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Starship in volo con crash finale

Starship in volo con crash finale

Spettacolare test del prototipo SN8 di Starship, il nuovo sistema di lancio di SpaceX, decollato alle 23:45 italiane del 9 dicembre dal centro sperimentale di Boca Chica, Texas e rimasto in volo per 6 minuti e 40 secondi, raggiungendo tutti gli obiettivi ad eccezione dell’atterraggio che si è concluso con un crash distruttivo. Spinto da tre motori Raptor, il prototipo SN8 di Starship ha raggiunto la quota prevista di 12,5 km, effettuato la manovra “backflip“, ovvero abbandonatoi l’assetto verticale e , spenti i motori Raptor, si è disposto in assetto planato con controllo aerodinamico di alette e sistema di razzetti ausiliari, per poi recuperare l’assetto verticale, riaccendere i motori Raptor e compensare fino ad annullarlo il movimento orizzontale indotto dal volo planato. La fase di rientro è avvenuta con un solo motore Raptor in funzione, la zona di atterraggio è stata centrata ma troppo duramente e il veicolo è esploso al suolo. E’ lo stato lo stesso Elon Musk ad annunciare via twitter che la pressione dei serbatoi supplementari, dove è stivata la riserva di carburante per l’accensione finale, era troppo bassa durante la riaccensione dei motori. Ciò ha causato il raggiungimento di una velocità terminale troppo alta durante l’atterraggio. SpaceX ha ottenuto importanti indicazioni dal volo test e, con ogni probabilità, nelle prossime settimane effettuerà una seconda prova con il prototipo SN9 mentre la catena di produzione di Starship avanza ed è in fase in completamento l’SN15.

Addio al pioniere Meggiorin

Addio al pioniere Meggiorin

Lutto nel mondo spaziale. E’ venuto a mancare a Brescia l’imprenditore Guido Meggiorin, titolare dell’omonima azienda di telecomunicazioni mobili e soprattutto pioniere dei servizi satellitari privati. Nella seconda metà degli anni ’90 fondò la MegSat Space Division, divisione spaziale del gruppo Meggiorin, prima azienda italiana a capitale privato ad avere progettato, costruito e messo in orbita due microsatelliti per telecomunicazioni. Un’impresa portata a termine con un gruppo di lavoro composto da giovani ingegneri bresciani guidati dal direttore e mission manager Giancarlo Borghesi. Il primo successo porta la data del 29 aprile 1999, quando il dimostratore tecnologico MegSat 0, con una massa di appena 34 kg, venne lanciato con un razzo vettore Cosmos-3M delle forze missilistiche strategiche russe e immesso in un’orbita di 580 km inclinata di 48 gradi. Numerosi sistemi innovativi introdotti dai progettisti del microsatellite consentono di garantire alti livelli di qualità nell’acquisizione e nel trattamento dei dati rilevati da reti di servizio tecniche, commerciali e di monitoraggio ambientale e da apparati scientifici e tecnologici in funzione a terra o a bordo di veicoli. MegSat 0 era equipaggiato con apparati di trasmissione finalizzati alla telelettura di dati terrestri come quella dei contatori dei serbatoi di gas appartenenti a utenze domestiche isolate, allo scopo di ottimizzare la logistica dei rifornimenti e ridurre i costi di esercizio dei servizi. A bordo si trovava anche l’esperimento scientifico Aurora, telescopio a doppio canale, per la misura del flusso dell’aurora boreale e del cielo notturno, sviluppato dall’Università di Trieste.

Guido Meggiorin avrebbe compiuto 77 anni il 24 settembre e due giorni dopo festeggiato il ventennale della missione MegSat 1, primo satellite operativo, lanciato il 26 settembre 2000 da Bajkonur con il vettore russo Dnepr, deriva dall’ex missile balistico intercontinentale SS 18 K, riconvertito ad usi civili.

Analogamente al Megsat 0, il secondo satellite di 55 kg, immesso in orbita circolare inclinata di 65 gradi a 645 km di quota, ha funzionato registrando i dati acquisiti durante l’intera orbita e ritrasmettendoli a ogni passaggio sulla stazione di controllo a Terra. Il satellite ha svolto quattro tipi di missioni: didattica, scientifica, tecnologica e commerciale. La missione didattica svolta in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana, rivolta a 50 scuole medie italiane, ha permesso di sperimentare la gestione e controllo in orbita di un satellite con dati telemetrici, il calcolo delle orbite e tutte le attività scientifiche correlate a una missione spaziale. parte scientifica della missione è invece dedicata a un esperimento, sviluppato dal Laboratorio CARSO (Center for Advanced Research in Space Optics) in collaborazione con l’Università di Trieste, l’Università e l’INFN di Perugia e l’Istituto di Ottica applicata di Firenze, per il monitoraggio e la mappatura delle emissioni UV. A bordo vennero eseguiti un esperimento tecnologico per la qualificazione di materiali e soluzioni ingegneristiche da impiegare per le future generazioni di microsatelliti e servizi commerciali quali la telelettura dei contatori domestici di gas e acqua già sperimentata con il precedente Megsat 0.

La gestione dei microsatelliti avveniva attraversa una stazione di controllo realizzata nella sede di MegSat Space Division sulla via Triumplina a Brescia.

Parmitano e il respiro della Terra

Parmitano e il respiro della Terra

Agli inizi del mese di maggio 2020, a tre mesi dalla conclusione della missione Beyond, che lo ha visto nel ruolo di comandante della stazione spaziale internazionale e protagonista di lunghe e impegnative attività extraveicolari per la riparazione del rivelatore di antimateria Ams-2 dell’ASI, l’astronauta italiano dell’Agenzia Spaziale Europea Luca Parmitano è entrato nelle case degli italiani, ancora in lockdown, attraverso il piccolo schermo con il docufilm “Starman”. Una pellicola che delinea la figura dell’uomo impegnato a vivere e lavorare nello spazio, sdoganandola da quella del supereroe per rivelarne la componente umana e la capacità di osservazione e decisionale, caratteristiche dominanti sia nella fase di preparazione al volo, sia nell’esecuzione dei compiti e nel raggiungimento degli obiettivi durante la lunga permanenza in orbita. Il suo riferimento al respiro e al moto della Terra, che ha espresso nella conferenza stampa post-flight, richiama l’affascinante visione del pianeta culla della vita e la consapevolezza di doversi impegnare per la sua salvaguardia, guardando oltre.

Nell’intervista rilasciata a Orbiter, Luca Parmitano si sofferma sul ruolo dell’uomo nello spazio e sullo sguardo lanciato alla Terra dalla stazione orbitale, prefigurando il passaggio all’esplorazione lunare attraverso il lunar gateway.

Rinviato lancio Crew Dragon

Rinviato lancio Crew Dragon

Un improvviso peggioramento delle condizioni meteorologiche su Cape Canaveral e nella regione della Florida ha imposto lo stop al lancio della Crew Dragon con a bordo gli astronauti Bob Behnken e Doug Hurley, i primi due americani pronti a partire dal territorio degli Stati Uniti nove anni dopo il pensionamento degli Space Shuttle. A fare decidere per il rinvio (il distacco dalla rampa era previsto alle 22:33 e 33 secondi ora italiana) sono stati i dati relativi ai venti in quota, che non avrebbero garantito al razzo Falcon 9 di seguire in sicurezza la traiettoria di salita. Troppo stretta la finestra di lancio per consentire una riprese immediata del count-down. La seconda opportunità è fissata sabato 30 maggio alle 19:22 italiane con aggancio alla stazione spaziale alle 14:20 di domenica 31 maggio.

Frammenti di razzo sulla Terra

Frammenti di razzo sulla Terra

La missione della nuova navicella spaziale cinese è stata un successo, ma il razzo vettore Lunga Marcia 5B che l’ha lanciata, lo stesso che farà partire il primo veicolo del Dragone verso Marte nel mese di luglio, ha lasciato dietro di sé un frammento che è rientrato sulla Terra precipitano nelle acque dell’Atlantico. L’attrito con l’atmosfera, date le dimensioni (si tratta dello stadio centrale del Lunga Marcia 5B, lungo circa 30 metri e pesante 17 tonnellate), non ne ha determinato la completa distruzione, ma prodotto detriti che, rispettando i calcoli, sono caduti alle 17:33 ora italiana di lunedì 11 maggio. A confermarlo il centro di sorveglianza spaziale della Difesa americano. Anche l’Agenzia Spaziale Italiana, insieme a Inaf e Ministero della Difesa italiano, ha seguito la traiettoria di rientro del frammento di razzo, escludendo che l’Europa e il nostro Paese potessero essere a rischio di impatto.

L’Agenzia spaziale italiana, ha monitorato le orbite del relitto spaziale per gli ultimi tre giorni assieme a Inaf e al ministero della Difesa italiano, per verificare che non ci fossero rischi per il nostro Paese. Esclusi già dalla mattinata di oggi, quando gli astronomi hanno ristretto sempre di più la finestra di rientro dello stadio centrale del vettore a una striscia oraria tra le 15 e le 18. Le orbite, dopo mezzogiorno, non interessavano più né l’Italia né il sud dell’Europa.

Rientro di corpo spaziale

Rientro di corpo spaziale

Nel weekend di festività pasquali, l’Italian Space Surveillance and Tracking Operation Center (ISOC) di Pratica di Mare, congiuntamente al Poligono Interforze di Salto di Quirra (PISQ), e con il supporto di Leonardo-Vitrociset e GMSpazio, ha operato costantemente per monitorare il rientro in atmosfera di un oggetto segnalato inizialmente dal Comando statunitense delle operazioni spaziali venerdì 10 aprile.  L’oggetto, risultato poi essere un componente (rocket body) di un vettore utilizzato per inviare un carico alla International Space Station (ISS), è stato tracciato con successo dal Multi-Frequency Doppler Radar (MFDR) del PISQ nella giornata di Sabato 11 aprile, consentendo all’ISOC di prevedere tempestivamente e con precisione il rientro dell’oggetto, che si è verificato nella tarda serata di domenica 12 aprile. L’Italia, primo Paese in Europa ad effettuare la rilevazione dell’oggetto, ha poi messo i dati raccolti dall’ISOC a disposizione delle altre nazioni europee, come previsto dagli accordi internazionali di riferimento.

L’ISOC, gestito dall’Aeronautica Militare, nell’ambito della collaborazione nazionale fra Ministero della Difesa, Agenzia Spaziale Italiana (ASI)  ed Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), per i servizi di Space Surveillance e Tracking a favore ed in collaborazione con l’Unione Europea, coordina la rete di sensori, ottici e radar, nazionali,  destinati a seguire le traiettorie degli oggetti che orbitano intorno alla Terra, e ha la capacità di stabilire, dall’analisi dei dati rilevati, la possibilità di collisioni fra satelliti, dei satelliti con detriti spaziali  e, come nel caso in questione, l’orario di rientro in atmosfera degli oggetti in esame nonché, in collaborazione con una estesa rete di attori globali, contribuire alla determinazione della possibile area di impatto con la superficie terrestre,  con diverse ore di anticipo. Queste capacità della Difesa erano già state messe alla prova con successo anche durante altre festività pasquali, quelle del 2018 quando l’ISOC, grazie al coordinamento con il PISQ e con il supporto dell’ASI e altre articolazioni dello Stato, garantendo il monitoraggio del rientro incontrollato dall’atmosfera della stazione spaziale cinese Tiangong-1.