L’americano Scott Kelly e il cosmonauta Mikhail Kornienko sono atterrati alle 4 e 32 (ora italiana) di mercoledì 2 marzo 2016 nelle steppe del Kazakstan, portando a termine la One Year Mission, durata per l’esattezza 340 giorni a bordo della stazione spaziale internazionale e dedicata alla comprensione delle reazioni del corpo umano nell’ambiente spaziale con l’obiettivo di ridurre sempre più i rischi per gli astronauti impegnati nelle future missioni di esplorazione verso Marte. “Kelly è stato il primo astronauta americano a passare un anno nello spazio – ha dichiarato l’amministratore della NASA, Charles Bolden – e il suo contributo ha reso l’esplorazione umana di Marte più vicina”. Kelly e Kornienko erano partiti dal cosmodromo di Baikonour in Kazakstan il 28 marzo dello scorso anno a bordo dell’Expedition 43. Kelly, che ha tenuto la sua ultima inflight call dalla ISS,lo scorso 25 febbraio, ha dichiarato di sentirsi un privilegiato poiché ha potuto lavorare per un lungo periodo in una struttura scientifica unica al mondo: ”Da qui ti rendi conto dell’impatto dell’inquinamento sul nostro pianeta e quando sarò a casa spero di poter fare di più per aiutare a proteggere l’ambiente”.
Com’è noto, Scott Kelly ha un fratello gemello, Mark Kelly, anche lui astronauta. Ciò consentirà di utilizzare gli studi fisiologici compiuti nei 365 giorni a bordo della Stazione Spaziale per comparare i dati riferiti singolarmente ai due gemelli, al fine di identificare eventuali piccoli cambiamenti causati dalla microgravità. La One Year Mission prevedeva sette aree di studio: funzionale, salute comportamentale, disabilità visive, metabolismo, prestazioni fisiche, microbica e fattori umani per un totale di 400 esperimenti effettuati con decine di ore di sperimentazioni nei laboratori della ISS e sugli astronauti stessi. Kelly ha anche assistito alla fioritura delle zinnie nella “serra cosmica”– la facility Veggie – l’8 gennaio scorso un esperimento ideato per verificare il comportamento delle piante da fiore in condizioni di microgravità, soprattutto in rapporto a paramenti ambientali di particolare criticità come l’illuminazione, e per studiare le modalità di conservazione dei semi in orbita.
Il 2 febbraio l’astronauta americano ha attivato per la prima volta la Portable on Board Printer la stampante tridimensionale progettata e realizzata in Italia che ha l’obiettivo di creare pezzi di ricambio e strumenti di lavoro direttamente in orbita. Una missione ricca di successi scientifici che fanno ben sperare per il futuro dell’esplorazione umana nello spazio: ”Cio’ che abbiamo fatto dimostra che possiamo superare le sfide. Se possiamo sognarlo, possiamo farlo, se lo vogliamo veramente – ha concluso l’astronauta – una delle sfide più difficili da superare, anche in vista delle missioni su Marte è quella psicologica, il dover stare isolati e lontani dalle persone a cui si vuol bene, ma è una cosa che possiamo affrontare”.