 luglio 2003 e atterrato sul Pianeta Rosso il 25 gennaio 2004, 20 giorni dopo il gemello Spirit rimasto attivo fino al 2010 e che ha lasciato tracce per 8 km, il rover Opportunity avrebbe dovuto funzionare per soli 90 giorni e percorrere perlomeno un chilometro. Invece la sua missione è durata 15 anni e si è spostato lungo 45 chilometri. Il record di spostamento giornaliero è stato di 220 metri. Opportunity ha inviato sulla Terra oltre 217 mila fotografie, di cui 15 panoramiche a colori a 360°. I suoi strumenti hanno eseguito 72 campionamenti, con analisi microscopiche che spettrografiche di rocce e terreno marziato, rilevando la presenza di ematite, minerale associato alla presenza di acqua, e facendo supporre che il cratere Endeavour fosse in epoche remote un lago di acqua.