da Sorrentino | Set 7, 2020 | Attualità, Industria, Primo Piano, Servizi Satellitari, Tecnologie
Lutto nel mondo spaziale. E’ venuto a mancare a Brescia l’imprenditore Guido Meggiorin, titolare dell’omonima azienda di telecomunicazioni mobili e soprattutto pioniere dei servizi satellitari privati. Nella seconda metà degli anni ’90 fondò la MegSat Space Division, divisione spaziale del gruppo Meggiorin, prima azienda italiana a capitale privato ad avere progettato, costruito e messo in orbita due microsatelliti per telecomunicazioni. Un’impresa portata a termine con un gruppo di lavoro composto da giovani ingegneri bresciani guidati dal direttore e mission manager Giancarlo Borghesi. Il primo successo porta la data del 29 aprile 1999, quando il dimostratore tecnologico MegSat 0, con una massa di appena 34 kg, venne lanciato con un razzo vettore Cosmos-3M delle forze missilistiche strategiche russe e immesso in un’orbita di 580 km inclinata di 48 gradi. Numerosi sistemi innovativi introdotti dai progettisti del microsatellite consentono di garantire alti livelli di qualità nell’acquisizione e nel trattamento dei dati rilevati da reti di servizio tecniche, commerciali e di monitoraggio ambientale e da apparati scientifici e tecnologici in funzione a terra o a bordo di veicoli. MegSat 0 era equipaggiato con apparati di trasmissione finalizzati alla telelettura di dati terrestri come quella dei contatori dei serbatoi di gas appartenenti a utenze domestiche isolate, allo scopo di ottimizzare la logistica dei rifornimenti e ridurre i costi di esercizio dei servizi. A bordo si trovava anche l’esperimento scientifico Aurora, telescopio a doppio canale, per la misura del flusso dell’aurora boreale e del cielo notturno, sviluppato dall’Università di Trieste.
Guido Meggiorin avrebbe compiuto 77 anni il 24 settembre e due giorni dopo festeggiato il ventennale della missione MegSat 1, primo satellite operativo, lanciato il 26 settembre 2000 da Bajkonur con il vettore russo Dnepr, deriva dall’ex missile balistico intercontinentale SS 18 K, riconvertito ad usi civili.
Analogamente al Megsat 0, il secondo satellite di 55 kg, immesso in orbita circolare inclinata di 65 gradi a 645 km di quota, ha funzionato registrando i dati acquisiti durante l’intera orbita e ritrasmettendoli a ogni passaggio sulla stazione di controllo a Terra. Il satellite ha svolto quattro tipi di missioni: didattica, scientifica, tecnologica e commerciale. La missione didattica svolta in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana, rivolta a 50 scuole medie italiane, ha permesso di sperimentare la gestione e controllo in orbita di un satellite con dati telemetrici, il calcolo delle orbite e tutte le attività scientifiche correlate a una missione spaziale. parte scientifica della missione è invece dedicata a un esperimento, sviluppato dal Laboratorio CARSO (Center for Advanced Research in Space Optics) in collaborazione con l’Università di Trieste, l’Università e l’INFN di Perugia e l’Istituto di Ottica applicata di Firenze, per il monitoraggio e la mappatura delle emissioni UV. A bordo vennero eseguiti un esperimento tecnologico per la qualificazione di materiali e soluzioni ingegneristiche da impiegare per le future generazioni di microsatelliti e servizi commerciali quali la telelettura dei contatori domestici di gas e acqua già sperimentata con il precedente Megsat 0.
La gestione dei microsatelliti avveniva attraversa una stazione di controllo realizzata nella sede di MegSat Space Division sulla via Triumplina a Brescia.
da Sorrentino | Mag 10, 2018 | Eventi, Industria, Politica Spaziale, Primo Piano, Tecnologie, Trasferimento Tecnologico
Mars Planet – sezione italiana di Mars Society, ha scelto la sede della Regione Lombardia per tenere la conferenza sulle prospettive di sviluppo industriale, scientifico e civile legate alle tecnologie propedeutiche all’esplorazione di Marte, presenti i principali attori del settore spaziale. Un mondo apparentemente lontano ma che, al contrario, coinvolge potenzialmente una miriade di imprese della regione motore dell’economia italiana. La conferenza, promossa in collaborazione con la Regione Lombardia, si svolge nei giorni 11 e 12 maggio e rappresenta il focus sulle tecnologie per l’esplorazione di Marte e sul ruolo dell’industria lombarda nella Space Economy. Obiettivo di Mars Planet, che persegue il progetto di realizzare un centro di ricerche spaziali in Lombardia con l’intento di stimolare l’innovazione tecnologica e le sue ricadute sulla società, è sensibilizzare il comparto industriale a divenire parte attiva della cosiddetta Space Economy. Ad aprire la conferenza sono stati chiamati il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston, in relazione all’importanza della Space Economy per la Lombardia, anche alla luce dei recenti accordi con il Politecnico di Milano, e Luigi Pasquali, coordinatore attività spaziali di Leonardo, leader industriale italiano nel settore spaziale con un’importante presenza in Lombardia. Oltre a relatori di Agenzia Spaziale Italiana, Leonardo, Thales Alenia Space e Altec, il panel di speakers comprende, tra gli altri, rappresentanti di Agenzia Spaziale Europea e NASA e il presidente della Mars Society americana. La conferenza si articola in sessioni dedicate a fisiologia umana e colture agricole nelle missioni spaziali di lungo periodo, a robotica e realtà virtuale, con un’appendice dedicata a progetti di innovazione presentati da giovani studenti degli istituti superiori e delle università, aventi come tema di sviluppo la ricerca su Marte.
“La conferenza MARS TO EARTH 2018 si focalizza sulle applicazioni dei programmi di ricerca su Marte e sulle attività di esplorazione spaziale in genere, che sono già disponibili per innescare un impatto economico di valore aggiunto sulle attività commerciali e industriali terrestri – dichiara l’ing. Antonio Del Mastro, presidente di Mars Planet – L’esplorazione umana di Marte genererà un effetto positivo su molti settori industriali, contribuendo a un cambiamento radicale dello scenario tecnologico ed economico sul nostro pianeta madre. L’ubicazione della conferenza a Milano vuole richiamare l’importanza della partecipazione del sistema produttivo lombardo alla Space Economy, in ottica di Industria 4.0, auspicare un ruolo preminente dell’Italia nel contesto europeo come destinatario dei benefici economici derivanti dall’esplorazione di Marte”.
da Sorrentino | Giu 19, 2017 | Ambiente, Industria, Primo Piano, Servizi Satellitari, Tecnologie
Il Paris Air Show di Le Bourget è stato teatro di un accordo tra e-GEOS (joint venture tra Telespazio e Agenzia Spaziale Italiana), controllata da Leonardo, e la società statunitense Orbital Insight per la fornitura di rivoluzionari servizi satellitari. Dalla convergenza tra tecnologie spaziali e big data analytics resa possibile da questa intesa, nasceranno prodotti e servizi radicalmente nuovi per molteplici applicazioni, dalla gestione delle emergenze all’agricoltura di precisione, dal monitoraggio dell’ambiente alla sicurezza. Con il patrocinio dell’Agenzia Spaziale Italiana, la collaborazione tra le due aziende consentirà di sfruttare le soluzioni di cloud computing e le innovative tecniche di apprendimento automatico (machine learning) e intelligenza artificiale sviluppate da Orbital Insight per analizzare le immagini satellitari ad altissima risoluzione provenienti dalla costellazione COSMO-SkyMed, acquisite ed elaborate da e-GEOS, e integrarle con i dati provenienti da altre fonti informative. Le immagini satellitari, e in particolare quelle radar, concorreranno ad esempio a garantire informazioni esaustive sul grado di sviluppo economico e urbano di un territorio, sul reddito e i consumi delle persone che lo abitano, sull’intensità delle attività industriali, per elaborare “mappe di povertà” anche nelle regioni che, a causa della scarsità di fondi per condurre indagini ad hoc o dei conflitti in corso, dispongono di pochi dati ufficiali per definire le politiche di sostegno e di crescita.
“Lo spazio fornisce già una quantità di informazioni inimmaginabile per una moltitudine di utilizzi, la vera sfida è sfruttarle al meglio”, ha dichiarato Luigi Pasquali, Direttore del Settore Spazio di Leonardo e Amministratore Delegato di Telespazio. “Le più sofisticate soluzioni di analisi dei big data arrivano oggi dal settore commerciale, per il quale è necessario sviluppare nuove modalità di gestione ed elaborazione dell’enorme mole di informazioni prodotte dai sensori spaziali, da una grande varietà di piattaforme e, infine, ogni giorno da industrie, istituzioni e cittadini. La collaborazione con Orbital Insight ci permette di coniugare la nostra consolidata esperienza nell’elaborazione dei dati satellitari con queste tecniche innovative, per esplorare nuovi servizi e applicazioni”.
da Sorrentino | Lug 12, 2016 | Industria, Politica Spaziale, Primo Piano, Programmi, Tecnologie
Leonardo Finmeccanica svilupperà il sistema che esaminerà il sottosuolo lunare in preparazione di possibili future missioni umane. Il contratto con l’Agenzia Spaziale Europea è stato firmato al Farnborough Air Show e impegnerà due anni nella progettazione, realizzazione e test del prototipo di PROSPECT, contributo europeo chiave per Luna-Resurs. Luna-Resurs, frutto della collaborazione tra ESA e Roscosmos (l’agenzia spaziale russa) con il fondamentale supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e di quella britannica (UK Space Agency), dovrebbe portare nel 2021 una sonda di circa una tonnellata sulla Luna alla ricerca di acqua e materie prime utilizzabili per la costruzione di una futura base permanente. Dopo aver realizzato le trivelle per Rosetta ed ExoMars, il team di Leonardo è chiamato a sviluppare analoghi strumenti tecnologici avanzati per consentire di perlustrare il sottosuolo lunare fino a due metri di profondità.
PROSPECT (Package for Resource Observation, in-Situ analysis and Prospecting for Exploration Commercial exploitation and Transportation) è un laboratorio automatico costituito da una trivella robotica e da una suite di strumenti scientifici, che Leonardo svilupperà in collaborazione con la britannica Open University. Il sistema perforerà il suolo lunare fino ad una profondità di due metri, prelevando campioni di materiale e distribuendoli per l’analisi agli strumenti scientifici a bordo della sonda. Verrà testato da Leonardo in un ambiente che replicherà le caratteristiche del Polo sud lunare dove si troverà a operare: il vuoto cosmico e una temperatura di 170 gradi centigradi sotto zero
“Questo risultato, che segue la fornitura di analoghi sistemi per Rosetta ed ExoMars, conferma la nostra leadership mondiale negli apparati di trivellazione e campionamento spaziali. Si tratta di strumenti all’avanguardia, espressione di quell’ingegno di cui il nostro nuovo nome, Leonardo, è la sintesi” – ha dichiarato Mauro Moretti, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Leonardo. “Le nostre tecnologie spaziali – ha aggiunto Moretti – consentono di esplorare l’Universo a bordo di sonde come Rosetta, Juno, JUICE o Cassini, di monitorare l’ambiente con Copernicus, di studiare le onde gravitazionali con LISA Pathfinder, di fornire con Galileo servizi utili a tutti. Siamo a bordo della missione ExoMars alla ricerca di tracce di vita su Marte, ora lavoreremo con entusiasmo per andare anche sulla Luna”.
“L’arrivo di PROSPECT sulla superficie lunare all’inizio del prossimo decennio dimostrerà il forte interesse dell’ESA a giocare un ruolo importante in uno sforzo internazionale per una esplorazione sostenibile della Luna” – ha commentato David Parker, Direttore ESA per l’Esplorazione Umana e Robotica dello Spazio, aggiungendo: “La Luna è una delle mete dell’emozionante programma di esplorazione spaziale dell’ESA, che prevede operazioni umane in orbita terrestre e un approccio integrato all’esplorazione di Luna e Marte. È fondamentale verificare che sia economicamente sostenibile sfruttare le risorse naturali presenti in loco, così da preparare i futuri sforzi di esplorazione umana. PROSPECT consentirà un importante passo avanti in questo senso”.
da Sorrentino | Apr 29, 2016 | Eventi Scientifici e Culturali, Primo Piano, Tecnologie, Telescienza
Non solo onde gravitazionali tra Pisa e gli Stati Uniti. Trent’anni prima si è avuto il collegamento tra la sede del Cnuce (Centro nazionale universitario di calcolo elettronico), istituto pisano del Cnr e Roaring Creek, in Pennsylvania. Erano le ore 18 del 30 aprile 1986. E da quel momento, passo dopo passo, il mondo e il modo di comunicare non sarebbero stati più gli stessi. Tutto avvenne attraverso un cavo telefonico della Sip, progenitrice della Tim, la rete Italcable per le comunicazioni internazionali e il centro spaziale del Fucino in Abruzzo che, attraverso il satellite Intelsat IV in orbita geostazionaria sull’Atlantico, fece rimbalzare il segnale verso la Pennsylvania. Erano giorni in cui l’attenzione del mondo era concentrata sul drammatico incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, ma Pisa era collegata alla rete americana Arpanet, che dal 1969 aveva messo in rete le università degli Stati Uniti, e si era evoluta in internet. Al Cnuce lavoravano Stefano Trumpy, direttore, e Luciano Lenzini, l’ideatore del collegamento, il quale aveva preso visione delle potenzialità di internet qualche tempo prima a Londra. Il 1 gennaio 1983 era stato adottato il protocollo Tcp/Ip, ma ci volle un bel po’, più di tre anni, prima di mettere insieme i soggetti che avrebbero permesso a un computer italiano di accedere alla rete internet. Il primo messaggio dall’Italia recitava “ping”; dall’altra sponda risposero semplicemente “ok”.
Oggi siamo tutti connessi a www (world wide web), grazie agli smartphone e ai tablet e computer portatili, ma in Italia resta indietro in termini di alfabetizzazione digitale e persiste il ritardo sulla diffusione della banda ultralarga per i cittadini. Per contro, il mondo dell’università e della ricerca italiana può contare sulla rete GARR, un’infrastruttura di circa 15.000 km di fibra ottica gestita in maniera completamente indipendente dagli operatori commerciali. La velocità di connessione arriva fino a 100 Gbps, ma già si stanno sperimentando soluzioni tecnologiche per garantire collegamenti nell’ordine del Terabit/sec. Connesse a questa rete a banda ultralarga sono oltre 1000 sedi tra università, centri di ricerca, ospedali, musei, biblioteche, scuole e i suoi servizi sono a supporto di grandi iniziative internazionali che trasferiscono ingenti quantità di dati come LHC, Virgo, e-VLBI o Elixir solo per citarne alcune nei campi della fisica, della radioastronomia o della biomedicina.
In fatto di infrastrutture digitali, le università e gli enti di ricerca italiana sono al livello dei Paesi più avanzati e i nostri ricercatori possono competere e collaborare con tutto il mondo anche in quelle aree del Paese solo marginalmente raggiunte dagli operatori commerciali. Secondo gli ultimi studi sullo stato di Internet, l’Italia è ancora ad una velocità media di connessione pari a 7.4 Mbps (fonte: Report Akamai, State of the Internet). Se osserviamo la capacità di accesso delle organizzazioni connesse a GARR, notiamo invece un valore medio di 1.2 Gbps, circa 160 volte superiore. Va inoltre considerato che la stessa velocità è valida sia in download che in upload a differenza delle connessioni domestiche tipicamente ADSL e quindi asimmetriche. Il traffico totale sulla rete della ricerca è pari a 175 Petabyte all’anno, ovvero quasi 500 Terabyte al giorno. La rete italiana dell’università e della ricerca GARR ha permesso alle prime reti informatiche italiane esistenti nel 1986, tutte nate dal mondo della ricerca (CNR,INFN, ENEA) e delle università, di comunicare fra di loro con un linguaggio condiviso. La rete GARR è stata la prima rete telematica diffusa sul territorio nazionale. Basti pensare che il suo numero di registrazione tra le reti di tutto il mondo è 137, rendendola prima in Italia e terza in Europa – per fare un confronto: IBM è al 163 e il Cern al 513. Google o Facebook sono oltre il numero 15.000. GARR non ha finalità di lucro e non è un operatore commerciale ma supporta ad altissimi livelli la ricerca e il lavoro quotidiano di milioni di utenti tra ricercatori, docenti e studenti. Si tratta di una rete della comunità: un patrimonio condiviso. Avere un’infrastruttura proprietaria fatta di fibre e apparati, piuttosto che un servizio in affitto da altri, significa per la comunità della ricerca e dell’istruzione avere la possibilità di crescere adeguatamente nel tempo senza la necessità di effettuare ulteriori costosi investimenti e, allo stesso tempo, poter sperimentare soluzioni tecnologiche sempre più innovative.
da Sorrentino | Feb 2, 2016 | Industria, Primo Piano, Programmi, Stazione Spaziale, Tecnologie
La stampante 3D made in Italy, presente a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, è stata attivata e ha funzionato in modo nominale. L’obiettivo dell’esperimento è creare pezzi di ricambio e strumenti di lavoro direttamente in orbita. Stampare in 3d nello spazio è sempre più una realtà. Lo ha dimostrato l’astronauta Scott Kelly che ha attivato Portable on Board Printer 3D la stampante tridimensionale progettata e realizzata in Italia che ha l’obiettivo di creare pezzi di ricambio e strumenti di lavoro direttamente in orbita. Durante l’esperimento, iniziato alle 13 (ora italiana) del 2 febbraio e durato un’ora, tutto si è svolto in modo nominale ed è stato creato un piccolo oggetto di PLA, una plastica biocompatibile e biodegradabile che, una volta espulsa, permette di comporre le forme 3D. L’intera sessione è stata filmata attraverso una finestra trasparente della stampante stessa, consentendo il monitoraggio visivo da terra. L’oggetto fabbricato verrà comparato con un altro analogo stampato a terra, per poter approfondire le diversità strutturali. La stampante è un oggetto tecnologicamente molto avanzato. Deve sottostare ai vincoli estremamente rigorosi che qualunque hardware a bordo della Stazione Spaziale deve rispettare, per consentirne il funzionamento in assenza di gravità.
“Il progetto ha coinvolto un team coordinato dall’Agenzia Spaziale Italiana, in costante contatto con NASA, composto da tecnici e ricercatori di tre industrie nazionali – ha commentato Gabriele Mascetti responsabile dell’unità Volo Umano e Microgravità dell’ASI – l’utilizzo in orbita della Portable on Board Printer rappresenta una ulteriore dimostrazione della capacità italiana di ambire e raggiungere traguardi di elevato livello, sia in termini di successo tecnologico che di efficace cooperazione internazionale”.
Portable on board printer rappresenta il primo passo verso l’autoproduzione strumenti in orbita. In futuro sarà possibile creare dei veri e propri impianti di produzione digitale e automatizzata a bordo della ISS e di altri veicoli, riducendo notevolmente il costo delle prossime missioni spaziali. L’esperimento della stampante 3D, partito alla volta della ISS a bordo del cargo Cygnus il 6 dicembre 2015 e arrivato a destinazione il 9, è stato ideato da Altran Italia, nel 2013 ha vinto il bando di “Volo Umano Spaziale per Ricerche e Dimostrazioni Tecnologiche sulla Stazione Spaziale Internazionale” promosso dall’ASI. Il progetto ha visto la collaborazione di Altran Italia come prime contractor e responsabile del concept meccanico e di sistema, Thales Alenia Space per gli aspetti di PA/Safety e di integrazione alla ISS e IIT per la caratterizzazione e l’analisi post-flight.