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Il Nobel Doherty alla Montalcini Lecture

Il Nobel Doherty alla Montalcini Lecture

IMG_1282L’umanità deve prestare attenzione alla velocità con cui virus e agenti patogeni possono propagarsi da un continente all’altro, ma il rischio di pandemie devastanti come quelle che si sono manifestate dal secolo XIV a quello scorso è assai improbabile perché la scienza affina incessantemente i metodi per riconoscere e prevenire le forme potenzialmente letali. Così l’immunologo australiano Peter Charles Doherty, Premio Nobel per la Medicina 1996 per aver scoperto come il sistema immunitario riconosce le cellule infettate dai virus, il quale ha tenuto a BergamoScienza 2015 la “Rita Levi Montalcini Memorial Lecture” sottolineando la necessità di dedicare la ricerca allo sviluppo di vaccini nuovi e sempre più efficaci per contrastare le patologie virali.

Nel corso del XX secolo la popolazione mondiale è aumentata di quattro volte e in più viaggia rapidamente da un punto all’altro del pianeta, trasportando inevitabilmente agenti virali. Le figure dell’infettivologo e dell’epimediologo sono in prima linea e occorre un’allerta costante per evitare il proliferare e il propagarsi di nuovi tipi di infezioni. I virus più aggressivi e contagiosi sono quelli che si diffondono per via respiratoria. Indossare le mascherine, pratica ricorrente nei Paesi d’oriente, serve a evitare che l’individuo affetto diffonda la patologia. La pandemia di SARS, che ebbe il suo focolaio in Cina tra il 2002 e il 2003, ha provocato un numero esiguo di vittime (basti pensare che ogni anno negli USA 35mila persona muoiono di influenza) ma è costata 50 miliardi di dollari, perché la gente ha smesso di viaggiare.

Ci siamo resi conto che i pipistrelli della frutta trasportano tanti virus pericolosi: non solo la rabbia ma anche l’Ebola. Oggi potremmo scoprire un virus sconosciuto in poche settimane anziché in mesi come nel caso della SARS. Certo – osserva Doherty – se si fosse manifestata nell’era prescienza sarebbe diventata virulenta come la peste. Anche MERS, virus correlato della SARS arriva ancora dai pipistrelli della frutta, portatori di coronavirus, henipavirus, filovirus.

Il nostro sistema immunitario si basa su una capacità di difesa innata e sul sistema adattivo emerso nei vertebrati 400 milioni di anni fa. Sviluppiamo anticorpi e una memoria immunitaria di lungo termine e tutte le azioni immunitarie funzionano con le interazioni tra proteine. Abbiamo bisogno di sviluppare nuovi vaccini (per fermare il virus HIV di cui sono affette 35 milioni di persone disponiamo solo di un farmaco), ma dobbiamo fare attenzione alle patologie autoimmuni. Abbiamo cancellato il pericolo del vaiolo, siamo sul punto di eradicare la polio grazie alla grande azione planetaria del Rotary International, eppure ci ritroviamo a combattere contro ingiustificati pregiudizi che minano il piano di vaccinazione contro le malattie esantematiche facendo rischiare il ritorno del morbillo.

 

Nuovo successo della missione Futura

Nuovo successo della missione Futura

drain-brainCon l’ultima delle tre sessioni previste dal programma sperimentale, si è conclusa con successo la raccolta dei dati in orbita di Drain Brain, uno degli esperimenti obiettivi scientifici più impegnativi della missione FUTURA dell’Agenzia Spaziale Italiana. Samantha Cristoforetti, astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea e capitano pilota dell’Aeronautica Militare, ha indossato i sensori pletismografici che hanno misurato il flusso del sangue verso il cuore ed eseguito gli esercizi muscolari e di respirazione previsti dal protocollo scientifico. Successivamente AstroSamantha ha eseguito una ecografia vascolare su se stessa, con la guida remota del Principal Investigator dell’esperimento, il Prof. Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara, tele-collegato con la Stazione dal centro di controllo ASI presso Kayser Italia.

I dati raccolti seguono l’analoga sessione di raccolta combinata di dati pletismografici ed ecodoppler effettuata il 23 febbraio e le sessioni di ecodoppler del 28 novembre e pletismografica del 19 gennaio. Le prime due sessioni erano state effettuate separatamente a causa del ritardato arrivo a bordo dello strumento realizzato dell’Università di Ferrara. Il primo dei modelli costruiti per l’utilizzo a bordo era andato distrutto nell’incidente del veicolo Orbital 3 di ottobre 2014. Prontamente rimpiazzato da un secondo modello, lo strumento utilizzato per l’esperimento è arrivato a bordo della ISS a gennaio 2015 con il veicolo SpX-5.

KayserIl Prof. Zamboni ha espresso grande soddisfazione al termine della sessione odierna: “Il complesso di questi esperimenti permette di fotografare con strumentazioni innovative progettate in Italia, la funzione circolatoria di cuore e cervello, fornendo dati fino ad ora mai registrati sugli astronauti in orbita. Fino ad oggi le informazioni ricevute dai nuovi strumenti si potevano ottenere solo con metodiche invasive o esponendo i soggetti a radiazioni. Questa sperimentazione ha delle potenziali ricadute diagnostiche nel settore della telemedicina poiché dimostra che strumentazioni non invasive sono in grado, senza controllo medico in loco, di inviare informazioni molto preziose ad un centro medico qualificato che si trova a distanza”.

“Va sottolineata la complessità dell’esperimento Drain Brain che ha richiesto un elevatissimo livello di coordinamento tra il team scientifico, quello di supporto ingegneristico, e i team di supporto degli strumenti di bordo utilizzati per l’esperimento”, prosegue Salvatore Pignataro di ASI, Direttore della Missione Futura e Responsabile del Programma Drain Brain. Il protocollo scientifico prevedeva l’utilizzo simultaneo della strumentazione sviluppata dall’Università di Ferrara e di tre altri strumenti diagnostici presenti a bordo, un elettrocardiografo, un ecografo e lo spirometro. Durante le operazioni a dare supporto a Samantha erano collegati i centri responsabili degli strumenti, dislocati in Danimarca e negli Stati Uniti, tutti sincronizzati sulle istruzioni del centro di controllo ASI della Missione Futura. Presso l’USOC (User Support and Operation Control) di Livorno, hanno coordinato le attività e risposto alle chiamate del controllo delle operazioni del Marshall Space Flight Service gli operatori di Kayser Italia.

Lo studio del sonno in microgravità

Lo studio del sonno in microgravità

SamanthaL’esperimento Wearable Monitoring ha l’obiettivo di approfondire la conoscenza dei meccanismi fisiologici del sonno in microgravità e fa parte del programma di attività scientifiche e sperimentali della missione FUTURA, seconda di lunga durata organizzata e finanziata dall’Agenzia Spaziale Italiana a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Nella seconda e terza settimana di gennaio 2015, Samantha Cristoforetti, astronauta italiana dell’Agenzia Spaziale Europea e capitano pilota dell’Aeronautica Militare, ha svolto con successo le prime tre registrazioni notturne previste dal progetto nell’ambito dell’attività scientifica e sperimentale della missione FUTURA.

Wearable Monitoring, proposto dalla Fondazione Don Gnocchi e svolto in collaborazione con l’Istituto Auxologico Italiano, è uno dei nove progetti selezionati e sviluppati dall’Agenzia Spaziale Italiana per la missione FUTURA. L’accurata esecuzione del protocollo sperimentale da parte dell’astronauta e l’attento coordinamento delle attività da parte di ASI e della NASA sono state determinanti per l’alta qualità dei dati raccolti.

La conoscenza dei meccanismi fisiologici del sonno in microgravità è un tema importante: durante le missioni spaziali la qualità del sonno è normalmente ridotta e questo può portare a una diminuzione dell’attenzione e della vigilanza durante le attività in veglia degli astronauti. I fattori responsabili di questo fenomeno sono in gran parte ancora da studiare. Il progetto si propone in particolare di chiarire l’andamento nel sonno dell’attività elettrica e meccanica del cuore, dei livelli di attivazione del sistema nervoso autonomo, della respirazione e della temperatura.

I dati vengono rilevati e raccolti attraverso un sistema indossabile, denominato MagIC-Space, sviluppato nel Laboratorio dei Sensori Indossabili e Telemedicina di Milano della Fondazione Don Gnocchi. Il team di sviluppo è costituito dagli ingegneri Francesco Rizzo, Paolo Meriggi e Prospero Lombardi, sotto la guida dell’ingegner Marco Di Rienzo (PI del progetto).

MagIC-Space è composto da una maglietta contenente sensori tessili per la rilevazione dell’elettrocardiogramma e del respiro, un’unità di monitoraggio per la raccolta dei dati e la misura delle vibrazioni cardiache (da cui vengono estratti gli indici di meccanica cardiaca), un termometro per la misura della temperatura cutanea e un pacco batterie per l’alimentazione del dispositivo. Il sistema è stato progettato in modo da integrare gran parte dei sensori e dei fili all’interno della maglietta. Questo accorgimento ha permesso di semplificare il setup iniziale del dispositivo e ridurre il tempo-astronauta necessario per la preparazione dell’esperimento.

Il dispositivo MagIC-Space è giunto sulla Stazione Spaziale Internazionale il 12 gennaio 2015, con la capsula SpaceX Dragon CRS-5, e il piano delle attività a bordo prevede sei registrazioni notturne nell’arco dei sei mesi di permanenza di Samantha Cristoforetti nello spazio.

In ciascuna sessione sperimentale l’astronauta indossa la maglietta sensorizzata per tutta la notte e al risveglio trasferisce i dati sul computer di bordo per la successiva trasmissione a terra. Le registrazioni vengono poi analizzate alla Fondazione Don Gnocchi dagli ingegneri Emanuele Vaini, Prospero Lombardi e Paolo Castiglioni. La raccolta dei dati a terra e l’interpretazione biologica dei risultati sono svolte in collaborazione con il team di cardiologi dell’Istituto Auxologico Italiano – dottoresse Carolina Lombardi, Giovanna Branzi e Valeria Rella – sotto il coordinamento del professor Gianfranco Parati, docente di Medicina Cardiovascolare dell’Università di Milano Bicocca.

Oltre che in situazione di microgravità, i risultati dell’esperimento potranno avere importanti ricadute anche a terra. Nel mondo occidentale una persona su quattro soffre di disturbi del sonno, che spesso richiedono monitoraggi complessi. Il dispositivo sviluppato per questo progetto è caratterizzato da un’estrema facilità d’uso e potrebbe essere agevolmente utilizzato per la diagnosi remota dei disturbi del sonno presso il domicilio del paziente, nell’ambito di servizi di telemedicina.

 

Addio a Parenzan, il cuore dei bambini

Addio a Parenzan, il cuore dei bambini

parenzanLucio Parenzan, padre della cardiochirurgia pediatrica italiana, si è spento nella mattinata di martedì 28 gennaio all’ospedale papa Giovanni XXIII, nel reparto di terapia intensiva, dove era stato ricoverato nella notte tra il 16 e il 17 gennaio per un principio di soffocamento. Gli è stato fatale un arresto cardiorespiratorio durato 20 minuti, a seguito del quale non si è più ripreso. Avrebbe compiuto 90 anni il 3 giugno 2014. Nato a Gorizia nel 1924, Lucio Parenzan si era laureato in medicina all’Università di Padova nel 1948 e iniziato la carriera specializzandosi nella cura delle patologie cardiache dei bambini, dopo l’esperienza svolta all’Ospedale pediatrico di Pittsburgh, negli Stati Uniti.  Dal 1964 al 1994 ha diretto la Divisione di Chirurgia pediatrica e di Cardiochirurgia di Bergamo Dal 1964 al 1994. A lui si deve la possibilità di intervenire tempestivamente, nei primi tre giorni di vita, sui cosiddetti  «bambini blu», i neonati colpiti dalla tetralogia di Fallot, una grave forma di malformazione cardiaca.

Nella notte tra il 22 e il 23 novembre 1985 l’équipe di Lucio Parenzan eseguì il primo trapianto di cuore a Bergamo, il terzo in Italia dopo quelli di Padova (il 14 novembre) e Pavia (il 18 novembre). Nei trent’anni trascorsi alla guida della Divisione di Cardiochirurgia presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo ha effettuato oltre 15 mila interventi, di cui 350 trapianti cardiaci. Dal ’93 al 2010 è stato direttore dell’International Heart School con sede alle Cliniche Humanitas Gavazzeni  di Bergamo, dove dal 1998 al 2008 ha ricoperto la carica di direttore scientifico. Lucio Parenzan è stato anche docente in Chirurgia pediatria, Clinica pediatrica e Cardiochirurgia all’Università di Milano.

Amico del fisico Antonino Zichichi, Parenzan ha diretto il progetto internazionale di prevenzione e cura delle malattie del cuore nei Paesi africani nell’ambito del Centro internazionale di cultura scientifica di Losanna ed è stato capo di un équipe chirurgica al Mater Misericordiae Hospital di Nairobi (Kenya) che esegue interventi gratuiti sui bambini africani.

Una valvola di 2a generazione per la stenosi aortica

Una valvola di 2a generazione per la stenosi aortica

Lotus Valve_2jpgUn dispositivo impiantabile di seconda generazione, messo a punto da Boston Scientific, è la nuova risposta chirurgica alla valvulopatia aortica che provoca disfunzione della valvola aortica, una della quattro valvole che controllano il flusso di sangue in entrata ed in uscita dal cuore. La stenosi della valvola aortica è il processo di ispessimento e di indurimento della valvola che provoca un restringimento anomalo dell’apertura della valvola aortica, ed una conseguente riduzione del flusso sanguigno. La stenosi aortica è un problema comune che colpisce circa il 3% della popolazione di età superiore a 65 anni e il 5% delle persone con più di 75 anni. Dall’inizio dei sintomi di stenosi della valvola aortica, il tasso medio di sopravvivenza è del 50% a due anni e del 20% a 5 anni. La valvola aortica Lotus per la sostituzione transcatetere della Valvola Aortica, che ha ottenuto il marchio CE,  è una tecnologia di seconda generazione che consiste in una protesi di tessuto valvolare precaricata e montata su stent e un sistema di posizionamento del catetere per la guida e la collocazione percutanea della valvola. Il sistema di posizionamento a basso profilo e la membrana introduttiva sono stati progettati per consentire un posizionamento prevedibile e preciso, associato con una funzione valvolare precoce, così come un riposizionamento bidirezionale non traumatico e la possibilità di recupero in qualsiasi momento prima del rilascio dell’impianto. È l’unico dispositivo del suo genere di cui può essere valutata la collocazione finale prima del rilascio, permettendo così al medico di riposizionare, re-inguainare o recuperare completamente la valvola. Il dispositivo è dotato anche di una caratteristica unica, l’Adaptive Seal™, progettata per ridurre al minimo l’incidenza del rigurgito paravalvolare, un predittore provato di mortalità. L’approvazione della valvola Lotus, in Europa e nei Paesi in cui è valido il marchio CE, offre un’alternativa unica ed efficace per i pazienti con stenosi aortica severa, ritenuti ad alto rischio di intervento chirurgico di sostituzione valvolare.

Donazione del corpo post mortem

Donazione del corpo post mortem

meeting iabcPresentata a Milano la Proposta di Legge Regionale per la Ricerca Scientifica e la Didattica su iniziativa dell’AIBC (Associazione Italiana di Bioetica in Chirurgia) con il patrocinio della Regione Lombardia. L’Aibc, Associazione italiana di Bioetica in Chirurgia, con il supporto del Comitato nazionale di bioetica, ha elaborato una proposta di legge regionale per la Lombardia sulla disponibilità a donare alla scienza il proprio corpo post mortem. L’intenzione è quella di «inserire l’articolato di legge proposto da Aibc sotto forma di articolo unico nel progetto di riordino del sistema sanitario lombardo in discussione nelle prossime settimane», ha detto il Presidente della commissione Sanità del Consiglio regionale Fabio Rizzi, durante l’illustrazione del progetto oggi a Palazzo Pirelli, a Milano. Qualora in questo iter ci fossero degli ostacoli, Rizzi si e’ detto disposto a «depositare la proposta come disegno di legge a sé stante». Se venisse approvata, questa normativa «sarebbe la prima in Italia di questo tipo», ha specificato a margine il Presidente dell’Aibc Daniele Maggiore. Il testo prevede la libera scelta di poter compilare un modulo dal medico generale, nel quale si comunica la volontà dimettere a disposizione il proprio corpo dopo il decesso a centri di ricerca scientifica o didattica biomedica accreditati presso le Asl. Il consenso può essere ritirato o modificato da chi lo ha firmato in ogni momento e può indicare il centro di ricerca cui fare dono di se’ o anche escludere specifiche attività. Queste attività saranno svolte nelle 72 ore successive alla consegna del corpo al centro da parte dell’Asl, trascorse le quali la salma sarà restituita ai parenti. «Ognuno di noi – spiega il Presidente dell’Aibc – con le proprie conoscenze sa quali possano essere le sensibilità personali che il mettere a disposizione il proprio corpo, può attivare dentro di noi. Sinceramente, al di là del significato religioso che si potrebbe dare ma che non vogliamo mettere alla base di questo scritto, penso che si debba principalmente cogliere il significato della donazione, del dare qualcosa agli altri, qualcosa di cui noi non abbiamo più sentore, che non ci viene tolto, che non ci viene strappato.  Dare il proprio corpo o renderlo disponibile è un atto che a noi non costa nulla».