da Sorrentino | Ott 1, 2015 | Attualità, Eventi Scientifici e Culturali, Primo Piano
Il Sopravissuto – The Martian, la nuova pellicola di Ridley Scott che rilancia il filone dell’avventura spaziale dopo Gravity e Interstellar, approda nelle sale cinematografiche dopo una speciale anteprima nella sede dell’Agenzia Spaziale Italiana alla presenza del ministro Stefania Giannini dell’astronauta Samantha Cristoforetti e del presidente Roberto Battiston. Un film e una trama certamente diversi, che ripercorrono fedelmente il romanzo omonimo pubblicato nel 2011 a firma del biologo Andy Weir. La traduzione cinematografica, sostenuta e supervisionata dalla NASA, descrive uno scenario che vuole apparire un capitolo di scienza ma concede qualcosa con gli inevitabili sconfinamenti nella fantascienza. Detto di Matt Damon, bravo a interpretare il protagonista Mark Watney un anno dopo Interstellar, avendo sempre a fianco Jessica Chastain, gli addetti ai lavori sono consapevoli che si tratta di un racconto costruito per farci amare il Pianeta Rosso visto come frontiera anche con i suoi aspetti ostili. Il sopravvissuto su Marte non è il Jim Lovell di Apollo 13 ma un essere umano che resiste a un ambiente inospitale come quello del pianeta più simile alla Terra. In una delle recensioni postate dalla critica cinematografica, che hanno preceduto l’uscita dl film, si riconosce l’abilità nel riuscire a filtrare in modo intelligente l’impostazione scientifica del romanzo, In The Martian non può che prevalere la drammatizzazione della vicenda in perfetto stile hollywoodiano. Watney diventa un intelligente botanico spaziale che si organizza e non cede al panico, accettando la sfida impossibile. Il merito maggiore del film di Ridley Scott è tenere viva l’attenzione sulla frontiera dell’esplorazione interplanetaria. Il romanzo di Andy Weir nasce dal voler dimostrare come un astronauta abbandonato sulla superficie di Marte, conoscenze tecnologiche alla mano così come con la strumentazione che potrebbe essere disponibile quando l’uomo approderà sul Pianeta Rosso, possa sopravvivere un tempo piuttosto lungo, un anno e mezzo nel caso specifico, in attesa di essere salvato da una nuova missione. E lo fa con una sorta di manieristica attenzione ai dettagli, restando in buona parte dentro la scienza, anche se appare azzardato definire il film un’opera di divulgazione scientifica.
da Sorrentino | Set 28, 2015 | Astronomia, Attualità, Missioni, Primo Piano
Gli scienziati planetari avevano abbandonato da tempo l’idea che la superficie marziana fosse arida e asciutta, solcata solo in un passato remoto dall’acqua. Ora dalla NASA arriva l’annuncio della esistenza di piccoli ruscelli di acqua salata che scorrono, potremmo dire timidamente, quando sul Pianeta Rosso c’è la stagione estiva. Le prove dell’esistenza dei sottili rivoli sono state raccolte dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter, lanciata 12 agosto 2005, che gira intorno a Marte e ha individuato i sali che si formano solo in presenza di acqua grazie a uno strumento di bordo denominato Crism (Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars). Quella che la NASA ha fornito è dunque una prova indotta, perché proprio la presenza dei sali idrati richiama quella dell’acqua. Si tratta, in particolare, di perclorato di magnesio, rintracciato anche dal rover Curiosity della NASA, clorato di magnesio e perclorato di sodio. Autori dello studio Lujendra Ojha del Georgia Institute of Technology e Alfred McEwen, planetologo della Arizona State University, che vedranno pubblicato i risultati sulla rivista Nature Geoscience La prima osservazione dei piccoli ruscelli è avvenuta nel 2011 e i segni dello scorrere di acqua, riassunto nell’acronimo “Recurring Slope Lineae”. Una scoperta di grande interesse scientifico e incoraggiante per i futuri approfondimenti che potranno essere effettuati durante le prossime missioni automatiche su terreno marziano. Il prossimo passo sarà l’analisi chimica di queste tracce di acqua e la caccia a eventuali forme di vita microbica.
Le immagini riprese dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter hanno evidenziato rivoli di colore scuro che compaiono durante la stagione calda e raggiungono la lunghezza di 5 metri innervandosi lungo i pendii. Più che la prova dell’esistenza dell’acqua, è più corretto affermare che c’è evidenza di un ciclo dell’acqua sulla superficie di Marte”, come sottolinea Enrico Flamini, responsabile ASI per i programmi di Esplorazione del Sistema Solare.
da Sorrentino | Set 28, 2015 | Astronomia, Attualità, Primo Piano
Il super disco della Luna, alla distanza minima di 356.876 chilometri dalla Terra, è apparso nella sua tinta rossa scuro per oltre un’ora, dalle 4:11 fino alle 5:23 con apice alle 4:47, nella notte tra domenica 27 e lunedì 28 settembre. Effetto dell’ombra del nostro pianeta che ha suggellato in modo spettacolare il fenomeno della eclissi, visibile da tutta l’Italia ma sicuramente guastato in parte dalla copertura nuvolosa presente su alcune regioni della penisola. A rimediare ci ha pensato lo streaming del Virtual Telescope. Il verificarsi dell’eclissi nella parte finale della notte ha indirizzato lo sguardo e i telescopi verso l’orizzonte a ovest. Il colore rosso bruno che ha velato la Luna si è manifestato quando il nostro satellite naturale è entrato nel cono d’ombra della Terra, la cui atmosfera filtra di meno la luce rossa rispetto alle altre lunghezze d’onda dello spettro visibile. Durante l’eclissi totale, la luce del Sole viene rifratta dall’atmosfera terrestre verso la parte rossa dello spettro e proiettata sulla superficie della Luna. Un fenomeno suggestivo, astronomicamente ricorrente anche se abbastanza raro: l’ultima volta nel 1982, la prossima nel 2033; solo quattro volte si è verificato nel secolo scorso. L’eclissi, coincisa con il perigeo (il punto più vicino alla Terra durante la rivoluzione della Luna attorno al nostro pianeta), ha fatto sì che il disco lunare apparisse circa del 14 per cento più grande. La Luna è entrata nella penombra alle 2:12 ora italiana e l’eclissi parziale ha cominciato a manifestarsi meno di un’ora dopo. Il fenomeno è terminato nella sua totalità alle 7:23 del mattino del 28 settembre. L’eclissi totale di luna piena più vicina all’equinozio d’autunno viene chiamata in inglese “harvest moon”, la luna del raccolto.
da Sorrentino | Set 2, 2015 | Attualità, Eventi, Primo Piano
I sette astronauti italiani che hanno compiuto missioni spaziali dal 1992 al 2015 saranno presenti, per la prima volta, insieme alla manifestazione aerea di Rivolto che celebra il 55esimo anniversario delle Frecce Tricolori. Saranno presenti: Franco Malerba, primo italiano ad aver preso parte ad una missione spaziale; Umberto Guidoni che lo seguì in orbita fino a diventare il primo europeo a bordo della stazione spaziale; il colonnello a riposo Maurizio Cheli, che volò nella stessa prima missione di Guidoni; Paolo Nespoli, già due volte in orbita e assegnato a una nuova missione sulla ISS nel 2017; Roberto Vittori, per tre volte in orbita sia con lo Space Shuttle che con la Soyuz, nonché primo europeo a conseguire la qualifica di comandante della capsula russa, attuale Space Attachè all’Ambasciata Italiana negli USA e responsabile dell’ASI Office a Washington; il Magg. Luca Parmitano, primo italiano a effettuare un’attività extraveicolare; il Cap. Samantha Cristoforetti, recente protagonista della missione di 200 giorni sulla ISS. Con loro anche il Ten. Col. Walter Villadei, ingegnere aerospaziale e primo Ufficiale del Corpo del Genio Aeronautico qualificato cosmonauta dall’Aeronautica Militare, in attesa di assegnazione a una missione a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.
Per la prima volta nella storia della della manifestazione organizzata dall’Aeronautica Militare all’Aeroporto “Visintini” di Rivolto (Udine), i protagonisti della storia dello spazio italiano tutti insieme sono stati messi a contatto con gli spettatori. Predisposto anche un percorso guidato all’interno di un’area espositiva con equipaggiamenti e immagini che hanno fatto la storia dell’esplorazione spaziale. In mostra anche l’IVX (Intermediate experimental Vehicle), veicolo sperimentale europeo che a febbraio 2015 è stato lanciato nello spazio in volo suborbitale ipersonico ed è rientrato sulla terra in planata autocontrollata. La presenza degli Astronauti italiani e l’allestimento di un’area espositiva sullo Spazio e l’Aerospazio è il frutto della collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ed Europea (ESA), i centri di ricerca e le università. Confermano il ruolo di primo piano che l’Aeronautica Militare ha per il Volo Umano Spaziale (VUS) nell’ambito del Ministero della Difesa.
Lo spazio è la naturale estensione dell’ambiente operativo nel quale l’Aeronautica Militare opera: una lunga tradizione nel settore con studi e attività da sempre all’avanguardia, nel campo dei satelliti, del volo supersonico e umano.
da Sorrentino | Ago 2, 2015 | Attualità, Missioni, Primo Piano, Programmi
A distanza di 14 mesi dall’arrivo sul pianeta rosso della missione InSight, la NASA ha predisposto la modifica dell’orbita descritta da Mars Reconnaissance Orbiter, che dal 2006 staziona intorno a Marte. Si tratta di un’operazione necessaria a garantire la funzione di ripetitore dei dati che il lander della sonda Insight trasmetterà durante la discesa sulla superficie marziana prevista il 28 settembre 2016. Un’accensione di 77 secondi dei motori, di cui è dotata MRO, ne ha permesso il riposizionamento in modo tale da captare i segnali durante l’intera manovra di avvicinamento al suolo del lander fino al completamento del touch-down. Mars Reconnaissance Orbiter, che ha già seguito la discesa del rover Curiosity nel 2008, sta svolgendo un costante lavoro di monitoraggio di Marte attraverso il radar Sharad (Shallow Subsurface Radar), sviluppato e realizzato da Thales Alenia Space per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e dell’Università La Sapienza di Roma.
Insight (acronimo di Interior exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport) avrà il compito di esplorare in profondità il suolo marziano per ottenere informazioni utili a ricostruire la storia geologica del pianeta. Il lancio della sonda è previsto a marzo 2016 con un razzo Atlas 5 dalla base di Vandenberg, in California. L’approdo è stato programmato nell’emisfero sud di Marte dopo un viaggio di 6 mesi e mezzo. La tipologia di missione e le caratteristiche del lander richiamano quelle della sonda Phoenix, approdata nel 2008 nella zona settentrionale di Marte e ancoratasi al suolo appoggiata su tre zampe metalliche, dopo aver completato la discesa con l’ausilio di un paracadute. I due principali strumenti scientifici con cui sarà equipaggiata la sonda Insight sono di progettazione francese, il SEIS (Seismic Experiment for Interior Structure) per la misurazione dell’attività sismica, e tedesca, HP3 (Heat Flow and Physical Properties Package) per la rilevazione del flusso termico fino a una profondità di 5 metri. A bordo della sonda, dotata di un braccio robotico, anche lo strumento RISE (Rotation and Interior Structure Experiment), sviluppato dal Jet Propulsion Laboratory di Pasadena per misurare con estrema precisione il moto di rotazione di Marte. In più una strumentazione meteorologica completa per consentire di realizzare un vero e proprio bollettino del tempo nella zona di atterraggio. La missione Insight, costerà 500 milioni di euro e avrà una durata corrispondente a due anni terrestri, ovvero un anno marziano.
Durante il viaggio verso Marte, la sonda InSight della NASA sarà seguita da due piccoli satelliti, sviluppati dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena e ribattezzati Mars Cube One o MarCO, i primi CubeSat (cubi composti da sei unità di 10 centimetri di lato e massa non superiore a 1,33 kg) a giungere su un altro pianeta. Partiranno con lo stesso razzo Atlas V con cui verrà lanciata InSight e percorreranno traiettorie interplanetarie indipendenti dalla sonda dopo aver dispiegato due antenne radio e i due pannelli solari di cui sono dotati. La missione dei MarCO è sperimentale e assume enorme importanza in quanto sarà di supporto alle comunicazioni con InSight. Durante la discesa sul suolo marziano, il lander trasmetterà informazioni banda radio UHF (Ultra High Frequency) al Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), che a sua volta (ma non in contemporanea) invierà dati alle strumentazioni a terra usando le frequenze radio nella banda X. La conferma dell’avvenuto atterraggio arriverà solo dopo un’ora. Gli strumenti dei MarCO, invece, premettono di comunicare sia in UHF (per la ricezione) che in banda X (per la ricezione e la trasmissione) e quindi la comunicazione potrà essere simultanea. In realtà, solo uno dei due satelliti farà da ponte tra InSight e la Terra. L’altro entrerà in funzione solo se il primo dovesse incontrare una qualche difficoltà. I due satelliti passeranno a soli 157 km da Marte e comunicheranno a una velocità di 8 kb al secondo, ma non potranno inserirsi nell’orbita del pianeta e sono destinati, una volta completata la loro missione, a perdersi nello spazio profondo. Il successo auspicabile della missione dei CubeSat aprirebbe un nuovo scenario nella gestione delle fasi più delicate di avvicinamento delle sonde ai pianeti e ai corpi celesti oggetto di esplorazione, potendo garantire proprio la simultaneità delle comunicazioni.
da Sorrentino | Lug 24, 2015 | Attualità, Eventi, Eventi Scientifici e Culturali, Primo Piano, Ricerca, Stazione Spaziale, Tecnologie
Piante in grado di crescere nello spazio per fornire alimenti “freschi” nelle stazioni orbitanti del futuro: è questo l’obiettivo che si pone ENEA con le ricerche condotte sul pomodoro “Micro-Tom”, una varietà nata come pianta ornamentale, ma con caratteristiche tali da adattarsi ad un “orto spaziale”. Questi temi sono stati al centro del workshop “Agrispazio: colonizzare Luna e Marte per nutrire la Terra”, che si è tenuto al Museo dell’Ara Pacis a Roma, nel corso del quale si è discusso su come nutrire gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale e sostenere con tecnologie biorigenerative la permanenza dell’uomo oltre la bassa orbita terrestre.
“Le nostre ricerche – afferma Eugenio Benvenuto, responsabile del laboratorio Biotecnologie dell’ENEA – mirano a favorire la sostenibilità dell’habitat delle stazioni spaziali grazie alla coltivazione di piante ‘tuttofare’, in grado di innescare un ciclo bio-rigenerativo di risorse vitali come acqua e ossigeno, di abbattere l’anidride carbonica e al tempo stesso di costituire un alimento sicuro per gli astronauti, ricco di molecole ad alto valore aggiunto”. “La ricerca agronomica – aggiunge Benvenuto – rende oggi possibile coltivare piante in luoghi estremi come la Stazione Spaziale Internazionale, grazie a colture ‘fuori suolo’ o idroponiche, che non hanno bisogno di suolo per crescere ma solo di acqua e sostanze nutritive”.
Le ricerche condotte nel Centro ENEA della Casaccia nascono nell’ambito del progetto BIOxTREME, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana, ed analizzano il potenziale delle piante sia come fonte di elementi antiossidanti che antimicrobici, capaci di rafforzare le difese immunitarie degli astronauti rispetto alle condizioni di vita imposte dalla permanenza nei moduli spaziali aggravate anche dalla proliferazione di microbi importati dalla Terra. Obiettivo è la costruzione di un “ideotipo” vegetale resistente alle condizioni extraterrestri, quali l’assenza di peso, le radiazioni cosmiche e i campi elettromagnetici. Da queste combinazioni genetiche potranno essere prodotte piante che accumulano grandi quantità di sostanze antiossidanti come le antocianine, le cosiddette “molecole-antidoto”, utili contro l’invecchiamento e presenti in grandi quantità nei frutti di colore scuro.
Inoltre, sia le piante che le radici, possono essere fonte di svariate tipologie di proteine con riconosciute attività farmacologiche. Sono infatti allo studio colture di radici che funzionano come bioreattori naturali in grado di sintetizzare molecole ad altissimo valore aggiunto come anticorpi, peptidi e immunostimolanti. Si tratta di molecole preziose, la cui sintesi è indotta da nuovi geni costruiti in laboratorio. Le radici così ottenute possono essere cresciute in condizioni controllate aggiungendo nel terreno di coltura sali, zucchero e vitamine.
Queste radici risultano resistenti ad alte dosi di radiazioni gamma e protoni dell’ordine di 10 gray e sono in grado di proliferare anche dopo dosi di irraggiamento che sarebbero letali per molti altri tipi di cellule. Le condizioni di stress accentuato e le eventuali alterazioni del metabolismo che ne derivano, vengono puntualmente analizzate nel loro complesso mediante tecniche molecolari avanzate che riescono a mettere in evidenza anche le minime variazioni significative.