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Al Nobel Ramakrishnan il Premio Capo d’Orlando 2018

Al Nobel Ramakrishnan il Premio Capo d’Orlando 2018

Il Premio Scientifico “Capo d’Orlando”, assegnato dal Museo Mineralogico Campano di Vico Equense e la cui denominazione rimanda al rinvenimento di pesci fossili nella località della costa sorrentina, ha celebrato la ventesima edizione conferendo il prestigioso riconoscimento a Venkatraman Ramakrishnan, Nobel per la Chimica 2009 e presidente della Royal Society. Una eccellenza assoluta del panorama della ricerca scientifica, insignito a Stoccolma per gli studi condotti sulla struttura e la funzione dei ribosomi, le strutture cellulari che fabbricano le proteine, traducendo le istruzioni contenute nel Dna nei mattoni della vita. E la chimica, nelle sue varie sfaccettature, ha caratterizzato il ventennale del premio ideato da Umberto Celentano, direttore del Museo Mineralogico Campano. Una disciplina richiamata dagli altri premiati del 2018, dal filosofo della scienza e docente patavino Telmo Pievani, insignito per la sezione “comunicazione multimediale”, al divulgatore del CNR e docente de “La Sapienza” Valerio Rossi Albertini, per arrivare a Catia Bastioli, ceo di Novamont e presidente di Terna, interprete e paladina di un cambiamento necessario per la decarbonizzazione a livello mondiale, e Massimo Osanna, direttore della Soprintendenza archeologica di Pompei, area che riflette non solo l’importanza storica dei catastrofici eventi vesuviani del 79 dc ma si rileva un mondo cristallizzato da scoprire e analizzare con le più evolute tecniche di indagine chimico-biologiche.

La 20ma edizione del Premio “Capo d’Orlando” ha richiamato una serie di messaggi dal futuro ma che dipendono dal modo in cui l’umanità, i governi e le società civili e industriali sapranno interpretare il presente. Un quadro di speranza quello disegnato dal Nobel Ramakrishnan, il quale prefigura la capacità degli antibiotici di attaccare le molecole dei batteri, anche quelli più resistenti, legandosi al loro ribosoma e agendo in modo mirato e risolutivo. Un meccanismo destinato, con buone probabilità, a rendere efficace anche l’azione dei farmaci antitumorali. Senza tralasciare il ruolo che la biologia molecolare potrà ricoprire nella ricerca delle malattie genetiche e rare.

Gli avanzamenti nel campo della ricerca scientifica, ovunque condotta, non possono essere lasciati al caso. Lo sottolinea Telmo Pievani, secondo il quale occorre lavorare per la democrazia della conoscenza ovvero per la cittadinanza scientifica, dialogando con ogni tipo di linguaggio chiaro e autentico per controbilanciare le fake news, definite nemico suadente del nostro cervello. Direttore del portale Pikaia.eu, dedicato all’evoluzione, Pievani ha annunciato la riunione di tutte le espressioni dell’Università di Padova in un unico cross-media magazine che contribuirà alla migliore divulgazione delle attività accademiche e del mondo della scienza in generale. C’è chi, come Valerio Rossi Albertini, si affida al metodo empirico e ai facili esempi diretti per smontare convinzioni in antitesi con la realtà, come i dubbi sull’effetto serra che assedia il nostro pianeta. L’appello di Catia Bastoli a privilegiare l’approccio circolare alla bioeconomia comprova che scienza e industria possiedono strumenti per combinarsi proficuamente e contribuire a invertire i processi di consumo irreversibile delle risorse del pianeta. Il pericolo non corre solo sull’acqua (in alcune zone della Cina si producono 400 kg di plastica per ettaro), sui cui volumi vitali incombono quantità smisurate di materia non degradabile, perché occorre essere pure consapevoli che occorrono due millenni per produrre 10 centimetri di suolo fertile, a fronte di pochi istanti per rimuoverlo.

Intervista a Venkatraman Ramakrishnan, premio Nobel per la Chimica 2009 e presidente della “Royal Society”, in occasione del conferimento del Premio scientifico Capo d’Orlando

Vita di fosforo e ossigeno

Vita di fosforo e ossigeno

A supernova explodes, with dire consequences for its retinue of planets.

Due atomi, uno di fosforo (P) e uno di ossigeno (O). Legati insieme a formare una molecola, denominata appunto P-O, che gioca un ruolo importante nella chimica della vita, ed è considerata uno tra i “mattoni” che costituivano i primi organismi viventi. Questa molecola è stata individuata per la prima volta in due regioni di formazione stellare nella nostra Galassia da un gruppo internazionale di ricercatori a guida INAF. Nel team hanno collaborato anche scienziati del Centro di Astrobiologia (CAB-CSIC) di Madrid e dell’Istituto Max Planck per la Fisica Extraterrestre a Garching, in Germania. Una scoperta, quella della molecola P-O, che può gettare nuova luce sulle origini della vita nell’universo. I composti chimici contenenti fosforo, come fosfolipidi e fosfati, sono infatti essenziali per la struttura delle cellule e per il trasferimento di energia al loro interno. Particolarmente importante è proprio il legame chimico tra fosforo e ossigeno nella molecola P-O, che è determinante nella formazione della struttura dell’acido desossiribonucleico, più comunemente noto come DNA, la macromolecola che custodisce le informazioni genetiche degli organismi viventi. «Nonostante la sua rilevanza astrobiologica, la molecola P-O non era mai stata individuata nelle regioni dello spazio dove si stanno formando nuove stelle» dice Víctor M. Rivilla, astronomo dell’INAF presso l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri (OAA) a Firenze, che ha guidato lo studio. «Per questo abbiamo spinto le nostre indagini proprio in quelle zone, avviando un programma di ricerca specifico: trovarle là avrebbe significato che uno dei componenti fondamentali del DNA è già disponibile nel gas che formerà i pianeti, i luoghi migliori dove può aver origine la vita».

La scoperta, destinata alla pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal, è stata ottenuta grazie alle osservazioni condotte con il radiotelescopio dell’Istituto di Radioastronomia Millimetrica (IRAM) a Pico Veleta, in Spagna. I risultati presentati nel lavoro indicano che l’abbondanza di fosforo nelle regioni di formazione stellare è oltre dieci volte maggiore di quanto finora ritenuto. «Questa indagine ci rivela che il fosforo è un ingrediente importante e relativamente abbondante per “cucinare” stelle, pianeti e forse anche la vita», commenta Francesco Fontani (INAF-OAA), tra i coautori del lavoro.

Il “gruppo di formazione stellare” che è attivo presso l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’INAF, in parte finanziato dal Progetto Premiale ALMA, è leader a livello mondiale nella rilevazione e nello studio di molecole interstellari particolarmente interessanti nel campo dell’astrobiologia. «Alcuni anni fa, abbiamo scoperto la presenza dello zucchero più elementare, il glicolaldeide, in una regione di formazione stellare. Sia gli zuccheri che i composti del fosforo sono gli elementi costitutivi della doppia elica del DNA» aggiunge Maite Beltrán (INAF-OAA), che ha partecipato all’indagine. «Così, passo dopo passo, i nostri risultati ci stanno aiutando a comprendere come potrebbe essere stata originata la vita nello spazio».

Queste prime rilevazioni del legame chimico P-O verso le regioni di formazione stellare hanno profonde implicazioni per la chimica prebiotica. “Finora erano state studiate in dettaglio nelle “culle” stellari solo molecole contenenti idrogeno, carbonio, ossigeno e azoto» dice Jesús Martín-Pintado (CAB-CSIC ). «Con la nostra scoperta possiamo iniziare a studiare anche la chimica del fosforo nel mezzo interstellare, che ci darà importanti indizi su come la complessità chimica possa svilupparsi per formare molecole più complesse e di interesse astrobiologico».

Con la scoperta della molecola P-O in zone dove nasceranno nuove stelle e con molta probabilità nuovi sistemi planetari, si apre dunque una nuova e promettente branca della ricerca di molecole prebiotiche, come sottolinea Paola Caselli, direttrice dell’Istituto Max Planck per la Fisica Extraterrestre, anche lei nel team che ha condotto lo studio: «La ricerca di molecole prebiotiche in regioni di formazione stellare è appena iniziata, ma il fatto di aver individuato un altro elemento costitutivo della vita porta ancora più entusiasmo nel campo dell’astrochimica. Il futuro di questo settore di ricerca è luminoso, grazie anche ai grandi strumenti che abbiamo oggi a disposizione, come i telescopi IRAM e Atacama Large Millimeter / Submillimeter Array (ALMA)».

A Silvia Giordani il Premio Leonardo UGIS

A Silvia Giordani il Premio Leonardo UGIS

L’UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientifici) ha celebrato al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano la seconda edizione del Premio Leonardo, promosso per sensibilizzare la società sul valore dei giovani ricercatori e di una corretta informazione scientifica. La Giuria del premio, presieduta da Giovanni Caprara – responsabile scienza Corriere della Sera e presidente UGIS e composta da Roberto Cingolani – direttore scientifico Istituto italiano di tecnologia, Fiorenzo Galli – direttore generale Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, Fabiola Gianotti -coordinatrice esperimento Atlas del CERN, Giulio Giorello – professore di Filosofia della scienza all’ Università degli Studi di Milano, Alberto Pieri – segretario generale Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche, ha conferito il riconoscimento a Silvia Giordani, responsabile del nuovo laboratorio di Nanotecnologie del Trinity Biomedical Sciences Institute di Dublino dove dirige il gruppo di ricerca e sperimentazione su chimica supramolecolare e nanomateriali.

Il premio è stato assegnato con la seguente motivazione: “Dall’Istituto tecnico Natta di Bergamo al Trinity College di Dublino il salto è significativo. Ma nel mezzo c’è un percorso formativo e professionale lineare e crescente. Oltre alla evidente versatilità scientifica, la Giuria del Premio Leonardo – Ugis ne sottolinea i numerosi e prestigiosi riconoscimenti internazionali, l’ampia pubblicistica scientifica sulle più qualificate e diffuse riviste, le esperienze come visiting scientist o lecturer, l’attiva partecipazione a iniziative di carattere divulgativo, l’intervento su media rivolti al grande pubblico, la promozione del ruolo delle donne nella scienza e nella ricerca e tra i giovani studenti.”

La giuria del Premio Leonardo UGIS ha ricevuto decine di curriculum accademici, valutando i ricercatori candidati in base ai risultati raggiunti nell’attività di ricerca e all’efficacia nel comunicare tali risultati al pubblico. Per Silvia Giordani il salto dall’Istituto tecnico Natta di Bergamo al Trinity College di Dublino è significativo ma nel mezzo c’è un percorso formativo e professionale lineare e crescente. Si laurea in Chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Milano nel 1999 mentre lavora a tempo pieno al PMIP di Bergamo (ora ARPA). Con borsa di studio si trasferisce all’università di Miami negli Stati Uniti per il Master e il PhD. Ritorna in Europa nel 2003 e si trasferisce al Dipartimento di fisica del Trinity College di Dublino con borsa europea Marie Curie. Un anno a Trieste; un grande grant di ricerca. Nel 2006 si aggiudica il premio “President of Ireland Young Researcher Award” che le viene consegnato direttamente dalla Presidente della Repubblica d’Irlanda oltre ad un milione di euro finalizzato alla realizzazione del suo progetto di ricerca scientifica. Nel 2007 il ritorno al Trinity nel Dipartimento di chimica con la realizzazione e la responsabilità del nuovo laboratorio di Nanotecnologie dove dirige un suo gruppo di ricerca e sperimentazione su chimica supramolecolare e nanomateriali. Dal gennaio 2009 da lezioni di chimica e nanotecnologia agli studenti della sua scuola superiore e promuove il progetto Mentoring Juniors, ideato per avvicinare i giovani al mondo della ricerca. Questa iniziativa ha permesso di beneficiare a diversi giovani studenti italiani di stages presso il Trinity College di Dublino.